Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16272 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16272 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30280/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME, in forza di procura a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio Gatti Pavesi Bianchi Ludovici, in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente e controricorrente incidentalecontro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende, ope legis ;
-controricorrente e ricorrente incidentaleavverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LIGURIA n. 318/2019 depositata il 7/03/2019, non notificata; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Unicredit s.p.a. nella veste di consolidante chiedeva la restituzione della somma di euro 7.678.440,00 versata per Ires, sulla scorta della sopravvenuta deducibilità parziale dell’Irap ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 185/2008, conv. in l. n. 2/2009; l’Ufficio riconosceva parte della somma e Unicredit s.p.a. proponeva ricorso contro il diniego parziale implicito del rimborso, chiedendo la differenza e gli interessi nel frattempo maturati su quanto pagato.
La Commissione tributaria provinciale (CTP) di Genova accoglieva il ricorso.
La Commissione tributaria regionale della Liguria (CTR) accoglieva in parte l’appello erariale , relativamente al calcolo degli interessi, dichiarandolo inammissibile nel resto, per la genericità dei motivi.
In particolare, l a CTR, nell’accogliere l’appello, dichiarava che gli interessi dovessero decorrere dall’1/07/2009, data di entrata in vigore del d.l. n. 185/2008, dovendo ritenersi che prima di tale data l’erario avesse percepito le somme in buona fede, con la conseguenza della non debenza degli interessi se non dal momento della domanda, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., non potendosi ritenere in mala fede l’ente pubblico che riscuote somme dovute dal privato in base ad una norma poi dichiarata incostituzionale o abrogata.
Avverso la decisione propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidandosi a tre motivi di ricorso.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a due motivi cui la società ha replicato con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 21/05/2025 , per la quale la società ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, l’Unicredit s.p.a. denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., e dell’art. 36, secondo comma, n. 4, del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., lamentando la motivazione meramente apparente della sentenza resa dai giudici di appello che non avrebbero spiegato le ragioni del proprio convincimento, facendo riferimento ad istituti civilistici in tema di ripetizione di indebito estranei alla normativa tributaria prevista per i rimborsi di imposte dirette.
1.1. Il motivo è infondato.
La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. si configura quando la motivazione «manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata» (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; successivamente tra le tante Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 01/03/2022, n. 6626).
In particolare si è in presenza di una «motivazione apparente» allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture; purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232 e le sentenze in essa citate).
Nel caso di specie la motivazione dei giudici di appello non solo è graficamente presente ma perfettamente individuabile e comprensibile, fondandosi sulla ritenuta applicabilità del principio della buona fede del percipiente dell’indebito ai fini di escludere l’obbligo di pagamento degli interessi dalla data del pagamento, dando rilevanza quindi alla data dell’entrata in vigore dello jus superveniens che aveva riconosciuto il diritto al rimborso, tanto che la stessa società ricorrente individua, esattamente in tali termini, la ratio della decisione, a pagina 2 del ricorso e nella stessa esposizione del motivo.
2. Col secondo motivo la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 38 e 44 d.P.R. n. 602/1973 nonché dell’art. 6, comma 2, del d.l. n. 185/2008 e dell’art. 2033 cod. civ., in relazione all’art. 360, p rimo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto: a) non è applicabile al rimborso di imposta la disciplina dell’art. 2033 cod. civ. ma quella degli artt. 38
e 44 d.P.R. n. 602/1973, che non danno rilevanza, in tema di interessi, alla buona o mala fede del percipiente; b) l’art. 44 cit. attribuisce esclusivo rilievo alla data del versamento, e l’art. 6, comma 2, d.l. n. 185/2018, che ha introdotto la deducibili tà dell’Irap dall’Ires ed ha portata retroattiva, fa espresso riferimento all’art. 38 cit., non potendosi ritenere che l’obbligazione degli interessi sia slegata da quella principale; c) trattandosi di eccedenze di versamenti in acconto occorre guardare alla data del saldo; il termine di versamento del saldo Ires era il 20/06/2006, per cui, ai sensi dell’art. 44 cit., che esclude il primo semestre, gli interessi erano dovuti dal 20/12/2006; d) la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 232 del 2012, ha confermato la natura di jus superveniens dell’art. 6, comma 3, d.l. n. 185/2018, non essendo invece rilevante Cass. Sez. U. n. 8432/2004, citata dalla CTR, che attiene non alla materia tributaria ma a contributi previdenziali.
2.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte , con plurime decisioni rese all’esito di recente udienza pubblica (Cass. 17/05/2024, n. 13755 e n. 13768; Cass. 6/6/2024, n. 15891; Cass. 11/06/2024, n. 16206), ha ribadito, anche nella specifica materia, il principio di diritto per cui «In tema di deducibilità forfettaria dell’IRAP ai fini delle imposte sul reddito, prevista dall’art. 6, co.2, d.l. n. 185/2008, anche per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31/12/2008, per i quali alla data (29/11/2008) di entrata in vigore dello stesso d.l. non sia maturato il termine decadenziale di cui all’art. 38 d.P.R. n. 602/1973, gli interessi sulla sorta da rimborsare mirano a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente per non aver goduto della somma di denaro oggetto di restituzione e maturano al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data del versamento e fino a quella dell’ordinativo di pagamento», confermando principi già espressi da Cass. 19/10/2023, n. 29073, per vicenda del tutto identica alla presente,
e superando il precedente di Cass. 12/06/2023, n. 16566, rimasto isolato.
A tali arresti deve essere data ulteriore continuità, fondandosi su condivisibili ragioni, espresse anche in fattispecie di analoghe ipotesi di rimborso e fondate in definitiva sulla specialità delle norme tributarie rispetto ai principi civilistici in tema di indebito.
Ed infatti, questa Corte ha più volte ribadito il principio di diritto per cui «In tema di rimborso delle imposte sul reddito, gli interessi di cui all’art. 44 d.lgs. n. 602 del 1973 non presuppongono la mora dell’Amministrazione, ma hanno la funzione di reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente che non ha goduto della somma di denaro che ha versato al Fisco e che deve essergli restituita. Tali interessi, indipendentemente dalla buona o mala fede dell’ accipiens , maturano al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data non della domanda, ma del versamento e fino a quella dell’ordinativo del pagamento» (così Cass. 27/04/2023, n. 11189, ribadendo la natura compensativa e non moratoria degli interessi di cui a ll’art. 44 cit., già affermata da Cass. 06/04/1995, n. 4037; Cass. 28/11/1995, n. 12318; Cass. 15/04/1996, n. 3525; Cass. 10/06/1996, n. 5352; Cass. 15/02/1999, n. 1255; Cass. 17/07/1999, n. 7575; Cass. 08/09/1999, n. 9510; Cass. 17/05/2000, n. 6397; Cass. 20/09/2004, n. 18864; Cass. 04/09/2012, n. 31820; Cass. 13/12/2017, n. 29879; Cass. 17/04/2019, n. 10705; Cass. 04/11/ 2021, n. 31820, in motivazione).
La funzione in senso lato compensativa (del mancato godimento, da parte del contribuente, del denaro in precedenza versato) prescinde da un ritardo che sia colpevolmente imputabile all’Amministrazione (che, nel frattempo, ha ricevuto e posseduto la stessa somma) e legittimi la mora di quest’ultima, ai fini della decorrenza degli interessi di legge. Invero, come precisato dalla Corte nella predetta decisione, a prescindere dalla sovrapposizione
di concetti e qualificazioni di natura squisitamente civilistica, occorre muovere dal dato testuale offerto dal d.P.R. n. 602/1973, primo comma, del ridetto art. 44, che individua la data del versamento quale riferimento temporale, certo ed univoco, ai fini della conseguente individuazione del semestre di decorrenza iniziale degli accessori, prescindendo quindi da ulteriori elementi di valutazione. In coerenza, peraltro, con la peculiarità della disciplina del rimborso delle imposte, che, a differenza di quella civilistica generale sull’indebito, di cui agli artt. 2033 ss. cod. civ., prescinde, ai fini degli accessori, dallo stato soggettivo di buona o mala fede dell’ accipiens . Infatti, nell’ordinamento tributario italiano vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza dal relativo diritto, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta, o, in mancanza di queste, dalle norme sul contenzioso tributario, e tale regime impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune (Cass., Sez. U., 16/06/2014, n. 13676 in motivazione; da ultimo, nello stesso senso, Cass. 04/07/2022, n. 21106).
Ciò deve ritenersi valido anche ove l’evento che fondi il diritto al rimborso sia sopravvenuto, come espressamente evidenziato dalla citata Cass. n. 11189 del 2023, perché altrimenti il contribuente subirebbe la cristallizzazione parziale (quanto ad una parte agli interessi) degli effetti del versamento già effettuato, sebbene pacificamente integralmente non dovuto; il principio è stato ribadito da Cass. 28/04/2023, n. 11262, in merito agli interessi dovuti sul rimborso Ires in forza della deduzione dell’Ir ap, retroattiva, di cui all’art. 2, comma 1 -quater , del d.l. n. 201/2011, conv. con modificazioni in l. n. 214/2011, che ha espressamente evidenziato che va escluso pertanto che la posticipazione della decorrenza degli interessi all’entrata in vigore del d.l. n. 201/2011, art. 2, comma 1quater , possa essere giustificata dall’ipotetica natura
moratoria degli stessi accessori, e dunque dalla circostanza che l’Amministrazione non potesse considerarsi in mora in precedenza; o dalla precedente “buona fede” dell’Amministrazione, quale accipiens , inconsapevole di aver ricevuto una prestazione che sarebbe successivamente divenuta sine titulo ex lege . La retroattività, nei limiti previsti dalla stessa norma, del d.l. n. 201/2011, art. 2, comma 1quater , ha invero privato di titolo ex tunc il relativo pagamento, con la conseguente necessità, in ossequio alla ratio del d.lgs. n. 602 del 1973, art. 44, di reintegrare integralmente la contribuente della diminuzione patrimoniale subita sin dal momento del versamento .
Di conseguenza, pacifica la retroattività della disciplina di cui all’art. 6 d.l n. 185/2008 (Corte Cost. n. 232 del 2012), il secondo motivo va accolto, avendo la CTR errato nell’individuare il dies a quo della decorrenza degli interessi nella data di entrata in vigore dello jus superveniens , anziché in quella del versamento.
Col terzo motivo la ricorrente principale deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in quanto la sentenza si sarebbe pronunciata solo in riferimento agli interessi relativi alle somme non oggetto di rimborso e non anche agli interessi sulle somme già rimborsate.
3.1. Il motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente che dovrà comportare una nuova pronuncia su tutte le domande, alla luce dell’affermato principio di diritto.
I due motivi in cui si articola il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate attengono alla parte della sentenza con cui la CTR, nell’esaminarne l’appello, lo ha ritenuto incomprensibile e quindi inammissibile in relazione al diniego di rimborso della somma di euro 123.236,00 corrispondenti alla quota di deduzioni della società consolidata Unicredit Banca per la casa s.p.a.; sul punto la difesa erariale evidenzia che il diniego si fonda sulla duplice circostanza che
la società consolidata aveva utilizzato per l’anno di imposta 2005 perdite pregresse, azzerando i redditi, con conseguente dichiarazione di un reddito imponibile pari a zero, e che le deduzioni invocate a fondamento del rimborso costituiscono rigenerazioni di perdite pregresse che restano nella disponibilità della consolidata senza poter essere trasferite alla consolidante, come evincibile anche dalla circolare 16 del 14 aprile 2009 dell’Agenzia delle entrate .
4.1. Ciò premesso, con il primo motivo di ricorso incidentale, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 6 d.l. 185/2008 e 84 t.u.i.r., evidenziando i predetti motivi posti a fondamento del diniego.
Il motivo è evidentemente inammissibile in quanto non si confronta con l’effettiva ratio decidendi della CTR che è di natura processuale, avendo essa ritenuto inammissibile l’appello sul punto.
4.2. Con il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., la difesa erariale deduce la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112 cod. proc. civ., 2 e 53, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, censurando la decisione laddove ha ritenuto inammissibile l’appello sulla spe cifica questione, di fatto omettendo di pronunciarsi.
Il motivo, che è ammissibile, avendo la difesa erariale integralmente trascritto l’appello sul punto , è fondato in relazione alla ritenuta inammissibilità per incomprensibilità, in quanto invece esso indica, nei termini sopra riportati, gli estremi fattuali e giuridici posti a fondamento del diniego, suscettibili di essere valutati nella loro fondatezza tanto in fatto quanto in diritto.
Giova appena precisare che la valutazione dell’ammissibilità dell’appello è questione di natura processuale, nella quale la Corte, ove chiamata a pronunciarsi sul punto, è giudice del fatto (Cass. 03/11/2020, n.24258; Cass. 23/01/2006, n. 1221).
Concludendo, in accoglimento del secondo motivo del ricorso principale (con rigetto del primo e assorbimento del terzo) e del secondo motivo del ricorso incidentale (con inammissibilità del primo), la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, e la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, per nuovo esame, cui va demandato di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo e assorbito il terzo, e il secondo motivo del ricorso incidentale, dichiarata la inammissibilità del primo; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, per nuovo esame, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21/05/2025.