Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8739 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8739 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
Sul ricorso n. 118-2016, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Ricorrente e controricorrente incidentale CONTRO
COGNOME NOME , cf. CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO –
Controricorrente e ricorrente incidentale
Avverso la sentenza n. 539/36/2015 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 19 maggio 2015;
Accertamento –
Costi – Inerenza
udita la relazione della causa svolta nell’ adunanza camerale del 6 ottobre 2023 dal AVV_NOTAIO,
Rilevato che
L ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE notificò a COGNOME NOME, nella qualità di titolare dell’impresa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, l’avviso d’accertamento , relativo all’anno d’imposta 200 8, con cui, contestando la deduzione di costi d’impresa ritenuti non inerenti, rideterminò l’imponibile ai fini Irpef ed Iva.
Con l’atto impositivo l’ufficio non riconobbe costi, dell’importo di € 126.905,67 e fatturati nel 2008, impiegati negli interventi edilizi eseguiti nel 2007 presso il fabbricato destinato dal contribuente ad abitazione famigliare.
Il COGNOME, contestando le ragioni dell’amministrazione finanziaria, impugnò l’atto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino, che con sentenza n. 722/14/2014 rigettò il ricorso. L’appello proposto alla Commissione tributaria regionale de l Piemonte fu invece accolto con sentenza n. 539/36/2015.
Il giudice regionale ha evidenziato che il fabbricato era stato realizzato su di un terreno, già in epoca pregressa acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE; che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva presentato istanza per autorizzazione edilizia, rilasciata dal Comune di Bruino nel 2003; che la RAGIONE_SOCIALE era iscritta nel registro RAGIONE_SOCIALE imprese, con oggetto ‘costruzioni edili in genere’. Ha riconosciuto la proprietà dell’immobile in costruzione in capo alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con destinazione ad abitazione privata del contribuente, coerentemente con quanto previ sto dall’art. ‘2, commi da 36 terdecies a 36 duodecies del DL 138/2011 che impone di segnalare all’Amministrazione finanziaria i beni dell’impresa utilizzati dall’imprenditore e dai propri familiari’. Ha quindi rilevato che secondo i principi contabili dedicati a lla deducibilità dei costi, ai fini Irpef questi vanno imputati nell’anno
di competenza in cui è sorto il titolo, e, quanto all’Iva, nell’anno di emissione e pagamento della fattura. Nel caso di specie il contribuente aveva correttamente provveduto ad imputare i costi nel 2007 ai fini Irpef, anno di esecuzione dei lavori e, poiché non ancora fatturati, allocati tra le ‘fatture da ricevere’. Ai fini Iva l’importo era stato regolarmente imputato nel 2008, anno di emissione della fattura medesima e di computo ai fini della detrazione. Riscontrando pertanto la regolarità contabile e la titolarità del bene in capo all’impresa , ha ritenuto che il contribuente avesse correttamente applicato le regole fiscali ed ha conseguente annullato l’atto impositivo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha censurato la sentenza con sette motivi, chiedendone la cassazione, cui ha resistito il contribuente, che a sua volta ha spiegato ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo, poi illustrato con memoria.
All’esito dell’adunanza camerale del 6 ottobre 2023 la causa è stata discussa e decisa.
Considerato che
Con il primo motivo l’ufficio lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
Sostiene che il contenzioso verteva sulla prospettazione dell’erario, secondo cui la villa, adibita ad abitazione famigliare dal COGNOME, non avesse natura di bene merce o di bene strumentale della RAGIONE_SOCIALE, cui si contrapponeva la prospettazione difensiva del contribuente, che invece rivendicava la natura strumentale del manufatto all’impresa. Inoltre , l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con riferimento all’irpef, sosteneva la tempestività dell’accertamento, riferito all’anno d’imposta 2008, perché i costi non inerenti sostenuti nel 2007 avevano determinato un corrispondente aumento RAGIONE_SOCIALE giacenze iniziali dell’anno 2008. I l giudice regionale aveva invece ignorato il thema
decidendi , indirizzando l’attenzione sulla deducibilità dei costi destinati ad un immobile acquistato dall’impresa, come tali ritenuti inerenti all’impresa, e sulla corretta imputabilità della deduzione dei costi e della detrazione dell’iva negli anni di competenza.
Il motivo è infondato e va rigettato.
Sebbene la pronuncia non sia molto perspicua, proprio dalla descrizione dell’oggetto della lite , come illustrata dalla ricorrente, si evince che le questioni controverse erano quella della natura del costo sostenuto, se inerente o meno all’attività d’impresa, e quella relativa alla tempestività dell’accertamento, operato nel 2013 per costi sostenuti e dichiarati dal contribuente nel 2007 quanto all’irpef, e nel 2008 quanto all’iva.
La sentenza, sintetica e con passaggi espositivi non sempre limpidi, ha comunque risposto ad entrambe le questioni, riconoscendo l’inerenza RAGIONE_SOCIALE spese all’attività dell’impresa, e la corretta imputazione dei costi. A prescindere dalla condivisione o meno RAGIONE_SOCIALE conclusioni raggiunte, la sentenza ha centrato il thema decidendi.
Con il secondo motivo l’RAGIONE_SOCIALE ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli art. 56 e 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, dell’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 2 del d.l. 138 del 2011, in relazione all’ar. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Il giudice regionale ha riconosciuto l’inerenza dei costi all’attività economica dell’impresa del RAGIONE_SOCIALE, senza chiarire alcunché, tanto meno se la villa con piscina, adibita a casa famigliare del COGNOME, fosse un bene strumentale o un bene merce del l’impresa.
Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 90 e 109 del d.P.R. n. 917 del 1986, dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 2 del d.l. n. 138 del 2011, degli
artt. 2697, 2727, 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ.
La Commissione avrebbe inappropriatamente invocato la disciplina del d.l. n. 138 del 2011, introdotta successivamente agli anni in cui i costi erano stati sostenuti; non avrebbe inoltre tenuto in considerazione nessuno degli elementi allegati dalla difesa erariale a dimostrazione della estraneità dei costi sostenuti per gli interventi sull’abitazione a ll’attività dell’impresa, così violando i canoni sull’onere della prova e sulla ponderazione RAGIONE_SOCIALE prove presuntive.
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente perché connessi, sono fondati.
Intanto è del tutto erroneo il richiamo operato nella sentenza alla disciplina dettata dal d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni in l. 14 settembre 2011, n. 148, introdotta in epoca posteriore ai fatti per cui è causa. Si tratta peraltro di una disciplina indirizzata a regolare la concessione di beni dell’impresa in godimento dei suoi titolari o soci, con previsione , tra l’altro, della indeducibilità dei costi, qualora applicato un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato. Nel caso di specie risulta che il COGNOME e la sua famiglia non corrispondevano nulla all’impresa .
Quanto all’inerenza dei costi, va premesso che gli approdi interpretativi sul concetto di inerenza hanno avvertito l’assenza di una nozione giuridica. Come evidenziato in dottrina, si tratta piuttosto di un principio per taluni aspetti immanente nella Costituzione, un ‘corollario’ del concetto di reddit o, ma tuttavia oggetto di dibattito, per il quale il richiamo all’art. 109, comma 5 del TUIR rappresenta un mero “contenitore”, in cui è semplicemente prevista l’indeducibilità dei costi che dovessero risultare estranei all’attività svolta.
Nella giurisprudenza, secondo l’interpretazione tradizionale, ess a trova allocazione nell’art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, e
in particolare è ricondotto al rapporto tra costo ed impresa. È stato in particolare affermato che, con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, l’inerenza all’attività d’impresa RAGIONE_SOCIALE singole spese e dei costi affrontati, indispensabile per ottenerne la deduzione ex art. 109 (già 75) del d.P.R. n. 917 del 1986, va definita come una relazione tra due concetti – la spesa (o il costo) e l’impresa – sicché il costo (o la spesa) assume rilevanza ai fini della qualificazione della base imponibile non tanto per la sua esplicita e diretta connessione ad una precisa componente di reddito, bensì in virtù della sua correlazione con un’attività potenzialmente idonea a produrre utili (cfr. Cass, 11/08/2017, n. 20049; 9/05/2017, n. 11241; 27/02/2015, n. 4041). Anche l’ampiezza dello spettro entro cui riconoscere un rapporto di inerenza è stata scrutinata dalla giurisprudenza, sensibile a non ridurre la relazione entro criteri meramente formali, ampliandone invece la portata mediante la valorizzazione del rapporto e RAGIONE_SOCIALE ricadute concrete tra spesa e coerenza economica con l’attività di impresa. Per un verso dunque si è negato che il rapporto trovi conforto nella mera contabilizzazione del costo ( ex multis , 8/10/2014, n. 21184) e che al contrario incomba sul contribuente l’onere di allegazione della documentazione di supporto da cui ricavare l’importo, nonché la ragione e la coerenza economica della spesa al fine della prova dell’inerenza (anche qui, ex multis, 26/05/2017, n. 13300; 30/05/2018, n. 13596; con spe cifico riferimento all’Iva cfr. 27/09/2013, n. 22130; 7/06/2018, n. 14858).
Sotto altro aspetto tuttavia è stato opportunamente e condivisibilmente avvertito come ai fini della deducibilità dei costi per la determinazione del reddito d’impresa non è sufficiente che l’attività svolta rientri tra quelle previste nello statuto sociale, circostanza che ha un valore meramente indiziario circa la sua inerenza all’effettivo esercizio dell’impresa, incombendo sul contribuente l’onere di
dimostrare che un’operazione, anche apparentemente isolata e non diretta al mercato, sia inserita in una specifica attività imprenditoriale e destinata, almeno in prospettiva, a generare un lucro in proprio favore (Cass., 25 febbraio 2015, n. 3746). Il che introduce un criterio interpretativo non solo utilizzabile per negare inerenza a spese finalizzate esclusivamente al conseguimento di vantaggi fiscali (come per la fattispecie analizzata nella pronuncia da ultimo citata), ma anche, al contrario, per valorizzare spese che concretamente, in prospettive di ampia visione, si rivelino utili al progetto imprenditoriale, pur rivelando -ma solo in apparenza- un rapporto debole tra costo e attività d’impresa.
Tale ultimo rilievo torna utile quando la Corte, abbandonando il tradizionale criterio del rapporto tra costo e requisiti di congruità e vantaggiosità dello stesso, e prendendo le distanze dall’art. 109 Tuir quale fondamento del concetto di inerenza, ha affermato che, in tema di imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa, non dall’art. 109 co. 5 (già 75) del d.P.R. n. 917 del 1986, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili. Si è in particolare sostenuto che l’inerenza deve esprimere la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza necessità di compiere valutazioni in termini di utilità, anche solo potenziale o indiretta. È infatti configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico, né deve assumere rilevanza la congruità RAGIONE_SOCIALE spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (Cass., 11 gennaio 2018, n. 450).
L’impostazione da ultimo riferita assume tuttavia solo apparentemente una posizione di rottura con il passato, perché -ad una piana lettura- è meno lontana di quanto sembri dalla tradizionale
interpretazione. Infatti, quando si consideri che per un verso viene valorizzato il rapporto, caldeggiato da autorevole dottrina, tra spesa e sua riferibilità, immediata o mediata, alla produzione del reddito (con esclusione, dunque, di quelle spese afferenti la cd. disposizione del reddito), e per altro verso si instaura il rapporto tra spesa e reddito di impresa, l’abbandono dei requisiti della vantaggiosità e congruità del costo non vuol significare che essi siano del tutto esclusi dal giudizio di valore, cui resta comunque sottoposta la spesa al fine del riconoscimento della sua inerenza e dei presupposti per la sua deducibilità. Qualunque sia il concetto di impresa, anche nelle teorie più socialmente orientate a svilirne finalità di utile economico, e, per le società, lo scopo del conseguimento di utili (ai fini del fisco elemento di manifestazione di ricchezza e dunque presupposto stesso della tassazione), e qualunque finalità voglia perseguirsi con l’impresa, non può certo negarsi l’esigenza di applica zione di buone regole di gestione dell’attività, che contrastano assiomaticamente con spese svantaggiose, incongrue e sproporzionate -tali ovviamente non in rapporto all’esito del costo ma secondo un giudizio prognostico a monte, dovendosi altrimenti negar e il rischio d’impresa -. Ciò perché è agevole ipotizzare che spese incongrue o svantaggiose conducano alla mala gestione dell’impresa -e da ultimo alla sua crisi e cessazione-, sicché i criteri, apparentemente estromessi, tornano ad assumere indirettamente rilevanza, come d’altronde evidenzia quello stesso richiamato evolutivo orientamento, nella parte conclusiva RAGIONE_SOCIALE argomentazioni, affermando che « l’antieconomicità e l’incongruità della spesa sono indici rivelativi della mancanza di inerenza, pur non identificandosi con essa ».
La convergenza tra due percorsi interpretativi, in apparente contraddizione, trova conferma anche considerando il tradizionale orientamento sul concetto di inerenza, atteso che la valorizzazione
della congruenza e vantaggiosità del costo rapportato all’impresa già prima, a ben vedere, implicava un giudizio di valore qualitativo della stessa spesa. E ciò, in maniera più o meno esplicita, viene ribadito anche nelle decisioni successive e recenti di questa Corte (Cass., 2 febbraio 2021, n. 2224; 17 gennaio 2020, n. 902; 21 novembre 2019, n. 30366; 23 maggio 2018, n, 12738; 17 luglio 2018, n. 18904).
Gli approdi ermeneutici più recenti hanno dunque stimolato indagini volte ad avvicinare il concetto giuridico di inerenza dei costi alla complessa realtà economica ed al modo concreto dell’operare dell’impresa .
Ciò chiarito, nella sentenza ora al vaglio della Corte non viene in evidenza alcun ragionamento in base al quale il giudice regionale abbia dedotto l’inerenza dei costi d’intervento sulla villa, certo formalmente nella titolarità dell’impresa RAGIONE_SOCIALE d RAGIONE_SOCIALE, ma da questi sin dal primo momento adibita a residenza famigliare, senza versamento di alcun corrispettivo per l’utilizzo e senza che sia stato indicato quale finalità, nella pro spettiva di sviluppo dell’impresa, quell’utilizzo potesse arreca re all’impresa .
Manca dunque ogni elemento, da cui evincere che la decisione abbia riconosciuto l’inerenza dei costi sulla base anche di uno solo dei principi appena illustrati, se non la mera titolarità del bene, che tuttavia è ben lontano dall’essere il criterio di scernimento della natura del costo.
La pronuncia è tanto più distonica rispetto ai principi giuridici cui il giudice di merito doveva attenersi per attendere a questa valutazione, quando si consideri che nell’oggetto dell’impresa, descritto nelle pagine difensive RAGIONE_SOCIALE difese d’appello erariali, riprodotte nel ricorso ora esaminato, non vi era affatto una attività di costruzione di fabbricati. La visura camerale presso il registro RAGIONE_SOCIALE imprese della CCIAA riporta infatti, quale attività esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE, un generico
richiamo alle costruzioni edili, che tuttavia è specificatamente indirizzata alla installazione di impianti di riscaldamento, alla installazione a livello industriale di impianti idraulici ed antincendio, e dal ’99 anche a livello civile, a l commercio all’ingrosso di materiale termoidraulico, ecc.
Ma quello che risulta più significativo è proprio l”opaca’ destinazione dell’immobile, dotato di piscina, ad abitazione famigliare, senza alcun elemento da cui desumere l’utilizzo economico in qualche modo a vantaggio dell’impresa.
Manca nella pronuncia, in conclusione, qualunque riferimento o considerazione sulla pertinenza dei costi sostenuti per l’abitazione all’attività d’impresa RAGIONE_SOCIALE condotta dal COGNOME.
I motivi vanno dunque accolti.
L’accoglimento del secondo e del terzo motivo assorbe peraltro il quarto, con cui l’ufficio si duole della nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36, d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essersi limitato il giudice regionale a riconoscere la inerenza con la sola affermazione che l’impresa fosse dedita a costruzioni edili in genere. Assorbe anche il quinto, con cui l’RAGIONE_SOCIALE si duole della violazione e falsa app licazione dell’art. 112, cod . proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. , sostenendo che l’avviso d’accertamento aveva indicato quale sola ragione della contestazione erariale sulla indeducibilità dei costi e sulla indetraibilità della relativa Iva, l’inerenza. Invece il giudice si era soffermato sul principio di competenza, estraneo alla fattispecie. Assorbe il sesto, con il quale la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , sostenendo l’erroneità della decisione per essersi limitata a riconoscere la
deducibilità di un costo sulla sola considerazione dell’anno di ultimazione dei lavori e, quanto alla deducibilità dell’iva, per aver considerato il solo anno di emissione della fattura. Al contrario il giudice d’appello avrebbe dovuto accertare l’inerenza all’attività d’impresa del costo sostenuto. Assorbe infine il settimo motivo, con cui si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 109 e 92 del d.P.R. n. 917 del 1986, dell’art. 115, cod. proc. civ., e dell’art. 42 e ss. del d.P.R. n. 600 de l 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., affermando che, per l’ipotesi in cui con la decisione il giudice regionale abbia voluto intendere che, in riferimento alla imputazione al 2007 della deduzione dei costi, essa non poteva essere recuperata con un accertamento relativo all’anno d’imposta 2008, il ragionamento sarebbe errato.
Con ricorso incidentale il contribuente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992. La Commissione regionale avrebbe errato nel compensare le spese di causa, non sussistendone i presupposti.
L ‘esito del ricorso proposto dall’erario, con il suo parziale accoglimento, importando la cassazione della decisione nei termini appresso specificati, travolge la statuizione sulle spese, sicché il ricorso incidentale resta assorbito.
In conclusione, la sentenza va cassata ed il processo va rinviato dinanzi alla Corte di giustizia di secondo grado del Piemonte, che in diversa composizione, e secondo i principi di diritto enunciati in sentenza, provvederà a riesaminare l’inerenza dei costi sostenuti limitatamente a lla detrazione dell’iva dichiarata nel 2008, oltre che a liquidare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, inammissibile il primo, assorbiti gli altri ed assorbito il ricorso
RGN 118/2016 AVV_NOTAIO rel. COGNOME
incidentale. Cassa la sentenza e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il giorno 6 ottobre 2023