Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18317 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18317 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE sedente in Milano, in persona del legale rappresentante, con avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME Da Empoli;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante -intimata –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 4581/2019 depositata il 18 novembre 2019.
Udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del tre giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Dato atto che il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Dato atto che la difesa erariale ha chiesto il rigetto del ricorso.
INTERESSI RIMBORSO IRAP
Dato atto che il difensore della ricorrente, avv. NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RILEVATO CHE
1.La ricorrente impugnava il silenzio rifiuto dell’amministrazione relativamente all’istanza di rimborso formulata l’undici dicembre 2009 per mancata deduzione dall’IRES del 10 % dell’IRAP in relazione alle annualità da 2004 a 2007, poi riconosciuta dal d.l. n. 185/2008.
In particolare, la contribuente, che aveva ottenuto il rimborso del capitale salvo una differenza relativamente al 2005 il 29 maggio 2017 (tramite erogazione al cessionario Mediocredito), si doleva del mancato riconoscimento del rimborso del residuo importo relativo al 2005 nonché l’errata quantificazione degli interessi, che riteneva dovuti dalla data del versamento.
Nel 2014 il credito veniva ceduto da Telecom a Mediocredito Italiano (poi incorporato in Intesa San Paolo s.p.a.).
La CTP accoglieva la prima domanda, ma quanto alla seconda riteneva che gli interessi dovessero decorrere dalla data di entrata in vigore del sopra citato decreto.
La CTR confermava la pronuncia di primo grado, e la contribuente propone pertanto ricorso in cassazione affidato a un unico motivo.
L’Agenzia resiste con controricorso.
Intesa San Paolo è invece rimasta intimata.
Entrambe le parti hanno da ultimo depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo si denuncia violazione degli artt. 44, d.p.r. n. 602/1973 e 6, d.l. n. 185/2008, ritenendo la difesa della contribuente la debenza degli interessi sulle somme riconosciute in base al citato decreto come decorrenti fin dalla data del relativo versamento, e non già da quella successiva dell’entrata in vigore del decreto, come invece ritenuto dai giudici del merito.
2. Il motivo è fondato.
Come già affermato, fra le altre, da Cass. n. 13768/2024 quando si è trattato di individuare, (al fine di verificarne l’imponibilità, in base alle norme pro tempore vigenti) l’effettiva funzione degli accessori maturati sui crediti che i contribuenti hanno nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, questa Corte ha affermato che « Gli interessi maturati sui crediti di imposta che i contribuenti hanno nei confronti dell’Amministrazione finanziaria non sono dovuti a titolo moratorio (non essendovi mora dell’Amministrazione) né derivano dall’impiego di capitale, ma servono a compensare i contribuenti dell’esborso pecuniario che essi hanno in precedenza effettuato versando al Fisco una somma di denaro che deve essere loro restituita. L’interesse su tale somma serve a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente, che viene così compensato del mancato godimento del denaro in precedenza versato . Chiara è perciò la ‘natura compensativa’ degli interessi maturati sui crediti di imposta, idonea ad escluderli dai redditi di capitale elencati nel citato art. 41» (Cass. 05/07/1990, n. 7091, in motivazione; conformi, sulla natura compensativa degli interessi in questione, in materia di imposte dirette, Cass. 06/04/1995, n. 4037; Cass. 28/11/1995, n. 12318; Cass. 15/04/1996, n. 3525; Cass. 10/06/1996, n. 5352; Cass. 15/02/1999, n. 1255; Cass. 17/07/1999, n. 7575; Cass. 08/09/1999, n. 9510; Cass. 17/05/2000, n. 6397; Cass. 20/09/2004, n. 18864; Cass. n. 9852 del 2016; Cass. 17/04/2019, n. 10705; Cass. 04/09/2012, n. 31820). Per quanto qui rileva, il consolidato orientamento in questione evidenzia dunque la funzione in senso lato ‘compensativa’ (del mancato godimento, da parte del contribuente, del denaro in precedenza versato), che prescinde da un ritardo che sia colpevolmente imputabile all’Amministrazione (che, nel frattempo, ha ricevuto e posseduto la stessa somma) e legittimi la ‘mora’ di quest’ultima, ai fini della decorrenza degli interessi di legge. Del resto, qualora pure la natura ‘moratoria’
degli interessi di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973 volesse farsi dipendere dalla mera circostanza del riferimento al «ritardato» rimborso contenuto nella rubrica della stessa norma, dovrebbe comunque prendersi atto, per quanto qui interessa, che nel primo comma la disposizione prende come riferimento, quale dies a quo della decorrenza dei semestri per i quali (escluso il primo) sono dovuti gli accessori, la «data del versamento». Pertanto, se ne deve trarre la conclusione che il legislatore (a prescindere dalla specifica regola dei semestri e dall’esclusione del primo di essi) considera comunque «ritardato» il rimborso ed in mora l’Amministrazione sin dal versamento che deve essere rimborsato. Invero, a prescindere dalla sovrapposizione di concetti e qualificazioni di natura squisitamente civilistica, occorre muovere dal dato testuale offerto dal primo comma del ridetto art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973, che individua la «data del versamento» quale riferimento temporale, certo ed univoco, ai fini della conseguente individuazione del semestre di decorrenza iniziale degli accessori, prescindendo quindi da ulteriori elementi di valutazione. In coerenza, peraltro, con la peculiarità della disciplina del rimborso delle imposte, che, a differenza di quella civilistica generale sull’indebito, di cui agli artt. 2033 ss. cod. civ., prescinde, ai fini degli accessori, dallo stato soggettivo di buona fede o mala fede dell’accipiens. Infatti, nell’ordinamento tributario italiano vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza dal relativo diritto, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta, o, in mancanza di queste, dalle norme sul contenzioso tributario, e tale regime impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune (Cass. Sez. U., 16/06/2014, n. 13676 in motivazione, ove si cita altresì Cass. n. 11456 del 2011; da ultimo, nello stesso senso, Cass.04/0772022, n. 21106). Nello stesso senso, a proposito della funzione degli
interessi in questione e della loro decorrenza, si è espressa ancora questa Corte (Cass. 27/04/2023, n. 11189; conformi Cass. 03/11/2023, n. 30639 ; Cass. 28/12/2023, n. 36180, in motivazione), aggiungendo che « sussiste indubbiamente un’ asimmetria tra la decorrenza degli interessi dovuti dalla contribuente (« a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento», ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 602 del 1973) sulle maggiori imposte accertate e quella degli interessi alla stessa contribuente spettanti (a norma dell’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973, con esclusione del primo semestre successivo alla data del versamento) sul rimborso dell’imposta versata e non dovuta. Ed è vero che la disciplina dell’art. 44 del d.P.R. n.602 del 1973, in sé considerata, è stata ritenuta legittima da Corte cost., sentenza n. 157 del 1996, che ha posto in evidenza ( anche richiamando le proprie precedenti ordinanze n. 288 del 1988 e n. 93 del 1989), la speciale natura del credito e la conseguente peculiare disciplina della materia tributaria apprestata dal legislatore, nella sua discrezionalità, congruamente giustificata dalle esigenze connesse alle operazioni di liquidazione dell’imposta e di formazione dei ruoli, nonché di quelle degli uffici preposti allo svolgimento dei complessi procedimenti restitutori. contribuente della diminuzione patrimoniale subita sin dal momento del versamento.» (Cass. 28/04/2023, n. 11262, cit., in motivazione). Proprio dalle considerazioni in ordine all’appena evidenziata asimmetria, con riguardo alla decorrenza degli interessi l’orientamento prevalente di questa Corte ha dedotto come appaia difficilmente sostenibile l’accoglimento di un’interpretazione che posticipi la decorrenza degli interessi sulle somme da rimborsare in misura maggiore rispetto a quella che il legislatore stesso, considerando le peculiarità del rapporto tributario e del procedimento di liquidazione e pagamento delle somme da restituire al contribuente, ha già collocato in relazione al loro versamento, con il
conseguente semestre ‘bianco’.» (Cass. 27/04/2023, n. 11189). In particolare, proprio con riguardo all’art. 2, comma 1 -quater, d.l. n. 201/2011, si è concluso che « Va escluso pertanto che la posticipazione della decorrenza degli interessi all’ entrata in vigore…possa essere giustificata dall’ ipotetica natura moratoria degli stessi accessori, e dunque dalla circostanza che l’Amministrazione non potesse considerarsi in mora in precedenza; o dalla precedente ‘buona fede’ dell’Amministrazione, quale accipiens, inconsapevole di aver ricevuto una prestazione che sarebbe successivamente divenuta sine titulo ex lege’. Si è altresì ritenuto che la retroattività, nei limiti previsti dalla stessa norma, dell’art. 2, comma 1 -quater, del d.l. n. 201 del 2011, abbia privato di titolo ex tunc il relativo pagamento, con la conseguente necessità, in ossequio alla ratio dell’art. 44 d.lgs. n. 602 del 1973, di reintegrare integralmente il contribuente. In argomento sussiste peraltro altro orientamento, rappresentato da un’unica pur recente pronuncia, in base al quale la stessa dovrebbe essere identificata con la data di entrata in vigore della norma stessa. Tale decisione (Cass. n. 16566/2023), che peraltro non si pone affatto in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla natura degli interessi da corrispondersi in ipotesi di rimborso, di cui si è sopra riferito ampiamente, poggia sulle seguenti argomentazioni: l’incipit dell’art. 6 d.l. n. 185/2008 introduce una nuova agevolazione fiscale «a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008». L’espressione utilizzata dal legislatore è chiara nel limitare il nuovo beneficio al futuro (‘a decorrere dal periodo d’imposta in corso’). Per i periodi di imposta pregressi lo stesso art. 6, al comma 2, ha disposto il diritto al rimborso di una somma per quei contribuenti che abbiano presentato (o presenteranno successivamente all’entrata in vigore della norma), la relativa domanda. Quest’ultimo costituirebbe un beneficio autonomo, essendo esso previsto entro prestabiliti limiti di spesa, e
fino alla capienza dei relativi stanziamenti (comma 4 dello stesso art. 6). Quanto all’eventuale completamento dei rimborsi, si tratterebbe di un rimando ad una scelta discrezionale del legislatore, una mera possibilità come si ricava dalla relazione illustrativa alla legge di conversione. Anche l’ordinanza Corte Cost. n. 232 del 2012, nel rilevare l’effetto retroattivo della deducibilità IRAP recata dalla normativa in esame, fa riferimento in generale alla normativa oggetto delle varie ordinanze di rimessione, e stabilisce che al giudice tributario spetta valutare la misura e gli esatti termini di tale effetto normativo. In particolare, la suddetta ordinanza (con cui si rimettono gli atti al giudice rimettente per la valutazione dell’impatto della nuova norma), si limita all’uso di un avverbio (‘retroattivamente’), per prendere atto del fatto che la norma per come formulata viene ad incidere sull’oggetto del processo nel quale la questione di costituzionalità era stata sollevata. -Il richiamo della disciplina del rimborso sarebbe dunque solo di carattere procedimentale, ma senza che esso comporti l’inquadramento del diritto come connesso ad un versamento indebito, che anzi all’epoca dello stesso era senz’altro dovuto, con conseguente inapplicabilità della disciplina della decorrenza degli interessi tanto in tema di rimborsi fiscali, sostanzialmente ritenendosi, in accordo con precedenti pur risalenti di questa Corte, che non è possibile ‘ancorare gli interessi ad un momento nel quale non era stata ancora determinata la sorte; ad un momento cioè anteriore a quello di nascita del diritto sulla sorte medesima’ (Cass. n.9703/1990; nel senso suddetto e sempre con riferimento alla l. n. 482/1985, cfr. anche Cass. n.145/1996) Orbene ritiene il Collegio di dare continuità all’orientamento espresso dalla serie di richiamate decisioni di legittimità. Invero, a ribadire lo stesso, oltre agli argomenti che si sono rassegnati più sopra, va sottolineato come il rilievo della natura sostanziale di rimborso come configurato per le annualità precedenti dal
legislatore del 2008 trova conforto nella giurisprudenza di legittimità (Cass. 06/06/2019, n. 15341, in motivazione, pagg. 1721; Cass. 28/04/2023, n. 11262, cit., in motivazione, pag. 7 s.) che, proprio con riferimento alla disciplina conseguente alla sopravvenienza, in tema di deducibilità forfettaria dell’Irap, dell’art. 6 d.l. n. 185 del 2008, ha ricostruito i rapporti tra l’originaria istanza di rimborso e quella telematica successiva. All’esito dell’esame del relativo quadro normativo, nonché del punto 1.3.2. della circolare del 14 aprile 2009 n. 16/E della stessa Agenzia delle Entrate, si è infatti concluso che per i contribuenti che alla data di entrata in vigore del decreto n. 185 del 2008 avevano già presentato tempestiva istanza ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, il rimborso della maggiore imposta assolta non era subordinato alla presentazione dell’istanza telematica prevista al comma 3 del citato art. 6 del d.l. n.185 del 2008, che è necessaria al solo fine di comunicare all’Amministrazione finanziaria l’entità del rimborso di cui si chiede la restituzione e di consentire alla stessa Amministrazione di quantificare l’importo eventualmente dovuto in restituzione ( Cass. 06/06/2019, n. 15341, cit.). L’inquadramento dell’estensione (ad anni d’imposta antecedenti il 2008) della deducibilità in termini di efficacia retroattiva della norma sopravvenuta, così come la saldatura dell’efficacia tra le domande di rimborso precedenti eventualmente presentate (quando ancora il ‘procedimento’ ex art. 6 del d.l. n.185 del 2008 non esisteva, e peraltro già di per sé sufficienti a configurare il diritto al rimborso) e quelle telematiche successive previste dalle nuove disposizioni, evidenzia come la fattispecie trattata sia configurata dal legislatore come avente natura sostanziale, e non meramente procedimentale, di rimborso, confermata dal richiamo esplicito dell’ art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973. Conclusivamente poi si può dire che l’intervento normativo in parola, abbia inteso ‘riparare’ ad un possibile deficit di costituzionalità della pregressa disciplina, ed infatti la già citata
decisione del Giudice delle Leggi (Corte cost., ordinanza n. 232 del 2012), sul presupposto dell’efficacia della modifica, ha rimesso gli atti ai giudici di merito perché operino una nuova valutazione della perdurante rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione. Ebbene tale ‘deficit’ non può che essere oggetto di una riparazione integrale, la quale non può trascurare gli effetti delle mancate deduzioni per le annualità pregresse, dunque anche dei relativi accessori per interessi.
Da ultimo sostiene la difesa erariale che tali interessi sono stati riconosciuti dalla sentenza di questa Corte n.15967/2024, anche per la quota richiesta nel presente giudizio e su tale questione si sarebbe formato il giudicato, non essendo la stessa oggetto del rinvio operato dalla Cassazione, riguardante unicamente il rimborso di parte dell’IRES richiesta a rimborso con l’istanza del 29.05.2013 (non oggetto del presente giudizio).
In proposito va osservato che l’eventuale parziale coincidenza dei crediti con quelli di cui al giudizio definito con rinvio dalla sent. n. 15967/24, il cui pagamento l’amministrazione neppure allega di aver effettuato, potrà essere verificato nel giudizio di rinvio ove potrà essere svolto il relativo accertamento in fatto.
In definitiva il ricorso merita accoglimento e, cassata la sentenza impugnata, dev’essere disposto rinvio al giudice d’appello che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione delle spese di giudizio.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2025
Il Giudice estensore
(NOME COGNOME Il Presidente
(NOME COGNOME)