Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5774 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5774 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 19913-2018, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE, che lo rapp. e dif. (EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rapp. e dif., in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (EMAIL), presso il quale è elett.te dom.ta;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 652/18 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il 23/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che l’ RAGIONE_SOCIALE notificò alla RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., un avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha provveduto a riprese relativamente all’anno di imposta 2009, per effetto dell’imputazione alla detta associazione – quale conseguenza dell’avvenuta rilevazione di costi non inerenti per fatture emesse RAGIONE_SOCIALE – di un maggior valore da assoggettare ad I.R.A.P., nonché della rettifica delle detrazioni I.V.A. L’ufficio ha provveduto, altresì, alla notifica di ulteriori due avvisi di accertamento nei confronti dei soci, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per riprese derivanti da maggiori redditi da partecipazione;;
che i contribuenti impugnarono detti provvedimenti innanzi alla C.T.P. di Arezzo che, con sentenze nn. 410, 411 e 412 del 2015, accolse i ricorsi;
che avverso tali decisioni l’ RAGIONE_SOCIALE propose appello alla C.T.R. della Toscana, la quale, previa riunione, con sentenza n. 652/18, depositata il 23/03/2018, rigettò il gravame osservando -per quanto in questa sede ancora rileva -come (a) la associazione contribuente avesse fornito prova documentale (a.1) dell’esistenza rapporto contrattuale originante le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei propri confronti e sottese alle riprese per cui è causa, nonché (a.2) degli incarichi conferiti, con (b) conseguente dimostrazione dell’inerenza dei relativi costi, rettamente portati in detrazione. I giudici di appello hanno inoltre ritenuto (c) congruo il prezzo forfetario fissato tra le parti per lo svolgimento dell’incarico da parte della RAGIONE_SOCIALE, nonché (d) insussistente qualsivoglia finalità elusiva, pure contestata dall’Ufficio, rispetto al contratto concluso tra la RAGIONE_SOCIALE e la
RAGIONE_SOCIALE, non solo operando questa anche per conto di altri soggetti, ma rispondendo detto vincolo negoziale ‘ a precise esigenze organizzative nel contesto di operazioni da svolgersi completamente all’esterno RAGIONE_SOCIALE studio, senza vincoli di subordinazione, offrendo così un miglior servizio ai clienti RAGIONE_SOCIALE studio professionale, comprensivo non solo del disbrigo di pratiche ma anche del ritiro e consegna documentazione’ (cfr. p. 3, terzultimo cpv. della motivazione della sentenza impugnata); che avverso tale decisione l’ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi; si è costituita con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
Rilevato in via preliminare che, pur non avendo l’ RAGIONE_SOCIALE evocato in giudizio, nel presente giudizio di legittimità, gli associati NOME COGNOME e NOME COGNOME, parti dei precedenti gradi di merito e -in ogni caso – litisconsorti necessari in considerazione del thema decidendum (arg. da Cass., Sez. 6-5, 25.6.2018, n. 16730, Rv. 649377-01), cionondimeno, in considerazione dell’esito del giudizio, non appare necessario fissare alla parte ricorrente un termine per integrare il contraddittorio dei confronti degli stessi, ex art. 331 cod. proc. civ. (arg. da Cass., Sez. 6-3, 7.6.2019, n. 16141, Rv.654313-01; Cass., Sez. 6-3, 15.5.2020, n. 8980, Rv. 657883-01);
che con il primo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la ‘ violazione e falsa applicazione artt. 109 TUIR, 2697 e 2729 c.c. ‘ (cfr. ricorso, p. 6) per avere la C.T.R. impropriamente applicato ‘ le disposizioni in tema di presupposti per la deduzione dei componenti negativi di reddito, anche relativamente al corrispondente riparto dell’onere probatorio ‘ (cfr. ivi) e, per l’effetto, erroneamente ritenuto inerenti i costi dedotti dalla COGNOME E COGNOME RAGIONE_SOCIALE e relativi alle fatture per le prestazioni rese in proprio favore dalla COGNOME
RAGIONE_SOCIALE nonostante: a) la genericità dei riferimenti contenuti tanto nelle predette fatture originati, quanto nel contratto alla base del rapporto esistente tra la RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e la RAGIONE_SOCIALE dall’altro, precludesse qualsivoglia valutazione di loro inerenza rispetto all’attività dell’ RAGIONE_SOCIALE, non essendo all’uopo sufficiente la sola indicazione dei nominativi dei clienti della RAGIONE_SOCIALE serviti dalla RAGIONE_SOCIALE ; b) l’irrilevanza della presunta congruità, che non risolverebbe il diverso problema inerenza del costo;
che il motivo è inammissibile;
che rappresentano principi pacifici, ai fini della deduzione dei costi in tema di imposte dirette e della detrazione dell’I.V.A., quelli per cui: a) la deducibilità di costi ed oneri richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità -anche solo potenziale ed indiretta – secondo una valutazione qualitativa e non quantitativa, la cui prova, in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé (Cass., Sez. 5, 23.5.2023, n. 14190, non massimata); b) spetta, in ultima analisi, al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili, non essendo a tal fine sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore ed occorrendo, al contrario, anche che esista una documentazione di supporto da cui
ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (Cass., Sez. 5, 26.5.2017, n. 13300, Rv. 64424801); c) la parte contribuente può, però, comunque integrare il contenuto della fattura con elementi di prova idonei a dimostrare la deducibilità dei costi (Cass., Sez. 6-5, 7.6.2018, n. 14858);d) l’inerenza non può essere esclusa solo in virtù di un giudizio sulla congruità del costo, che non condiziona né esclude il diritto alla detrazione, salvo che l’amministrazione finanziaria dimostri – e non è il caso di specie – la macroscopica antieconomicità della operazione, che costituisce elemento sintomatico dell’assenza di correlazione della stessa con l’esercizio dell’attività imprenditoriale (Cass., Sez. 5, 28.12.2018, n. 33574, Rv. 652000-01);
che dalla lettura della motivazione dell’avviso di accertamento trascritto in ricorso (ai fini della specificità di esso, ex art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ.) effettivamente emerge – come puntualmente rilevato dalla C.T.R. -che l’Ufficio ebbe a contestare ai contribuenti l’indeducibilità dei costi per cui è causa sotto il mero profilo della mancanza di prova della ‘ inerenza del costo rispetto alla specifica attività che lo sostiene’ (cfr. p. 3 del ricorso) , per non essere le sommarie indicazioni contenute nelle fatture ‘ idonee a dimostrare l’inerenza del costo ai fini della deducibilità ‘ (cfr. ivi) e non anche – come lamentato dalla difesa erariale – della loro inesistenza o non congruità;
che , rispetto al requisito dell’inerenza, appare, allora, chiaro come parte ricorrente denunzi non già l’erronea ricognizione che la C.T.R. avrebbe fatto dell’art. 109 T.U.I.R. ovvero degli artt. 2697 e 2727 c.c. quanto, piuttosto, l’erronea ricognizione, da parte dei giudici di appello, della fattispecie concreta sottoposta
al proprio vaglio (arg. da Cass., Sez. 1, 13.10.2017, n. 24155, Rv. 645538-03), così disvelandosi la censura in un vizio motivazionale mirante – in ultima analisi -ad una (ri)lettura delle risultanze processuali, diversa da quella svolta dalla C.T.R., mediante la revisione degli accertamenti di fatto da questa svolti (e per la quale, in ultima analisi, la pur generica descrizione contenuta in ciascuna delle fatture sottese alle riprese per cui è causa non osta alla detrazione dei relativi costi, ben potendo essere integrata, onde individuare la specifica tipologia di prestazione svolta dalla RAGIONE_SOCIALE per conto della RAGIONE_SOCIALE, sì da qualificarla come inerente rispetto all’attività svolta da quest’ultima, mediante relatio non solo al contratto ed alle lettere di conferimento incarico, ma anche ai nominativi dei clienti della RAGIONE_SOCIALE per cui la RAGIONE_SOCIALE fu incaricata di svolgere le proprie prestazioni): sennonché, esula dal vizio di legittimità ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si è formato, ex art. 116, commi 1 e 2 cod. proc. civ., in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità (Cass., Sez. 3, 1.6.2021, n. 15276, Rv. 661628-01. Cfr., per un precedente del tutto analogo al caso odierno, Cass., Sez. 6-5, 3.11.2022, n. 32369, non massimata);
che con il secondo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) della ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., 115 c.p.c., dell’art. 54 co. 6 TUIR nonché dei principi in tema di divieto di abuso del diritto ‘ (cfr. ricorso, p. 9), per avere la C.T.R. erroneamente escluso l’applicabilità, nella specie, dell’art. 54,
comma 6bis del d.P.R. n. 917 del 1986 – che impedirebbe la detrazione dei costi in commento, per effetto dei rapporti di parentela esistenti tra i titolari dell’ RAGIONE_SOCIALE ed i soci della RAGIONE_SOCIALE – nonostante dal compendio istruttorio in atti emergessero, all’evidenza, elementi idonei a dimostrare che l’instaurazione del rapporto negoziale tra la RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e la RAGIONE_SOCIALE, dall’altro, rispondesse alla sola logica del risparmio fiscale per la RAGIONE_SOCIALE, sì da concretare una ipotesi di abuso del diritto, per ciò stesso non opponibile all’erario; che il motivo è inammissibile;
che il divieto di abuso del diritto si traduce, in materia tributaria, in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente: ne consegue che va esclusa l’abusività quando sia ravvisabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, non identificabili necessariamente in una redditività immediata dell’operazione, potendo rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda (Cass., Sez. 5, 5.12.2019, n. 31772, Rv. 65645701);
cha allo stesso modo si è chiarito che non assurge ad elusione fiscale – non integrando la fattispecie dell’abuso del diritto – bensì costituisce legittimo risparmio d’imposta, la scelta del contribuente, tra più operazioni volte ad assicurargli una finalità economica, di quella che gli garantisce il trattamento fiscalmente meno oneroso, purché questo non culmini in un risparmio
d’imposta illecito, non essendo in contrasto con una norma generale di antielusione il comportamento attraverso il quale il soggetto passivo d’imposta abbia pianificato e ottimizzato la sua attività aziendale perseguendo un risparmio d’imposta unitamente ad un reale obiettivo economico (Cass., 28.5.2020, n. 10121, Rv. 664131-01);
che, nella specie, la C.T.R., con accertamento in fatto, ha rilevato (cfr. p. 3 della motivazione) che – per stessa ammissione dell’Ufficio – la SAS in questione svolge la medesima attività (di disbrigo pratiche amministrative, ritiro e consegna documenti) anche per clienti diversi dalla RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE – così dovendosi escludere che la detta società sia stata costituita e prosegua la propria attività al solo fine di permettere alla RAGIONE_SOCIALE il risparmio fiscale alla base delle contestazioni mosse dall’Ufficio -ed ha altresì osservato come l’esternalizzazione dei servizi in questione (che non rappresentano l’essenza dell’attività della RAGIONE_SOCIALE) trova le proprie cause in considerazioni di carattere puramente economico-organizzativo della RAGIONE_SOCIALE: ne consegue, all’evidenza, l’inammissibilità del motivo che, ancora una volta, punta ad una (ri)lettura degli atti processuali diversa da quella svolta dai giudici di merito e preclusa – come già osservato in precedenza – a questa Corte (tanto più considerato che, per quanto emergente dalle allegazioni difensive di parte ricorrente ove non si discute affatto di pretesa impositiva su fatti non realmente posti in essere – potrebbe discorrersi, al più e nella rigorosa verifica fattuale, che non spetta, comunque, a questa Corte svolgere, di evasione, piuttosto che di abuso del diritto arg. da Cass., Sez. 5, 18.12.2019, n. 33593, Rv. 656309-01 profilo comunque non censurato con il mezzo di gravame in esame);
Ritenuto, in conclusione, che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna dell’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. , delle spese del presente giudizio di legittimità;
che, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non trova applicazione l’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Per l’effetto, condanna l’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi € 200,00 (duecento/00) per esborsi ed € 7.600,00 (settemilaseicento/00) per compenso professionale, oltre al 15% su tale ultimo importo per rimborso forfettario spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione