Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21645 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21645 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23741/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL LAZIO n. 1267/38/16 depositata l’ 11/03/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1267/38/16 del l’11/03/2016 , la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 7843/08/14 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto parzialmente il ricorso della società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2007 .
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’Amministrazione finanziaria aveva contestato, tra l’altro, la deducibilità di costi per contributi promozionali e rimborsi spese erogati in favore di agenti di vendita.
1.2. La CTR accoglieva parzialmente l’appello di COGNOME evidenziando, per quanto ancora interessa, che: a) i costi sostenuti per contributi promozionali non erano stati provati dalla ricorrente, che aveva depositato documentazione inattendibile («dichiarazioni unilaterali ‘postume’ prodotte dai prestatori degli asseriti servizi senza data certa, tutte di contenuto identico» e precostituibili all’occorrenza); b) i rimborsi spese in favore degli agenti di vendita erano contrari alle previsioni contrattuali».
COGNOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di COGNOME è affidato a sette motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
dell’art. 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), degli artt. 19 e 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che la contribuente non abbia assolto all’onere della prova, avendo depositato le fatture rappresentative dei costi sostenuti, inerenti all’attività d’impresa.
1.2. Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CTR erroneamente ritenuto inattendibili le dichiarazioni provenienti dai prestatori di servizi, rendendo in ogni caso motivazione manifestamente illogica sul punto.
1.3. Con il quarto motivo di ricorso ci si duole, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., dell’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, avendo la CTR erroneamente ritenuto che il costo recato dalla fattura n. 19 del 2008 della società RAGIONE_SOCIALE sia stato detratto dal computo della ripresa a tassazione.
1.4. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1366 cod. civ., per avere la CTR erroneamente interpretato il contratto stipulato con gli agenti, così da ritenere non deducibili i rimborsi spese agli stessi corrisposti.
1.5. Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109 del TUIR, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente omesso di considerare comunque deducibili i costi sostenuti per
l’aggiornamento degli agenti di vendita, trattandosi di costi comunque inerenti.
1.6. Con il settimo motivo di ricorso si chiede l’applicazione delle sanzioni più favorevoli in virtù del principio di cui all’art. 3, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e in ragione dello ius superveniens costituito dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, che ha modificato, a far data dal 01/01/2016, gli artt. 1, comma 2, e 5, comma 4, e 6, comma 6, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.
Il primo motivo, con il quale si afferma l’inerenza dei costi promozionali e l’illegittima inversione dell’onere della prova, è in parte infondato e in parte inammissibile.
2.1. Secondo l’orientamento della S.C. il principio di inerenza, pur con le dovute precisazioni derivanti dall’applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia della UE per l’imposta armonizzata, è unico per le imposte dei redditi e per l’IVA (Cass. n. 18904 del 17/07/2018), si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) (Cass. n. 450 del 11/01/2018) ed è espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera ad essa estranea (Cass. 30030 del 21/11/2018; Cass. n. 27786 del 31/10/2018; Cass. n. 13882 del 31/05/2018; Cass. n. 450 del 2018, cit. ; Cass. n. 18904 del 2018, cit. ).
2.1.1. Lo stesso si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico (o di vantaggio economico) ovvero quantitativo (Cass. n. 27786 del 2018, cit. ; Cass. n. 22938 del 26/09/2018; Cass. n. 18904 del 2018, cit. ), sicché « il costo attiene o non attiene all’attività d’impresa a prescindere dalla
sua entità » (così espressamente, in motivazione, Cass. n. 18904 del 2018, cit. ).
2.1.2. Peraltro, secondo il medesimo orientamento (si veda sempre la motivazione di Cass. n. 18904 del 2018, cit. ), il giudizio quantitativo o di congruità non è del tutto irrilevante, collocandosi, invece, su un diverso piano logico e strutturale rispetto al giudizio di inerenza (cfr. Cass. 27786 del 2018, cit. ).
2.1.3. Quest’ultimo implica che la prova debba investire i fatti costitutivi del costo, sicché, per quanto riguarda il contribuente, egli è tenuto a provare (e documentare) l’imponibile maturato e, dunque, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, ovvero che esso è in realtà un atto d’impresa perché in correlazione con l’attività d’impresa; prova che è tanto più complessa quanto complessa, atipica e originale è l’operazione posta in essere.
2.1.4. A sua volta, l’Amministrazione finanziaria, ove ritenga gli elementi dedotti dal contribuente mancanti, insufficienti od inadeguati ovvero riscontri ulteriori circostanze di fatto tali da inficiare la validità e/o la rilevanza di quelli allegati a fondamento dell’imputazione del costo alla determinazione del reddito, può contestare la valutazione di inerenza.
2.1.5. Ciò si traduce: a) in tema di imposte dirette, nella possibilità che l’Amministrazione finanziaria, nel negare l’inerenza di un costo, contesti anche l’incongruità e l’antieconomicità della spesa, che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomatici della carenza di inerenza pur non identificandosi in essa (cfr. Cass. n. 13588 del 30/05/2018); b) in tema di IVA, nella possibilità per l’Amministrazione finanziaria di dimostrare la macroscopica antieconomicità del costo, rilevando questa quale indizio dell’assenza di connessione tra costo e l’attività d’impresa.
2.2. Nel caso di specie, la CTR ha affermato che in sede di verifica non è stata documentata l’inerenza dei costi sostenuti all’attività di impresa (il che vuol dire che l’Amministrazione finanziaria ha fornito validi elementi indiziari per ritenere che detti costi non sono funzionali all’attività imprenditoriale); e che la documentazione prodotta nel corso del giudizio di merito (segnatamente le dichiarazioni unilaterali ‘postume’ rese dai prestatori di servizi) non è idonea a superare la presunzione addotta dall’Ufficio in quanto sostanzialmente inattendibile.
2.3. Orbene, da un lato, il motivo è infondato, perché la CTR è stata pienamente rispettosa della regola di ripartizione dell’onere della prova per come declinata dalla giurisprudenza di questa Corte, tenuto conto del fatto che alla presunzione di non inerenza dei costi all’attività d’impresa non è seguita la prova, a carico del contribuente, di tale inerenza.
2.4. Dall’altro lato, il motivo è inammissibile, perché, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
Il secondo ed il terzo motivo, con i quali si contesta la valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni dei prestatori di servizi e, quindi, l’erroneità del ragionamento inferenziale della CTR, vanno trattati unitariamente e disattesi.
3.1. Diversamente da quanto argomentato dalla ricorrente, la CTR ha debitamente valutato la prova indiziaria fornita, ritenendola inattendibile sulla base di una pluralità di elementi (dichiarazioni rese
dopo il rilievo da parte dei verificatori, comunque prive di data certa e tutte di contenuto identico), correttamente considerati nel loro insieme, senza compierne una valutazione atomistica e parcellizzata (Cass. n. 20421 del 24/06/2022; Cass. n. 9178 del 13/04/2018; Cass. n. 3703 del 09/03/2012).
3.2. Trattasi, peraltro, di una valutazione logica e legittima, alla quale la ricorrente oppone, inammissibilmente, una propria diversa valutazione degli elementi probatori raccolti.
Il quarto motivo, concernente l’erronea valutazione della fattura di RAGIONE_SOCIALE è inammissibile.
4.1. La società contribuente contesta l’omesso esame di un fatto (il costo conseguente alla fattura di RAGIONE_SOCIALE) che, in realtà, è stato debitamente considerato dal giudice di appello, sicché la censura non rientra tra quelle consentite dalla nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018).
4.2. Peraltro, ancora una volta la ricorrente contesta nel merito la diversa e legittima valutazione dei fatti accreditata dalla CTR.
Il quinto e sesto motivo, con il quale ci si duole del mancato riconoscimento dei costi per rimborsi agli agenti di vendita, possono essere congiuntamente esaminati e sono inammissibili.
5.1. Il quinto motivo è inammissibile perché difetta all’evidenza di specificità.
5.1.1. Invero, COGNOME non ha trascritto integralmente il contratto intercorrente tra gli agenti e la società, sicché non è possibile valutare ex actis la contestata non corretta interpretazione di detto contratto e la violazione dei canoni previsti dalle disposizioni richiamate.
5.2. Il sesto motivo è ugualmente inammissibile.
5.2.1. La valutazione di inerenza all’attività d’impresa dei costi disconosciuti presuppone quanto meno che venga documentata la tipologia di detti costi con le opportune trascrizioni e allegazioni. In assenza il motivo, anche a fronte di un contratto che pone a carico degli agenti detti costi, difetta di autosufficienza.
Il settimo motivo , con il quale si chiede l’applicazione dello ius superveniens con riferimento alle sanzioni, è inammissibile.
6.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, « In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in ‘favor rei’, rendendo la sanzione irrogata illegale, sicchè deve escludersi che la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno ‘ius superveniens’ più favorevole, senza altra precisazione con riferimento al caso concreto, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, non solo in ragione della necessaria specificità dei motivi di ricorso ma, soprattutto, per il principio costituzionale di ragionevole durata del processo » (Cass. n. 9505 del 12/04/2017; Cass. n. 28061 del 24/11/2017; Cass. n. 15828 del 15/06/2018; Cass. n. 17143 del 28/06/2018; Cass. n. 31062 del 30/11/2018; Cass. n. 29046 del 11/11/2019; Cass. n. 19286 del 16/09/2020; Cass. n. 577 del 08/01/2024).
6.2. Nel caso di specie, la società contribuente si è limitata ad invocare le sanzioni più favorevoli conseguenti dall’applicazione dello ius superveniens senza alcuna specificazione in ordine alle circostanze del caso concreto, con conseguente palese inammissibilità della censura proposta.
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 152.396,21.
7.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 30/01/2025.