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Influenza dominante nel transfer pricing: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18072/2025, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in un caso di transfer pricing. La Corte ha chiarito che, per l’anno d’imposta 2014, la nozione di “influenza dominante” richiede una prova concreta di stabile dipendenza economica, non essendo sufficienti meri indizi o un’interpretazione estensiva del controllo. È stato confermato che l’onere della prova grava sull’Amministrazione finanziaria e che la valutazione dei fatti operata dal giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità se correttamente motivata.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Influenza Dominante e Transfer Pricing: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Controllo

La disciplina del transfer pricing rappresenta uno dei terreni più complessi e dibattuti del diritto tributario internazionale. Al centro della questione vi è la corretta determinazione dei prezzi nelle transazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 18072/2025, offre un’importante chiave di lettura sul concetto di influenza dominante, fondamentale per l’applicazione di tali norme, soprattutto con riferimento a normative passate.

I Fatti del Caso

La controversia nasce da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a una società italiana, consolidata fiscalmente con la propria controllante, un maggior reddito per l’anno d’imposta 2014. L’Amministrazione Finanziaria riteneva che i prezzi di cessione di merci a una società monegasca fossero inferiori al “valore normale”, in virtù di un presunto rapporto di controllo esercitato dalla società italiana su quella estera. Tale controllo, secondo l’Agenzia, giustificava l’applicazione della normativa sul transfer pricing ai sensi dell’art. 110, comma 7, del TUIR.

Le società contribuenti si opponevano all’accertamento e ottenevano ragione sia in primo che in secondo grado. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in particolare, escludeva la sussistenza di un rapporto di controllo o di influenza dominante. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo errata tale conclusione, proponeva ricorso per cassazione.

La Nozione di Influenza Dominante ai Fini Fiscali

Il cuore del ricorso dell’Agenzia si basava sulla presunta errata interpretazione della nozione di “controllo” da parte dei giudici di merito. Secondo la difesa erariale, la nozione civilistica di cui all’art. 2359 c.c. sarebbe troppo restrittiva in ambito fiscale. In materia di transfer pricing, il controllo andrebbe inteso in senso più ampio, come “ogni ipotesi d’influenza economica, potenziale o attuale, desumibile da singole circostanze”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dovuto inquadrare la questione nel contesto normativo applicabile ratione temporis, ovvero quello vigente nel 2014, prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 50/2017. La Corte ha riconosciuto che, anche sotto la vigenza della vecchia disciplina, la giurisprudenza aveva già elaborato un concetto di controllo più ampio di quello civilistico, basato sulla nozione di “stabile influenza economica”.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione dei giudici di merito. La Corte ha stabilito che, sebbene il concetto di influenza dominante sia più elastico di quello civilistico, la sua esistenza deve essere provata in modo concreto dall’Amministrazione finanziaria.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno osservato come la Corte di giustizia tributaria di secondo grado avesse compiuto un’analisi fattuale approfondita, conformandosi pienamente all’obbligo di accertare la sussistenza di una “stabile influenza economica”. L’esame non si è fermato a un’analisi formale, ma ha valutato specifici elementi sintomatici portati dall’Agenzia, ritenendoli però insufficienti. In particolare, il giudice d’appello aveva accertato che:

1. La comunanza di due consiglieri tra le società non era accompagnata da concrete iniziative gestorie che dimostrassero una “sudditanza economica” della società estera.
2. La società distributrice non operava in via esclusiva o prevalente con i prodotti della società italiana.
3. L’assenza di azioni legali per violazioni contrattuali era giustificata da problemi produttivi della società italiana stessa.
4. La società estera possedeva una propria e consolidata struttura trentennale, con una vasta rete di fornitori e clienti, ampie strutture logistiche e personale proprio, a dimostrazione della sua piena autonomia imprenditoriale.

La Cassazione ha concluso che la valutazione del giudice di merito era logica e ben motivata. Il tentativo dell’Agenzia di contestare tale valutazione si traduceva in una richiesta di riesame del fatto, inammissibile nel giudizio di legittimità. L’onere di dimostrare l’effettiva e stabile influenza economica gravava sull’Amministrazione, e tale prova non era stata fornita.

Conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce un principio fondamentale: in materia di transfer pricing, l’esistenza di un’influenza dominante non può essere presunta, ma deve essere rigorosamente provata dall’Agenzia delle Entrate. Per le annualità antecedenti alla riforma del 2017, la prova deve riguardare una “stabile influenza economica” che incida concretamente sull’autonomia gestionale dell’impresa estera. La mera esistenza di legami commerciali o di amministratori comuni non è, di per sé, sufficiente a configurare un controllo rilevante ai fini fiscali. La decisione sottolinea l’importanza di un accertamento basato su elementi concreti e non su mere supposizioni, offrendo maggiore certezza giuridica alle imprese che operano in contesti internazionali.

Per il transfer pricing, cosa si intende per “influenza dominante” secondo la normativa applicabile al 2014?
Secondo la Corte, per la normativa applicabile al 2014, l’influenza dominante va intesa come una “stabile influenza economica” che deve essere accertata in fatto. Non è sufficiente il concetto civilistico di controllo (art. 2359 c.c.), ma è necessario dimostrare che un’impresa eserciti un’influenza tale da condizionare le decisioni imprenditoriali di un’altra.

È sufficiente la presenza di amministratori in comune tra due società per dimostrare un rapporto di controllo ai fini fiscali?
No. La sentenza chiarisce che la mera comunanza di consiglieri non è di per sé sufficiente. È necessario che a tale circostanza si accompagnino concrete iniziative gestorie che dimostrino la “sudditanza economica” di una società nei confronti dell’altra.

Chi ha l’onere di provare l’esistenza di un’influenza dominante in un contenzioso sul transfer pricing?
L’onere della prova grava sull’Amministrazione finanziaria. Spetta all’Agenzia delle Entrate dimostrare, con elementi concreti, la sussistenza dell’effettiva e stabile influenza economica di una società sull’altra per poter applicare la disciplina del valore normale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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