Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12913 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 12913 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
DINIEGO RIMBORSO -INTERESSI
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6421/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante protempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso, -controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia n. 2780/06/2023, depositata il 20 settembre 2023;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4 marzo 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott.ssa NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
1. La Intesa San Paolo s.p.a. presentava, in data 10 febbraio 2021, all’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale I di Milano istanza di rimborso di quanto versato il 12.8.2011 a titolo di riscossione provvisoria in forza della cartella di pagamento n. 068-2006-0025954201-000, oltre interessi nel frattempo naturati, per la parte non più dovuta a seguito della sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 3331/2019 depositata il 6 agosto 2019.
In data 29 aprile 2021 l’Agenzia delle Entrate rimborsava la complessiva somma di € 1.517.317,99, corrispondente all’integrale importo versato a titolo di riscossione provvisoria in pendenza di giudizio.
La Banca, in data 28 maggio 2021, inoltrava istanza di pagamento degli interessi, che a suo dire dovevano essere calcolati sulla medesima sorte capitale di € 1.517.317,99, per cui l’importo degli interessi da rimborsare, ai sensi dell’art. 44 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, avrebbe dovuto essere pari ad € 273.117,24.
L’Ufficio, tuttavia, calcolava l’importo degli interessi dovuti sulla parte della cartella relativa ai tributi (pari ad € 1.297.643,89), escludendo quindi la parte relativa al l’aggio versato, per cui corrispondeva a titolo di interessi la minor somma di € 233.575,90.
Intesa San Paolo impugnava quindi il diniego parziale di rimborso integrale degli interessi (con richiesta di pagamento dell’ulteriore somma di € 39.541,34) dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, con sentenza n. 1501/06/2022, depositata il 26 maggio 2022, accoglieva il ricorso dell’istituto di credito, con la condanna dell’Ufficio alla rifusione delle spese di lite.
Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, con sentenza n. 2780/06/2023, pronunciata il 7 giugno 2023 e depositata in segreteria il 20 settembre 2023, rigettava l’appello, conferma ndo la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 20 marzo 2024).
Resiste con controricorso la Intesa San Paolo s.p.a.
Con decreto dell’11 dicembre 2014 è stata fissata per la discussione dinanzi a questa sezione l’udienza pubblica del 4 marzo 2025.
La ricorrente ha depositato memoria.
All’u dienza suddetta sono comparsi i procuratori delle parti, che hanno concluso come da verbale in atti.
Il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 44 d.P.R. n. 602/1973, nonché dell’art. 17, comma 2, lett. a ), d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, nella versione vigente ratione temporis , in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, l’Ufficio che, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., in caso di restituzione di somme iscritte a ruolo per importi non dovuti (o superiori a quelli effettivamente dovuti) i relativi interessi avrebbero dovuto essere calcolati sulla somma, per l’appunto, iscritta a ruolo, e non anche sugli importi accessori, ed in particolare sull’aggio versato.
2. Il motivo è infondato.
Secondo l’Agenzia ricorrente l’aggio riscosso dal concessionario non concorrerebbe a formare l’importo sul quale essa è tenuta a corrispondere gli interessi, al saggio previsto dalla normativa fiscale applicabile, a seguito dell’annullamento di un atto impositivo.
Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che l’art. 68 del d.l.gs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel prevedere il rimborso d’ufficio al contribuente del tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto stabilito dalla sentenza che ne abbia accolto il ricorso, determina la nascita di un’obbligazione ex lege riconducibile allo schema della condictio indebiti e sussumibile nella fattispecie dell’annullamento dell’atto presupposto in sede giurisdizionale, alla quale deve conseguire, come disposto dal comma 2 della norma citata, la restituzione del tributo con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali (v., fra le altre, Cass. 23 novembre 2018, n. 30368; Cass. 14 settembre 2016, n. 18027).
Pertanto, come questa Corte ha già precisato (Cass. 26 aprile 2023, n. 11025; Cass. 5 settembre 2022, n. 26054), l’esigenza che fonda tale previsione è quella di restaurare la situazione patrimoniale del contribuente anteriore alla
decisione; e, sulla scorta di tale rilievo, le stesse pronunce poc’anzi menzionate hanno ritenuto che fra le voci oggetto di restituzione vada ricompreso anche il cd. “aggio” -consistente nella remunerazione che, fino al 2015, l’Agente della riscossione percepiva per la sua attività, in relazione a ogni singola cartella – “con gli interessi, sia pure nella misura prevista dalle leggi fiscali”.
Il Collegio ritiene di dover dare continuità a tale indirizzo anche sulla base di un’ulteriore considerazione.
La censura formulata dall’Agenzia ricorrente si fonda infatti sul presupposto in base al quale l’aggio non rientrerebbe nel perimetro del “tributo corrisposto in eccedenza” del quale il citato art. 68 prevede il rimborso.
A tale proposito, questa Corte ha effettivamente ritenuto che l’aggio non abbia natura intrinseca di tributo, poiché costituisce il compenso per l’attività esattoriale ed è pertanto munito di connotazione retributiva (così anche, fra le numerose altre, Cass. 11 maggio 2020, n. 8714; Cass. 14 febbraio 2018, n. 3524).
Tuttavia, il fatto che l’entità dell’aggio sia stata determinata dal legislatore in percentuale fissa sulle somme iscritte al ruolo, e non commisurata all’attività effettivamente svolta dal concessionario per la riscossione, rende evidente che, in realtà, la sua funzione è quella di coprire i costi complessivi dell’attività di riscossione (Cass. 3 dicembre 2020, n. 27650). Come, infatti, è stato osservato dalla Corte costituzionale investita della questione di legittimità del l’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 112/1999 [come sostituito dall ‘art. 31, comma 1, lett. a ), del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, conv. dalla
legge 28 gennaio 2009, n. 1], che ha rideterminato l’ammontare della percentuale di tale compenso – attraverso l’aggio si attua il meccanismo di finanziamento ordinario dell’intera attività di riscossione, che fra i principali fattori di costo presenta quello della mancata esazione; pertanto, al fine di remunerare i costi che l’Agente della riscossione sconta in relazione alle operazioni infruttuose, le spese complessive del sistema vengono poste a carico di tutti i contribuenti che siano stati raggiunti da una cartella di pagamento (sentenza del 10 giugno 2021, n. 120).
In coerenza con tale impostazione, la giurisprudenza di questa Corte (si veda, in particolare, la sentenza n. 27650/2020 poc’anzi menzionata) ha dunque escluso la natura tributaria dell’aggio, ma all’unico fine di giustificarne la sottrazione ai limiti imposti dal principio di capacità contributiva, affermando che rientra nella discrezionalità del legislatore la fissazione dei criteri di quantificazione e dei presupposti di erogazione degli importi a tale titolo dovuti; al contempo, infatti, la stessa giurisprudenza ha più volte ritenuto che l’aggio ha “natura accessoria al tributo” (Cass. 3 aprile 2014, n. 7868; Cass. 10 maggio 2013, n. 11230).
Nello stesso senso, la richiamata pronunzia della Corte costituzionale – seppur sollecitando, per ragioni che qui non rilevano, un intervento legislativo (poi realizzatosi) volto ad evitare il rischio di una quantificazione sproporzionata – ha osservato che la previsione e la determinazione dell’aggio hanno lo stesso fondamento del dovere tributario, riconducibile al valore inderogabile della solidarietà di cui all ‘art. 2 Cost., e “preordinato al finanziamento del sistema
dei diritti costituzionali, i quali richiedono ingenti quantità di risorse per divenire effettivi”
Siffatto carattere “funzionalmente tributario” dell’aggio costituisce, pertanto, ulteriore ragione per annoverarlo fra le somme rimborsabili ai sensi del l’art. 68, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, “con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali”, così come ritenuto dai giudici d’appello.
Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater .
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore della Intesa San Paolo s.p.a., delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 4.100,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2025.