Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2750 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2750 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
Oggetto: Tributi –
Accertamento – Costi indeducibili – Difetto di inerenza
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 27268/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (cancellata dal registro delle imprese in data 7.03.2018), rappresentata e difesa da ll’ avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in calce al ricorso (PEC: EMAIL;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 2235/14/2018, depositata il 9.03.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTR della Campania rigettava l’ appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione avverso la sentenza della
CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla predetta contribuente avverso l’avviso di a ccertamento, emesso per imposte dirette e IVA , per l’anno 20 10, a seguito del recupero di costi non inerenti, sul presupposto che le imbarcazioni da diporto, detenute in leasing dalla società, non fossero utilizzate per l’attività dichiarata di noleggio; l’Ufficio, in particolare, aveva ritenuto sussistente la fattispecie di ‘contratti simulati in frode al fisco’, finalizzati a conseguire risparmi d’imposta e a dissimulare la reale proprietà e l’utilizzo personale dell’imbarcazione da diporto mod. Azimut 86 S., denominata ‘Mojito’, da parte di NOME COGNOME, ipotizzando, altresì, che l’imbarcazione modello Pershing 54, denominata ‘Allure’, non fosse mai stata utilizzata per l’attività di noleggio, sicchè i relativi costi erano privi del requisito di inerenza;
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che:
-dai plurimi elementi forniti dall’Ufficio ( quali, a titolo esemplificativo, i seguenti: i rapporti relativi all’acquisto dell’imbarcazione RAGIONE_SOCIALE erano stati condotti dallo Statuto al quale era stata indirizzata l’offerta e al quale era stata consegnata l’imbarcazione in comodato prima dell’acquisto; lo Statuto aveva consegnato alla società costruttrice RAGIONE_SOCIALE, a titolo di garanzia, l’assegno bancario tratto sul suo conto corrente; la società RAGIONE_SOCIALE era stata costituita poco dopo l’ordinazione dell’imbarcazione; le somme corrisposte a titolo di caparra erano solo formalmente riconducibili alla contribuente, atteso che la stessa aveva ricevuto, in prossimità delle date di pagamento, accrediti delle somme erogate da società riconducibili alla famiglia COGNOME; il pagamento dei canoni di locazione per l’acquisto in leasing dell’imbarcazione era garantito dai soci NOME COGNOME e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, mediante la sottoscrizione di una fideiussione; nella proposta di cessione del contratto di locazione
finanziaria a NOME COGNOME risultava che quest’ultimo era fideiussore dell’operazione di leasing e titolare della totalità delle quote della controllante RAGIONE_SOCIALE; il corrispettivo della vendita dell’imbarcazione RAGIONE_SOCIALE, decurtato della somma corrisposta per l’acquisto in permuta dell’imbarcazione RAGIONE_SOCIALE, veniva versato dalla contribuente alla RAGIONE_SOCIALE, a titolo di restituzione finanziamento soci) risultava che i costi di gestione delle imbarcazioni non erano riconducibili all’attività economica esercitata dalla società contribuente, bensì al loro utilizzo personale da parte di Ivan Statuto; – gli esborsi per le imbarcazioni, riconducibili alla sfera economica personale dello Statuto, non potevano essere giustificati dal suo ruolo di amministratore, in quanto esulavano dalla gestione della società, non essendo collegate ad alcuna concreta utilità economica della contribuente, sicchè il disconoscimento di detti costi era legittimo;
i costi sostenuti dalla società non erano inerenti, in quanto ricavi derivanti dalla vendita a terzi, nell’anno 2010, dell’imbarcazione RAGIONE_SOCIALE, non erano riconducibili all’attività economica della società, posto che l’imbarcazione era un bene personale dello Statuto o di altre persone a lui riconducibili, utilizzata per finalità personali, sicchè non sussisteva la necessaria interrelazione tra il costo e l’attività produttiva di ricavi;
la società contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
-l’Agenzia delle entrate si costituiva al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, la contribuente deduce , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione del principio generale del contraddittorio preventivo previsto dal diritto comunitario, così come elaborato dalla Corte di Giustizia europea e
codificato dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché la violazione del diritto al contraddittorio preventivo previsto anche dall’art. 37 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione agli accertamenti antielusivi ed applicabile in via analogica a tutti gli accertamenti basati sul principio generale dell’abuso del diritto ; lamenta la mancata attivazione del contraddittorio preventivo che era obbligatorio, visto che l’accertamento si era basato sulla ritenuta natura abusiva dell’utilizzo dello strumento societario (cd. società senza impresa o di comodo) e riguardava anche l’IVA ; in subordine, deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., non essendosi la CTR pronunciata in ordine al motivo di appello riguardante la mancata attivazione del contraddittorio preventivo;
il motivo è infondato;
– sebbene la CTR abbia omesso di pronunciarsi sul motivo di appello riguardante l’omessa attivazione del contraddittorio preventivo, va premesso che, secondo l’indirizzo ormai costante di questa Corte, ‘Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto’ ( ex plurimis , Cass. 28.06.2017, n. 16171);
ciò posto, dalla sentenza impugnata si evince che la fattispecie contestata non riguarda il fenomeno dell’abuso del diritto o della elusione fiscale, essendosi l’Agenzia limitata ad accertare la mancata inerenza dei costi relativi alla gestione di alcune imbarcazioni da diporto; né la contribuente ha riportato il contenuto dell’avviso di accertamento, da cui sia possibile evincere la contestazione dell’abuso del diritto;
i giudici di merito hanno accertato, infatti, che il bene intestato alla contribuente non era destinato alla sua attività commerciale, ma all’utilizzato e al godimento personale del socio e dei suoi familiari, descrivendo una situazione di interposizione soggettiva (‘Gli elementi dinanzi evidenziati e più ampiamente riportati nel pvc inducono a ritenere che l’imbarcazione sia un bene personale dello Statuto o di persone ad egli riconducibili ‘);
-escluso l’obbligo per l’Ufficio di attivare il contraddittorio preventivo per la fattispecie relativa all’abuso del diritto, non essendo il recupero fondato su un comportamento elusivo, va ribadito che nei casi in cui non vi è stato accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale esclusivamente per i tributi “armonizzati”, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto impositivo, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cass. Sez. U, n. 24823 del 9.12.2015);
-secondo la giurisprudenza unionale, peraltro, il positivo superamento della c.d. prova di resistenza avviene, quando il contribuente illustra come e in che termini, il procedimento amministrativo, nel caso in cui il diritto di difesa fosse stato rispettato, sarebbe potuto giungere a un risultato diverso (CGUE, 3
luglio 2014, Kamino, C-129/13 e C-130/13, punti 78 e 79; CGUE, SC C.F. cit., punto 35);
nella specie, il contribuente non ha illustrato, come era suo onere, per quanto riguarda la ripresa ai fini IVA, circostanze specifiche e ulteriori rispetto a quelle già esposte, che avrebbero rappresentato la cd. prova di resistenza;
-con il secondo motivo, denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 19-bis1, lett. b), del d.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA, laddove la sentenza impugnata ha ritenuto che l’attività economica svolta dalla società non avesse i requisiti per essere considerata attività commerciale ai fini IVA e che l’imbarcazione da diporto della società non potesse essere considerata strumentale, con la conseguenza che i relativi costi dovevano considerarsi non inerenti, per il solo fatto che: il socio e amministratore aveva finanziato la società e l’attività di noleggio era stata eseguita anche (ma non solo) a favore di una società riconducibile al medesimo socio persona fisica e/o ai suoi familiari, senza considerare che vi era stata la regolare corresponsione del corrispettivo a condizioni normali di mercato e, quindi, non sussistevano le condizioni di cui all’art. 4, comma 5, lett. a), del d.P.R. n. 633 del 1972, in base al quale si può negare la qualifica di ente commerciale a chi esercita la gestione di imbarcazioni da diporto; lamenta, inoltre, la mancata rilevanza giuridica attribuita dalla CTR ai ricavi conseguiti dalla società contribuente nell’anno 2010 a seguito della vendita della imbarcazione RAGIONE_SOCIALE a terzi, per oltre euro 1.400.000,00 di imponibile, oltre IVA, regolarmente versata, e la mancata considerazione dell’esito del procedimento penale, conclusosi con un provvedimento di archiviazione;
il motivo è inammissibile, perché, attraverso il paradigma della violazione di legge si tenta in realtà di rimettere in discussione la valutazione in fatto, che compete al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità;
il motivo è anche inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi della sentenza che ha escluso l’inerenza dei costi all’attività della società, avendo accertato, sia pure attraverso presunzioni, la destinazione e l’utilizzo della imbarcazione a favore del socio e dei suoi familiari;
la decisione è comunque in linea con la più recente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’inerenza si ricava dalla nozione di reddito d’impresa – e non dall’art. 75, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 (ora art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R., riguardante il diverso principio dell’indeducibilità dei costi relativi a ricavi esenti (ferma l’inerenza) cioè della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili -ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (Cass. n. 450 del 2018; Cass. n. 22938 del 2018; Cass. n. 29404 del 2019; Cass. n. 30366 del 2019; Cass. n. 26911 del 2022; Cass. n. 4365 del 2023);
-anche in tema di IVA, ai fini della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti, è stato affermato che «il diritto alla detrazione dell’imposta non sorge per il solo fatto dell’avvenuto pagamento dell’imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi, altresì,
l’inerenza dell’operazione all’impresa» (Cass. n. 8919 del 2020; Cass.
n. 7740 del 2021; Cass. n. 15616 del 2020);
in conclusione, il ricorso va rigettato;
-nulla sulle spese nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, non avendo la stessa svolto difese.
La Corte rigetta il ricorso;
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 23 ottobre 2024