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Inerenza dei costi: la Cassazione conferma la deducibilità

Un’associazione professionale ha dedotto i costi per servizi forniti da una società collegata. L’Amministrazione Finanziaria ha contestato l’inerenza dei costi, sostenendo si trattasse di abuso del diritto. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’ente impositore, confermando la valutazione di merito dei giudici precedenti, secondo cui il contribuente aveva adeguatamente provato che i costi erano pertinenti all’attività d’impresa e supportati da valide ragioni economiche, legittimandone così la deduzione.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Inerenza dei costi: la Cassazione conferma la deducibilità tra società collegate

Con l’ordinanza n. 5774/2024, la Corte di Cassazione è tornata su un tema cruciale per imprese e professionisti: l’inerenza dei costi derivanti da prestazioni di servizi tra società collegate. La pronuncia chiarisce i confini tra legittimo risparmio d’imposta e abuso del diritto, sottolineando l’importanza della prova documentale a carico del contribuente. Il caso analizzato offre spunti fondamentali su come strutturare correttamente i rapporti infragruppo per evitare contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

I Fatti di Causa

Una associazione professionale riceveva un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava la deducibilità dei costi per servizi resi da una società in accomandita semplice (S.A.S.) ad essa collegata da rapporti di parentela tra i soci. L’Ufficio riteneva che i costi non fossero inerenti all’attività dell’associazione e che l’intera operazione configurasse un’ipotesi di abuso del diritto, finalizzata unicamente a ottenere un risparmio fiscale.

I contribuenti impugnavano l’atto impositivo e ottenevano ragione sia in primo grado, presso la Commissione Tributaria Provinciale, sia in appello, davanti alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di merito ritenevano che l’associazione avesse fornito prove documentali sufficienti a dimostrare:
1. L’esistenza di un valido rapporto contrattuale con la società di servizi.
2. La riconducibilità dei costi all’attività d’impresa (inerenza).
3. La congruità del prezzo pattuito.

Di conseguenza, veniva esclusa anche la finalità elusiva dell’operazione. Contro questa decisione, l’Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, condannandola al pagamento delle spese processuali. La decisione si fonda sulla inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso presentati dall’Ufficio, confermando di fatto la validità della decisione di secondo grado.

Le motivazioni: Inerenza dei Costi e Limiti al Sindacato di Legittimità

Nel suo primo motivo di ricorso, l’Amministrazione Finanziaria lamentava la violazione delle norme sull’inerenza e sull’onere della prova (artt. 109 TUIR e 2697 c.c.), sostenendo che i giudici di merito avessero errato nel considerare deducibili i costi.

La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile, chiarendo un punto fondamentale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in una nuova valutazione dei fatti. I giudici di merito avevano già esaminato le prove (contratto, lettere di incarico, nominativi dei clienti serviti) e, con un apprezzamento di fatto, avevano concluso che l’associazione aveva assolto al proprio onere probatorio, dimostrando il collegamento tra i costi sostenuti e l’attività svolta. La censura dell’Amministrazione Finanziaria, secondo la Corte, mirava a una (ri)lettura delle risultanze processuali, attività preclusa in sede di Cassazione.

Le motivazioni: Abuso del Diritto vs Legittimo Risparmio d’Imposta

Con il secondo motivo, l’Ufficio denunciava un presunto abuso del diritto, sostenendo che la struttura societaria fosse stata creata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale. Anche questa doglianza è stata giudicata inammissibile.

La Corte ha ribadito i principi consolidati in materia: si ha abuso del diritto quando un vantaggio fiscale viene ottenuto mediante un uso distorto di strumenti giuridici, in assenza di valide ragioni economiche extrafiscali. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano accertato che:
* La società di servizi svolgeva la propria attività anche per clienti terzi, non solo per l’associazione.
* L’esternalizzazione dei servizi rispondeva a precise esigenze economico-organizzative dell’associazione.

Questi elementi fattuali, insindacabili in sede di legittimità, dimostravano la presenza di una sostanza economica reale dietro l’operazione. La scelta di una struttura organizzativa che garantisce anche un trattamento fiscale meno oneroso non integra di per sé un’elusione, ma costituisce un legittimo risparmio d’imposta, purché non si traduca in un vantaggio illecito e sia supportata da reali obiettivi aziendali.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame rafforza un principio cardine del diritto tributario: l’onere della prova dell’inerenza dei costi grava sul contribuente. Le imprese e i professionisti che si avvalgono di servizi da società collegate devono dotarsi di una solida documentazione a supporto (contratti dettagliati, report di attività, corrispondenza) per poter difendere efficacemente la deducibilità delle spese in caso di accertamento.

Inoltre, la sentenza conferma che la lotta all’abuso del diritto non può penalizzare le scelte imprenditoriali motivate da reali esigenze organizzative e funzionali. L’esistenza di valide ragioni extrafiscali è lo scudo più efficace contro le contestazioni di elusione, legittimando anche quelle operazioni che comportano un lecito risparmio d’imposta.

Quando un costo sostenuto verso una società collegata è considerato deducibile?
Un costo è deducibile quando il contribuente è in grado di provare, attraverso adeguata documentazione, l’esistenza, la natura, l’inerenza all’attività d’impresa e la coerenza economica della spesa. È necessario dimostrare che il costo è funzionale alla produzione del reddito.

Scegliere l’opzione fiscalmente più vantaggiosa costituisce sempre abuso del diritto?
No. La scelta dell’operazione che garantisce il trattamento fiscalmente meno oneroso costituisce un legittimo risparmio d’imposta, a condizione che sia supportata da valide ragioni economiche extrafiscali e non si traduca in un vantaggio fiscale illecito ottenuto con l’uso distorto di strumenti giuridici.

Chi deve provare l’inerenza di un costo in caso di contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria?
L’onere della prova dell’inerenza del costo è a carico del contribuente. In caso di contestazione, spetta a quest’ultimo dimostrare e documentare l’esistenza, la natura del costo, i fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione del reddito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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