Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23180 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23180 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16377/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LOMBARDIA n. 167/19/24 depositata il 16/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 167/19/24 del 16/01/2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia (di seguito
CGT2) respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 2547/20/22 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE nei confronti di tre avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2015.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, con gli atti impositivi l’Amministrazione finanziaria accertava l’indebita deduzione di costi per energia elettrica, acqua, gas e manutenzione ordinaria, relativi ad un complesso alberghiero di proprietà della contribuente. Inoltre, si contestava alla contribuente l’indebita deduzione di costi relativi ad attività di consulenza e assistenza, fatturati da RAGIONE_SOCIALE, nonché l’indebita deduzione di costi relativi a consulenze amministrative e fiscali.
1.2. La CTR respingeva l’appello di AE evidenziando che: a) la tesi dell’Ufficio non appariva condivisibile in quanto eccessivamente restrittiva: accogliendola si giungerebbe all’assurda conclusione che nessuna delle due società avrebbe potuto portare in deduzione spese effettivamente sostenute; b) poiché il complesso immobiliare oggetto di affitto di azienda risultava di proprietà di Bacamul, appariva plausibile, anche in un’ottica di rilancio della struttura, che detti costi fossero stati sostenuti da quest’ul tima, seppur in deroga a quanto previsto nel contratto di affitto e dall’art. 1576 cod. civ.; c) è vero che l’accordo derogatorio intercorso fra le due società non risultava documentalmente provato, tuttavia dalla deduzione effettuata da Bacamul non conseguiva alcun danno erariale, essendo i costi effettivi e, comunque, non dedotti anche da RAGIONE_SOCIALE; d) si trattava, in ogni caso, di costi inerenti, in quanto si riferivano agli immobili di proprietà di Bacamul «oggetto di locazione/affitto d’azienda e, du nque, seppur indirettamente, in stretta correlazione alla produzione del reddito
della società stessa; e) quanto ai costi fatturati da RAGIONE_SOCIALE e dal dott. COGNOME, era ampiamente dimostrata non solo l’esistenza del rapporto giuridico, ma anche l’effettività delle prestazioni e, conseguentemente, dei costi, il cui ammontare non poteva essere contestato sotto il profilo dell’inerenza ; f) il mero riferimento (peraltro, non documentato) ai rapporti di parentela fra soci e legali rappresentanti di Bacamul e quelli di RAGIONE_SOCIALE non appariva sufficiente a giustificare la ripresa a tassazione dei predetti costi.
AE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
COGNOME resisteva con controricorso e depositava, altresì, memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di AE è affidato a quattro motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza in violazione degli artt. 32, 112, e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 111, settimo comma, Cost. per avere la CGT2 reso motivazione apparente nonché omesso di pronunciarsi su di uno specifico motivo di appello.
1.1.1. In particolare, la società contribuente avrebbe concesso in affitto a RAGIONE_SOCIALE il complesso immobiliare denominato INDIRIZZO, con spese contrattualmente a carico dell’affittuaria (si veda avviso di accertamento fotoriprodotto nel contesto del ricorso), sicché la CGT2, nella parte in cui afferma che le pattuizioni contrattuali sono state derogate, avrebbe utilizzato forme generiche e assiomatiche, così rendendo motivazione apparente, atteso che non si evincerebbe la ratio decidendi e, in particolare, da quale elemento il giudice di appello abbia desunto la deroga all’art. 1576 cod. civ.
1.1.2. Inoltre, non risulterebbe alcuna disamina delle contrapposte ragioni e dei plurimi elementi testuali dedotti da AE nel proprio atto di appello, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e logicità del ragionamento seguito dal giudice di appello.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto in via subordinata rispetto al primo, si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’articolo 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR) e degli artt. 1362, 1363 e 2697 cod. civ., per avere la CGT2 ritenuto la legittima deduzione dei costi indicati nel primo motivo, sebbene non esistenti, non effettivi e non inerenti. Invero detti costi sarebbero deducibili da RAGIONE_SOCIALE e non già da Bacamul, non essendo inerenti all’attività commerciale di quest’ultima; e ciò anche sul rilievo che la deroga alla disciplina contrattuale e civilistica non risulterebbe da alcun accordo scritto.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 36, comma 1, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 109 del TUIR, per avere la CGT2 reso motivazione apparente e omesso di pronunciare in ordine alla deduzione di costi relativi ad attività di consulenza e assistenza, fatturati da RAGIONE_SOCIALE
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 124 disp. att. cod. proc. civ., per avere la CTG2 fatto riferimento alla sentenza n. 3820/01/22, riguardante altro anno d’imposta, non passata in giudicato e, dunque, non opponibile all’Amministrazione finanziaria.
I primi due motivi, riguardando la ripresa relativa alla deduzione di costi di manutenzione e consumi sostenuti per conto della conduttrice RAGIONE_SOCIALE, possono essere congiuntamente esaminati. Il primo motivo è infondato, mentre è fondato il secondo motivo.
2.1. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
2.1.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
2.2. Applicando i menzionati principi al caso di specie, deve escludersi che la motivazione della CGT2 sia apparente, atteso che la
stessa esplicita, sinteticamente ma chiaramente, la ratio decidendi . Invero, nella prospettazione del giudice di appello, COGNOME avrebbe plausibilmente derogato alla disciplina in materia di costi legalmente (e contrattualmente) prevista in un’ottica di rilancio della struttura, pur non essendo stati provati in giudizio gli accordi derogatori. Del resto, la deduzione da parte di COGNOME non avrebbe arrecato alcun danno all’Erario, trattandosi di costi inerenti ed effettivamente sostenuti, e, di contro, l’accoglimento della tesi di AE comporterebbe la conseguenza paradossale che i costi non avrebbero potuto essere dedotti né dall’affittante, né dalla società affituaria.
2.3. Neppure può ritenersi l’omessa pronuncia, posto che sulla specifica questione della deducibilità dei costi la sentenza impugnata si è formalmente pronunciata.
2.4. Il secondo motivo è, invece, fondato.
2.5. Posto che i costi sostenuti sono incontestati e, dunque, certi, residua la contestazione di difetto di inerenza rispetto all’attività imprenditoriale della società contribuente.
2.6. Secondo l’orientamento della S.C. il principio di inerenza, pur con le dovute precisazioni derivanti dall’applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia della UE per l’imposta armonizzata, è unico per le imposte dei redditi e per l’IVA (Cass. n. 18904 del 17/07/2018), si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) (Cass. n. 450 del 11/01/2018) ed è espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera ad essa estranea (Cass. 30030 del 21/11/2018; Cass. n. 27786 del 31/10/2018; Cass.
n. 13882 del 31/05/2018; Cass. n. 450 del 2018, cit. ; Cass. n. 18904 del 2018, cit. ).
2.6.1. Lo stesso si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico (o di vantaggio economico) ovvero quantitativo (Cass. n. 27786 del 2018, cit. ; Cass. n. 22938 del 26/09/2018; Cass. n. 18904 del 2018, cit. ), sicché « il costo attiene o non attiene all’attività d’impresa a prescindere dalla sua entità » (così espressamente, in motivazione, Cass. n. 18904 del 2018, cit. ).
2.6.2. Peraltro, secondo il medesimo orientamento (si veda sempre la motivazione di Cass. n. 18904 del 2018, cit. ), il giudizio quantitativo o di congruità non è del tutto irrilevante, collocandosi, invece, su un diverso piano logico e strutturale rispetto al giudizio di inerenza (cfr. Cass. 27786 del 2018, cit. ); quest’ultimo implica che la prova debba investire i fatti costitutivi del costo, sicché, per quanto riguarda il contribuente, egli è tenuto a provare (e documentare) l’imponibile maturato e, dunque, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, ovvero che esso è in realtà un atto d’impresa perché in correlazione con l’attività d’impresa; prova che è tanto più complessa quanto complessa, atipica e originale è l’operazione posta in essere.
2.6.3. A sua volta, l’Amministrazione finanziaria, ove ritenga gli elementi dedotti dal contribuente mancanti, insufficienti od inadeguati ovvero riscontri ulteriori circostanze di fatto tali da inficiare la validità e/o la rilevanza di quelli allegati a fondamento dell’imputazione del costo alla determinazione del reddito, può contestare la valutazione di inerenza.
2.6.4. Ciò si traduce: a) in tema di imposte dirette, nella possibilità che l’Amministrazione finanziaria, nel negare l’inerenza di un costo, contesti anche l’incongruità e l’antieconomicità della spesa,
che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomatici della carenza di inerenza pur non identificandosi in essa (cfr. Cass. n. 13588 del 30/05/2018); b) in tema di IVA, nella possibilità per l’Amministrazione finanziaria di dimostrare la macroscopica antieconomicità del costo, rilevando questa quale indizio dell’assenza di connessione tra costo e l’attività d’impresa.
2.7. Nel caso di specie, la CGT2 si è limitata a indicare genericamente le ragioni alla base della deroga al principio generale (e contrattuale) di imputazione degli oneri riconnessi al contratto di affitto all’affittante piuttosto che all’affittuario, ma non ha chiarito perché tale deroga costituisca in concreto un atto d’impresa, soprattutto a fronte della contestazione di palese antieconomicità delle prestazioni rese in rapporto ad un canone di gran lunga inferiore alle spese sostenute.
2.8. In altri termini, il giudice di appello non ha debitamente valutato l’inerenza dei costi all’attività imprenditoriale della società contribuente, che, a fronte di una così rilevante spesa, non possono trovare giustificazione nell’esigenza di favorire l’avviamento dell’attività imprenditoriale dell’affittuaria.
Il terzo motivo, con il quale si deduce motivazione apparente o omessa in ordine alla deducibilità dei costi sostenuti per la gestione amministrativa degli immobili, affidata ad RAGIONE_SOCIALE, è infondato.
3.1. La motivazione della CGT2, infatti, è pienamente idonea a dare conto della ratio decidendi : si afferma, infatti, che i costi sostenuti sono certi (in quanto ampiamente documentati) e congrui rispetto alla complessiva rilevanza dell’attività di gestione affidata a RAGIONE_SOCIALE (congruità, del resto, estranea al concetto di inerenza). Inoltre, di deduce che la commistione soggettiva tra quest’ultima e Bacamul, peraltro non provata, è insufficiente per ritenere indeducibili i costi.
3.2. In buona sostanza, la motivazione della sentenza impugnata, per quanto sintetica e semplicistica, non è sicuramente apparente; né può ritenersi l’omessa pronuncia sulla specifica questione della deducibilità dei costi, omissione che va valutata sotto il profilo formale e non sostanziale.
Il quarto motivo, con il quale si deduce l’irrilevanza della sentenza della CGT2 intervenuta tra le parti con riferimento ad altro anno d’imposta, è inammissibile.
4.1. Invero, è palese che il riferimento del giudice di appello ad altra sentenza resa inter partes dalla CGT2 (n. 3820/01/22) sia stato effettuato ad abundantiam e a fini rafforzativi della motivazione già espressa, non intendendo la sentenza impugnata attribuire efficacia vincolante al suddetto precedente.
In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento. Così deciso in Roma, il 26/03/2025.