Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18752 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18752 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21787/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME ;
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 1449/2016 depositata il 14/03/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE propo ne ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia che ha rigettato l’appello erariale avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Milano la quale, in accoglimento del ricorso del contribuente NOME
COGNOME, titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, aveva annullato parzialmente l’avviso di accertamento per l’anno 2008 fondato sul recupero di costi indeducibili e recante maggiori imposte per IRPEF, IVA e IRAP.
L’Ufficio aveva recuperato costi per euro 119.418,21 ritenendo priva dei requisiti di economicità e congruità l’ operazione tra la ditta RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, avente come socio unico lo stesso COGNOME, da cui essi derivavano: in forza di tale accordo la prima aveva preso in locazione macchinari e il capannone della seconda, la quale si impegnava ad utilizzare la ditta individuale come unico fornitore per le tipologie di merce prodotte da quest’ultima ; da ciò erano derivati per la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE costi complessivi pari ad euro 116.400,00 (per locazione macchinari, spese generali e avviamento per euro 84.000,00 e locazione di capannone per euro 32.400,00 annui), a fronte di ricavi per soli euro 55.391,76.
L ‘assunto agenziale era stato respinto dalla CTP, la quale con la sentenza gravata aveva osservato che le due imprese, ancorché aventi lo stesso indirizzo, erano ubicate in unità immobiliari differenti , che l’antieconomicità trovava causa nel fatto che la RAGIONE_SOCIALE era sorta nel 2007, perciò era giustificato il risultato negativo per l’anno 2008 , che solo la RAGIONE_SOCIALE era stata in grado di ottenere in leasing, in ragione del suo volume d’affari consistente, i macchinari concessi alla ditta individuale.
La CTR ha condiviso le conclusioni della CTP aggiungendo che le due imprese, ubicate in complessi immobiliari diversi, svolgevano attività similari ma non identiche, in quanto una si occupava di produzione e l’altra commercia va i prodotti realizzati anche da altri operatori economici, e che era diverso anche il contratto di lavoro applicato ai dipendenti.
Il ricorso agenziale si fonda su sei motivi.
Resta intimato il contribuente.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza, per inosservanza dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 , perché la motivazione si compone di due parti in irriducibile contrasto logico tra loro: in motivazione la CTR esordisce affermando che « ritiene fondato l’appello e, per l’effetto, doversi riformare la sentenza di primo grado » ma nel prosieguo osserva di « non poter non condividere le conclusioni dei giudici di primo grado » e in dispositivo rigetta l’appello.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. L’estensore è incorso in un errore materiale, laddove discorre di accoglimento dell’appello, non ricorrendo “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” della sentenza o “motivazione perplessa od incomprensibile” (Cass. sez. un. n. 8053 del 2014) né incertezza oggettiva sul contenuto della decisione, che inequivocabilmente è nel senso del rigetto dell’appello e della conferma della sentenza di primo grado.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546/1992 , laddove la CTR ha implicitamente ritenuto inammissibile l’appello perché si era limitato a riproporre argomenti ed eccezioni già proposti in primo grado senza nulla aggiungere, in quanto i motivi d’appello possono consistere anche nella riproposizione degli argomenti esposti in primo grado.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per inosservanza dell’art. 53 d.lgs. n. 546/1992 in quanto la CTR ha errato nell’affermare l a mancanza di specifici motivi di gravame che, invece, erano presenti nell’atto d’appello.
I due motivi si possono esaminare congiuntamente e sono inammissibili. Essi non colgono la ratio decidendi, perché la CTR
non ha pronunciato l’inammissibilità dell’appello neppure implicitamente, ciò che avrebbe consumato la potestas iudicandi rendendo inutile l’ulteriore motivazione sul merito (Cass. n. 11675 del 2020; Cass. n. 27388 del 2022). Le osservazioni sulla mancanza di elementi ulteriori rispetto alle deduzioni di primo grado e sulla assenza di « appropriate controdeduzioni » avverso la sentenza di prime cure, sono servite, invece, a rafforzare la motivazione che riguarda il merito della causa: la CTR ha condiviso la decisione della CTP che l ‘appellante , secondo i giudici del gravame, non era stato in grado di inficiare, essendosi limitato ad una mera riproposizione degli argomenti già dedotti. Si tratta di argomentazioni che non influiscono sulla ratio decidendi , che poggia sull’ infondatezza nel merito della pretesa impositiva, cosicché i motivi sono anche carenti di interesse (Cass. n. 7995 del 2022).
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 109 TUIR, 19 d.P.R. n. 633/1972, 2697 c.c. e 115 c.p.c., perché la CTR aveva ritenuto l’inerenza dei costi senza che ci fosse la prova, il cui onere grava sul contribuente.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992 in quanto la CTR aveva disatteso il rilievo dell’Ufficio, quanto al difetto di inerenza, senza alcuna indicazione degli elementi giustificativi.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992 e nullità della sentenza, viziata da motivazione meramente apparente, non avendo dato conto RAGIONE_SOCIALE deduzioni dell’Ufficio , che aveva evidenziato « la commistione » tra la ditta RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE , in cui la prima era « una sorta di ramo di azienda » della seconda, la quale era quasi uno schermo
(« vestitella )» dietro la quale operava la persona fisica del COGNOME; infatti, le due imprese avevano sede presso lo stesso indirizzo, svolgevano attività similari e/o complementari, la RAGIONE_SOCIALE aveva come socio unico lo stesso titolare della RAGIONE_SOCIALE ; quest’ultima, il cui 88% dei ricavi proveniva dalla RAGIONE_SOCIALE, utilizzava utenze intestate alla società e aveva assunto l’onere della locazione di un immobile utilizzato in comune; inoltre, l’Ufficio aveva rilevato l’antieconomicità dell’ operazione, data dal confronto tra i ricavi e i costi derivati dall’operazione, e la determinazione forfettaria di una parte dei costi. Questi elementi erano stati del tutto trascurati dalla CTR che, da una parte, si era limitata ad affermare di condividere le osservazioni della CTP e, dall’altra, aveva reso affermazioni apodittiche o irrilevanti e comunque inidonee a superare i rilievi dell’Ufficio.
I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, trattando RAGIONE_SOCIALE medesime questioni sotto profili diversi, e vanno disattesi.
8.1. In primo luogo non ricorre una motivazione apparente. E’ noto che a seguito della modifica della censura ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, cosicché il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza
impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022). Questa Corte ha, altresì, precisato che « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento).
8.1.1. Va considerato, altresì, che il Giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione RAGIONE_SOCIALE parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito (Cass. n. 12131 del 2023).
8.1.2. Gli elementi essenziali su cui si è fondata la ricostruzione dell’Ufficio e il recupero di costi ritenuti indeducibili sono stati la « commistione » tra la ditta individuale e la società nonché l’antieconomicità dell’operazione tra le due. Su entrambi i punti la
CTR ha offerto risposte sintetiche ma congrue, cosicché la motivazione raggiunge il minimo costituzionale. Ha escluso la ‘commistione’, essendosi accertato che le due imprese erano « ubicate in complessi immobiliari diversi », svolgevano « attività similari » ma non identiche, come confermato anche dal differente contratto di lavoro applicato al personale dipendente. Inoltre, la CTR ha dato giustificazioni imprenditoriali ed economiche a ll’operazione, esplicitamente aderendo alle conclusioni della CTP: da un lato, solo la RAGIONE_SOCIALE aveva un volume d’affari consistente che aveva consentito di ottenere in leasing i beni poi concessi alla ditta RAGIONE_SOCIALE, la quale era sorta nel 2007 ; d’altro lato, gli investimenti iniziali giustificavano il risultato ancora negativo nel 2008, lasciando intendere , con ciò, che l’economicità dell’operazione andava valutata in termini più ampi , non limitati ai risultati del rapporto con la RAGIONE_SOCIALE.
8.2. Il quarto e il quinto motivo, poi, sono inammissibili e comunque infondati.
8.2.1. Le doglianze sono estremamente generiche nell’indicazione RAGIONE_SOCIALE violazioni di legge in cui sarebbe incorso il Giudice del merito, tanto da far ritenere che, dietro il paradigma di cui all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. , si tenti in realtà di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal giudice del merito , che è incensurabile nel giudizio di legittimità se correttamente motivato, come in questo caso in cui la CTR, individuando le giustificazioni imprenditoriali ed economiche di quei costi, ha motivato sul requisito dell’inerenza seguendo i principi in materia.
8.2.2. Va premesso che questa Corte con la sentenza n. 18904 del 2018, dando seguito anche a Cass. n. 450 del 2018, ha affermato il principio secondo cui « il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività d’impresa in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che
prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo ». In tema di onere della prova, sempre con la stessa pronuncia, ha statuito che « la prova dell’inerenza di un costo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente In quanto tenuto a provare l’imponibile maturato ». In particolare, l’onere probatorio che grava sul contribuente attiene all’esistenza di circostanze fattuali che consentano di ricondurre il costo all’attività d’impresa (Cass. n. 24880 del 2022; Cass. n. 30366 del 2019). L’Amministrazione, a sua volta, può addurre ulteriori elementi tali da far ritenere – per sé soli o in combinazione con quelli portati dal contribuente – che il costo non sia, in realtà, correlato all’attività d’impresa ed è in tale prospettiva che assume rilievo la possibile valutazione circa la congruità od antieconomicità della spesa, intesa come sproporzione tra la spesa e l’utilità che ne deriva (Cass. n. 33568 del 2022), avuto riguardo agli ulteriori dati contabili dell’impresa, che può fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza (Cass. n. 11324 del 2022; Cass. 27786 del 2018); in questo caso, è l’Amministrazione tenuta a fornire la prova della propria contestazione (cfr., fra le altre, Cass. n. 18904 del 2018), senza spingersi, peraltro, a sindacare le scelte imprenditoriali; l’antieconomicità della spesa richiede la dimostrazione dell’inattendibilità della condotta, che va considerata in chiave diacronica, tenuto conto dei diversi indici che presiedono la stima della redditività dell’impresa (v. Cass. n. 21869 del 2016; Cass. n. 13468 del 2015), a fronte della quale spetta poi al contribuente dimostrare la regolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate (Cass. n. 25257 del 2017). Una tale dimostrazione, peraltro, ben può essere fornita anche con ricorso ad elementi indiziari, purché provvisti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 33568 del 2022).
8.2.3. La ricorrente, senza indicare precise violazioni di questi principi, propone in realtà un diverso apprezzamento della quaestio facti , e, in definitiva, prospetta una diversa ricostruzione della stessa quaestio ponendosi su un terreno che non è quello del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. (Cass. sez. un. n. 1785 del 2018): in sostanza, l’RAGIONE_SOCIALE ritiene una commistione tra attività riconducibili al medesimo soggetto, laddove la CTR ha accertato l’esistenza di imprese complementari ma distinte, e incentra il giudizio di antieconomicità sui risultati della specifica operazione trascurando la situazione complessiva dell’impresa.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e non vi è da provvedere sulle spese atteso che il contribuente è rimasto intimato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
Così deciso in Roma, il 25/01/2024.