Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18771 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18771 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29269/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 2844/2016 pronunciata l’08/04/2016 e depositata il 13/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME, titolare della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia che ha accolto l’appello erariale contro la sentenza
della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Milano la quale, in accoglimento del ricorso del contribuente, aveva annullato l’avviso di accertamento per l’anno 2009 fondato sul recupero di costi e recante determinazione di maggiori imposte per IRPEF, IVA e IRAP.
In particolare, l’Ufficio aveva contestato, in quanto « palesemente irrazionale e priva di economicità » l’operazione con cui la RAGIONE_SOCIALE, costituita nel 2007, aveva acquisito in godimento dalla RAGIONE_SOCIALE, di cui era socio unico lo stesso COGNOME, servizi e macchinari per euro 60.000,00 e preso in locazione il capannone ove entrambe svolgevano l’attività per un affitto annuale di euro 34.104,00, a fronte di ricavi per euro 74.054,84.
Secondo la CTR le eccezioni formali del contribuente erano infondate in quanto l’attività degli accertatori era stata ineccepibile e non vi era stata lesione del diritto di difesa; quanto al merito, laddove la CTP aveva evidenziato che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e società svolgevano attività simili ma separate, in due unità diverse e distinte, e che l’operazione era giustificata dal fatto che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era di recente costituzione e solo la società aveva potuto ottenere i macchinari in leasing , il Giudice d’appello ha ritenuto, invece, che era emersa « una contiguità, non dissimulabile catastalmente, e una funzionalità di rapporti tra le due attività (..) che non giustificavano né il travaso in sé dall’una all’altra né la sproporzione rispetto ai ricavi e all’oggetto dell’impresa di costi », tali da apparire artificiosi, incongrui ed illegittimamente dedotti.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente che si è affidato a nove motivi e ha depositato memoria.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 comma 1 n. 4 c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546/1992, in quanto la sentenza impugnata presenta una motivazione meramente apparente avendo omesso di indicare gli elementi posti a base della decisione e la ratio decidendi.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 comma 1 n. 4 c.p.c. e 36 del d.lgs. n. 546/1992 perché la sentenza presenta una motivazione apparente avendo omesso di indicare gli elementi probatori in base ai quali si è ritenuto che i costi contestati non sarebbero inerenti all’attività del ricorrente.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 dello Statuto del contribuente e dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea perché l’avviso di accertamento non era stato preceduto dalla notifica di un verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE indagini, violando così il diritto al contraddittorio del contribuente.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 lett. d) del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 54 del d.P.R. n. 633/1972 nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c. perché la CTR aveva fondato la decisione su presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 109 comma 5 TUIR e dell’art. 19 comma 1 del d.P.R. n. 633/1972 laddove la CTR ha statuito che i costi sostenuti dal COGNOME non erano inerenti all’attività di impresa.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti consistente nel fatto che per il 2009 la RAGIONE_SOCIALE aveva conseguito ricavi per euro 74.054,84 e aveva dichiarato un reddito pari ad euro 13.898,00.
Con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973 laddove la CTR ha escluso la nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto non dal Capo dell’ufficio ma da un funzionario sprovvisto di delega di firma, non allegata all’atto ma prodotta soltanto a corredo RAGIONE_SOCIALE controdeduzioni dell’Ufficio e non esaminata dalla CTR.
Con l’ottavo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 comma 1 n. 4 c.p.c. e 36 del d.lgs. n. 546/1992 perché la CTR aveva del tutto omesso di pronunciarsi sul motivo di ricorso, riproposto in grado d’appello, con il quale si era chiesto l’annullamento del secondo rilievo contestato con l’avviso di accertamento (disconoscimento di costi per euro 1.580,97).
Con il nono motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 2 e dell’art. 5 comma 2 d.lgs. n. 471/1997 (come modificati dall’art. 15 d.lgs. n. 158/2015) nonché dell’art. 6 comma 6 d.lgs. n. 471/1997 chiedendosi la riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni a seguito della modifica normativa indicata.
I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.
10.1. E’ noto che a seguito della modifica della censura ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di
merito impugnata, cosicché il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022). Questa Corte ha, altresì, precisato che «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento).
10.2. In questo caso la motivazione della sentenza raggiunge il minimo costituzionale, anche considerato che il Giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione RAGIONE_SOCIALE parti, risulta
però necessario, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito (Cass. n. 12131 del 2023).
10.3. Sulle questioni relative alla validità dell’atto sollevate la CTR rileva l’« ineccepibile verifica amministrativo-contabile, disposta e condotta in modo da non conculcare alcun diritto difensivo », l’« esaustiva motivazione » dell’avviso di accertamento che « legittima anche la contestuale irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni », concludendo, in sostanza, per l’inidoneità RAGIONE_SOCIALE irregolarità lamentate a cagionare invalidità dell’atto impugnato (« Lo Statuto è una conquista troppo importante perché il contribuente possa strumentalizzarlo sotto il profilo degli organigrammi degli Uffici Finanziari e del potere di firma dei funzionari, che non incide per nulla sul diritto alla difesa, o sui presupposti e i motivi di un avviso… »). Con riguardo al merito, poi, evidenzia la contiguità tra le due imprese, il travaso di costi da un’impresa all’altra, la sproporzione dei costi rispetti ai ricavi concludendo che erano « stati accertati costi incongrui, rispetto ai ricavi e all’oggetto dell’impresa, tali da apparire artificiosi ed illecitamente dedotti da RAGIONE_SOCIALE.. ».
11. Il terzo motivo è infondato. Il processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni da parte degli organi di controllo, di cui l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, richiede il rilascio di copia al contribuente almeno sessanta giorni prima della notifica dell’avviso di accertamento, deve intendersi riferito alla conclusione degli accessi, RAGIONE_SOCIALE ispezioni e RAGIONE_SOCIALE verifiche fiscali svolte nei locali dell’impresa, non essendo richiesta dalla legge la notificazione al contribuente di un diverso ed ulteriore verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni, quando esse siano state completate presso gli uffici
dell’ente impositore (Cass. n. 17818 del 2022), come in questo caso in cui è pacifico che si sia trattato di accertamento c.d. ‘a tavolino’ . E’ noto che i n tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali c.d. ‘a tavolino’, l’Amministrazione finanziaria è gravata soltanto di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale con riferimento alle imposte armonizzate, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto in giudizio -ciò che in questo caso non risulta essere avvenuto – all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (tra le tante, Cass. n. 37234 del 2022).
12. Il quarto motivo è inammissibile in quanto sotto il paradigma della violazione di legge si tenta, in realtà, di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal Giudice del merito che è incensurabile, come tale, nel giudizio di legittimità: si afferma che la CTR ha desunto la « mancanza di inerenza sulla base di presunzioni prive dei necessari requisiti di precisione, gravità e concordanza », aggiungendo che « il travaso dei costi sostenuti da un’impresa ad un’altra impresa » e « la sproporzione dei costi rispetto ai ricavi » non potevano giustificare il giudizio di non inerenza, anche perché il travaso dei costi trovava contropartita nella locazione dei macchinari. La ricorrente, senza indicare precise violazioni di legge, propone in realtà un diverso apprezzamento della quaestio facti , e, in definitiva, prospetta una diversa ricostruzione della stessa quaestio ponendosi su un terreno che non è quello del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. (Cass. sez. un. n. 1785 del 2018); oltretutto, la critica si concentra sui singoli elementi indiziari, trascurando di considerare che la prova presuntiva culmina in una valutazione congiunta, complessiva e globale, degli stessi, da compiersi alla luce dei principi di coerenza logica,
compatibilità inferenziale e concordanza (Cass. n. 18327 del 2023; Cass. n. 9054 del 2022).
Il quinto motivo, invece, è fondato.
13.1. Si lamenta, in sostanza, la falsa applicazione dell’art. 109 comma 5 TUIR, laddove si è esclusa l’inerenza dei costi solo sulla scorta del « travaso » di essi da un’impresa all’altra e della sproporzione rispetto ai ricavi, senza verificare la loro afferenza a beni o attività produttivi di ricavi, presupposto ricorrente nel caso di specie in cui i costi erano relativi alla locazione di beni strumentali utilizzati nell’esercizio dell’impresa da cui erano stati conseguiti ricavi (euro 74.054,84) e un positivo reddito d’impresa (euro 13.898,00).
13.2. Va considerato che questa Corte con la sentenza n. 18904 del 2018, dando seguito anche a Cass. n. 450 del 2018, ha affermato il principio secondo cui « il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività d’impresa in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo ». In tema di onere della prova, sempre con la stessa pronuncia, ha statuito che « la prova dell’inerenza di un costo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto tenuto a provare l’imponibile maturato ». In particolare, l’onere probatorio che grava sul contribuente attiene all’esistenza di circostanze fattuali che consentano di ricondurre il costo all’attività d’impresa (Cass. n. 24880 del 2022; Cass. n. 30366 del 2019). L’Amministrazione, a sua volta, può addurre ulteriori elementi tali da far ritenere – per sé soli o in combinazione con quelli portati dal contribuente – che il costo non sia, in realtà, correlato all’attività d’impresa ed è in tale prospettiva che assume
rilievo la possibile valutazione circa la congruità od antieconomicità della spesa, intesa come sproporzione tra la spesa e l’utilità che ne deriva (Cass. n. 33568 del 2022), avuto riguardo agli ulteriori dati contabili dell’impresa, che può fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza (Cass. n. 11324 del 2022; Cass. 27786 del 2018); in questo, caso, è l’Amministrazione tenuta a fornire la prova della propria contestazione (cfr., fra le altre, Cass. n. 18904 del 2018); senza spingersi, peraltro, a sindacare le scelte imprenditoriali; l’antieconomicità della spesa richiede la dimostrazione dell’inattendibilità della condotta, che va considerata in chiave diacronica, tenuto conto dei diversi indici che presiedono la stima della redditività dell’impresa (v. Cass. n. 21869 del 2016; Cass. n. 13468 del 2015), a fronte della quale spetta poi al contribuente dimostrare la regolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate (Cass. n. 25257 del 2017). Una tale dimostrazione, peraltro, ben può essere fornita anche con ricorso ad elementi indiziari, purché provvisti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 33568 del 2022).
13.3. La CTR non ha fatto buon governo di questi principi, avendo trascurato di verificare, da un lato, il profilo della correlazione dei costi all’attività di impresa svolta dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e della loro afferenza a beni strumentali o attività produttive riconducibili alla stessa RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, di valutare tutti gli elementi e indici a disposizione: così si sono considerati quei costi come un mero ‘travaso’ di imponibile da una impresa all’altra, sebbene costituissero contropartita o remunerazione per l’utilizzo di beni strumentali della società, e ci si è limitati ad evidenziare la loro sproporzione rispetto ai ricavi conseguiti omettendo di vagliare ragioni e circostanze dell’operazione.
14. Il sesto motivo, che sarebbe comunque assorbito nel precedente, è inammissibile perché la censura ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. deve riguardare un fatto storico, principale o
secondario, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico- naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e ha carattere decisivo (Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017), senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base RAGIONE_SOCIALE prove acquisite nel corso del relativo giudizio ( ex multis , v. Cass. n. 10525 del 2022; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 5795 del 2017).
Il settimo è infondato perché non è necessaria l’allegazione della delega di firma all’avviso di accertamento ma solo in caso di contestazione specifica da parte del contribuente, in ordine ai requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell’avviso, incombe sull ‘A mministrazione l’onere di fornire la prova della sussistenza di tali requisiti in capo al sottoscrittore e dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale ( ex multis , Cass. n. 19190 del 2019); la doglianza, inoltre, è inammissibile, per difetto di specificità, laddove si afferma che la CTR non aveva esaminato la delega prodotta, in difetto di specifiche deduzioni sui vizi dell’atto che il giudice non avrebbe rilevato.
L’ottavo motivo è fondato. Da quanto trascritto per autosufficienza in ordine agli atti di causa risulta la proposizione, con specifico motivo di ricorso, della domanda di annullamento del rilievo di recupero a tassazione RAGIONE_SOCIALE quote di ammortamento relative a due motocicli, riproposta nelle controdeduzioni in appello.
Sul punto la CTR ha omesso di pronunciarsi, avendo motivato soltanto in ordine ai costi relativi all’operazione con la RAGIONE_SOCIALE e incorrendo così in omessa pronunzia ex art. 112 c.p.c.
L’accoglimento del ricorso, seppure nei limiti sopra precisati, assorbe il nono motivo con il quale si chiede di rideterminare le sanzioni alla luce della disciplina di cui al d.lgs. n. 158 del 2015, in quanto più favorevole, posto che la relativa questione dovrà essere valutata all’esito del giudizio di rinvio, essendo condizionata alla decisione sulla debenza dell’imposta.
Conclusivamente, accolti il quinto e l’ ottavo motivo, assorbito quello sulle sanzioni e rigettati gli altri, la sentenza deve essere cassata di conseguenza con rinvio al giudice del merito che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il quinto e ottavo motivo di ricorso, assorbito quello sulle sanzioni e rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 25/01/2024.