Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6021 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6021 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 06/03/2025
Registro Invim Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28985/2017 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate (c.f.: 06363391001), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (c.f.: 80224030587), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia (EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (cf 02382420392), in persona del suo legale rappresentante p.t. , nonché COGNOME NOME (cf FTTGNN50P21C553A), COGNOME NOME (cf FTTMME52E53C553N), COGNOME NOME (cf FTTMLS56A53C553J) e COGNOME NOME (cf CODICE_FISCALE);
-intimati – avverso la sentenza n. 1389, depositata il 26 aprile 2017, della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del l’otto ottobre 2024, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. -sulla base di due motivi, l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza n. 1389, depositata il 26 aprile 2017, con la quale la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha disatteso gli appelli della stessa odierna ricorrente avverso le decisioni di prime cure che avevano accolto i ricorsi proposti dai contribuenti avverso avvisi di liquidazione recanti rettifica della base imponibile dell’imposta di registro versata su conferimenti societari (di beni immobili strumentali) dietro disconoscimento delle computate passività;
gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Considerato che:
1. -col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 20, 50, 51 e 52, all’art. 1362 cod. civ., ed all’art. 53 Cost. assumendo, in sintesi, che erroneamente il giudice del gravame aveva escluso, nella fattispecie, la portata applicativa dell’art. 20, cit. con riferimento agli elementi extratestuali -oltreché l’applicabilità del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37bis , laddove avrebbe dovuto ricostruire l’intrinseca natura degli atti portati alla registrazione (conferimenti societari di immobili gravati da ipoteche costituite nell’interesse degli stessi soci conferenti) e rilevare la destinazione (dei plurimi atti posti in essere) al (mero) abbattimento del tributo;
-il secondo motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 50, e dell’art. 23 Cost., sull’assunto che illegittimamente il giudice del gravame aveva
escluso la necessità del requisito dell’inerenza con riferimento alle passività che, contratte per interesse personale dei soci, erano state trasferite alla società in relazione al conferimento dei beni immobili che ne risultavano gravati;
-il secondo motivo -dal cui esame consegue l’assorbimento del primo -è fondato, e va accolto;
-occorre premettere che l’atto impositivo così come oggetto di trascrizione in ricorso -aveva specifico riguardo, quale causa petendi della rettifica, anche al difetto di inerenza delle passività che, gravanti sui beni oggetto di conferimento, avevano comportato la riduzione del valore dei conferimenti stessi; e, del resto, la fattispecie concreta, oggetto di rettifica, risultava compiutamente esposta nello stesso atto impositivo, così che veniva a prospettarsi una (mera) questione qualificatoria nel l’attività di sussunzione di quella stessa fattispecie;
3.1 – la Corte ha, poi, ripetutamente rilevato che la disposizione di cui all’art. 50, cit., costituisce trasposizione, nell’ordinamento interno, della direttiva 69/335/CEE del Consiglio, del 17 luglio 1969, il cui art. 5, par. 1, lett. a ), dispone nei seguenti termini: «L’imposta è liquidata: a) nel caso della costituzione di una società di capitali, dell’aumento del suo capitale sociale o dell’aumento del patrimonio sociale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettere a), c) e d): sul valore reale dei beni di qualsiasi natura conferiti o da conferire dai soci, previa deduzione delle obbligazioni assunte e degli oneri sopportati dalla società a causa di ciascun conferimento; …»;
-si è, pertanto, rimarcato che le passività suscettibili di valutazione, ai fini della determinazione della base imponibile del tributo, che deve essere determinata «in base a criteri obiettivi … sul valore reale dell’attivo» (CGUE, 27 giugno 1979, causa 161/78, RAGIONE_SOCIALE), – sono (solo) quelle che trovano causa nello stesso atto
di conferimento, così che non è consentita una indiscriminata deduzione delle passività e degli oneri gravanti sul bene o sul diritto conferito, essendo al contrario necessaria un’attenta verifica, onde accertare la sussistenza di un collegamento fra le passività ed i beni conferiti, anche al fine di evitare mutui ipotecari costituiti in funzione di elusione del carico tributario;
3.2 – più specificamente, si è affermato che le passività deducibili devono avere il requisito dell’inerenza all’oggetto del conferimento, dovendosi escludere la sussistenza di un siffatto requisito in relazione alla (mera) iscrizione di un’ipoteca sull’im mobile oggetto di conferimento – che ben potrebbe correlarsi al conseguimento di un finanziamento personale del conferente – e, ad ogni modo, laddove le passività e gli oneri che si vorrebbe dedurre a fini fiscali dal valore degli immobili conferiti in società, seppur gravanti sull’immobile conferito, non possano dirsi assunti dalla società conferitaria per finalità connesse al perseguimento del proprio oggetto sociale (v., ex plurimis , Cass., 27 aprile 2021, n. 11094; Cass., 3 aprile 2019, n. 9209; Cass., 11 gennaio 2018, n. 475; Cass., 13 novembre 2015, n. 23234; Cass., 14 febbraio 2014, n. 3444; Cass., 30 maggio 2008, n. 14540; Cass., 27 novembre 2002, 16768; Cass., 16 gennaio 2001, n. 536);
-l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con rigetto dei ricorsi originari dei contribuenti;
le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza delle parti intimate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo;
–
-cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario dei contribuenti;
-compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna le parti intimate al pagamento in solido, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 4.300,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 8 ottobre