Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12227 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12227 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
Oggetto: Tributi
Iva -2011
Detrazione- Presupposti-
Inerenza
–
rapporti
contro
llante- controllata
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 18599 del ruolo generale dell’anno 202 0, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato allegato al ricorso dall’Avv.to NOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio legale dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente-
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 6531/13/2019, depositata in data 11 novembre 2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1.Dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa si evince che, previo p.v.c. della Guardia di Finanza di Catania, l’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di produzione di olii e grassi di animali grezzi o raffinati, un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione, per il 2011, l’Iva detratta in relazione a fattura (n. 114 del 2011) emessa da RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili, ritenuto costo non inerente all’attività di impresa della società contribuente.
2.Avverso il suddetto avviso, la società proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania che, con sentenza 12427/09/2018, lo rigettava.
Avverso la sentenza di primo grado, la società contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia che, con sentenza n. 6531/13/2019, depositata in data 11 novembre 2019, lo rigettava.
Avverso la sentenza di appello, la società contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.
Resiste con controricorso l ‘Agenzia delle entrate .
In data 14 marzo 2025, la contribuente ha depositato memoria contenente istanza di rinvio della causa per avviare con l’Agenzia un tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 48, comma 4bis, del d.lgs. n. 546/92.
CONSIDERATO CHE
In primo luogo, va rigettata l’istanza contenuta nella memoria , depositata da parte ricorrente in data 14 marzo 2025, di rinvio della causa per avviare con l’Agenzia un tentativo di conciliazione fuori udienza, ai sensi dell’art. 48, comma 4bis, del d.lgs. n. 546/92.
1.1. In forza dell’ art. 1 del d.lgs. n. 220/2023 ( in vigore dal 4.1.2024) al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sono apportate le seguenti modificazioni:
nell’articolo 48: 1) al comma 2 le parole «la commissione pronuncia» sono sostituite dalle seguenti: «la corte di giustizia tributaria pronuncia» e le parole «la commissione dichiara» sono sostituite dalle seguenti: «la corte dichiara»; 2) dopo il comma 4 è inserito il seguente: «4-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche alle controversie pendenti davanti alla Corte di Cassazione. ».
1.2. Per l’applicazione dell’art. 48 cit., come modificato dal D. Legislativo n. 220 del 30/12/2023 , l’art. 4 d el detto decreto dispone che « 2. Le disposizioni del presente decreto si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024, fatta eccezione per quelle di cui all’articolo 1, comma 1, lettere d), e), f), i), n), o), p), q), s), t), u), v), z), aa), bb), cc) e dd) che si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto .»
1.3. Pertanto, a seguito all’entrata in vigore del D .lgs. n. 220/2023 la conciliazione fuori udienza (art. 48) può essere avviata per i giudizi instaurati in Cassazione dal 5 gennaio 2024, il che non è nel caso di specie, essendo stato il ricorso per cassazione notificato via pec all’Agenzia in data 7 luglio 2020 .
1.4.Quanto alla dedotta applicabilità dell’art. 48, comma 4bis, cit. anche ai ricorsi in Cassazione instaurati prima del 5 gennaio 2024, trattasi di una modifica in fieri , essendo come dedotto in memoria dalla stessa ricorrente ‘ il comma 3 dell’articolo 11 del D.Lgs. correttivo del D.Lgs. 220/2023, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 13.03.2025 in corso di promulgazione ‘.
2. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 2909 c.c. per non avere la CTR esteso al giudizio in esame gli effetti del giudicato sostanzialerilevabile anche d’ufficio – formatosi sul capo autonomo della sentenza della CTP di Catania n. 142/2018, depositata in data 8.1.2018, relativa al ricorso R.G. n. 4736/2016, proposto avverso l’avviso di accertamento, riferito all’annualità 2012, afferente il recupero Iva in relazione ad altre fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto della medesima centrale di cogenerazione. In particolare, come evidenziato dalla ricorrente: 1) la questione afferiva la detraibilità dell’Iva relativamente ad un’unica operazione di investimento relativa ad un impianto di cogenerazione il cui pagamento era stato distribuito nell’arco degli anni 2011 -2013; 2) l’Agenzia non aveva mai contestato la fraudolenza e/o l’inesistenza dell’operazione; 3 ) la CTP di Catania, nella sentenza 142/2018, preso atto della intervenuta proposta di conciliazione dell’Ufficio del 21.6.2017 , aveva escluso la detraibilità dell’Iva in relazione al costo sostenuto nel 2012, afferente l’acquisto dell’impianto di cogenerazione avendo l’Agenzia effettuato delle ‘ quantificazioni arbitrarie ‘ facendo riferimento alle norme sull’inerenza del TUIR anziché a quelle del d.P.R. n. 633/72; 2) ne ll’atto di appello avverso la sentenza n. 142/2018 , l’Ufficio aveva dichiarato espressamente di aderire alla conciliazione richiamata contestando la decisione soltanto con riferimento alla quantificazione delle sanzioni irrogate ex art. 6, comma 6 del d.lgs. n. 471/1997; 3) sul capo della sentenza n. 142/2018 relativa alla detraibilità dell’Iva, stante l’acquiescenza dell’Ufficio, si era formato il giudicato interno, suscettibile di essere rispettato, con valenza di giudicato esterno, anche al di fuori del giudizio nel quale si era formato, incidendo su elementi rilevanti per più periodi di imposta e cioè in relazione ad elementi costitutivi della fattispecie a carattere duraturo; 4) erano insussistenti elementi
di incompatibilità con riferimento al diritto comunitario che ne avrebbero imposto la disapplicazione da parte del giudice nazionale non trattandosi di un’operazione fraudolenta e/o inesistente; 5) risultava l’unicità oggettiva dell’operazione che si rifletteva sul rapporto giuridico dedotto in entrambi i giudizi avuto riguardo all’unitarietà del petitum e della causa petendi .
2.1.Il primo motivo è infondato.
2.2.E’ opportuno premettere che in sede di legittimità l’esistenza e la portata del giudicato esterno possono costituire oggetto di accertamento diretto, con cognizione piena ed estesa al riesame degli atti del processo ed alla valutazione ed interpretazione degli atti processuali, trattandosi di un dato assimilabile agli elementi normativi del fatto, il cui riscontro, da effettuarsi alla stregua dell’esegesi delle norme giuridiche, e non già degli atti e dei negozi giuridici, è sindacabile da questa Corte per violazione di legge, indipendentemente dalla motivazione della sentenza impugnata (cfr. Cass., Sez. II, 12/ 06/2018, n. 15339; Cass., Sez. III, 29/11/2018, n. 30838; Cass., Sez. I, 5/ 10/2009, n. 21200).
2.3.Va ricordato che, in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata; né il diritto dell’Unione europea, così come costantemente interpretato dalla Corte di Giustizia, impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne da cui deriva l’autorità di cosa giudicata di una decisione, con riguardo al medesimo tributo, in relazione ad un diverso periodo di imposta, nemmeno quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione, salvo le ipotesi, assolutamente eccezionali, di discriminazione tra situazioni di diritto comunitario e situazioni di diritto interno, ovvero di pratica impossibilità o eccessiva difficoltà di esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario
ovvero di contrasto con una decisione definitiva della Commissione europea emessa prima della formazione del giudicato (Cass., sez. 5, Sentenza n. 5939 del 04/03/2021).
2.4.Questa Corte ha, altresì, precisato che il giudicato esterno opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione, presupponendo che soggetti, petitum e causa petendi siano comuni alla causa anteriore e a quella successivamente intrapresa. Per converso, la mera identità delle questioni giuridiche o di fatti da esaminare non crea alcun vincolo a carico del giudice investito del secondo giudizio -non applicandosi la regola dello ” stare decisis ” -ma è al più suscettibile di venire in considerazione ai fini della condivisione delle argomentazioni svolte nella precedente sentenza, nella misura in cui le stesse appaiano pertinenti anche alla fattispecie oggetto del nuovo giudizio e risultino dotate di efficacia persuasiva tale da giustificare l’adesione ad esse (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 211 del 04/01/2024).
2.5.Posto quanto sopra, nella specie, va esclusa la configurabilità di un giudicato esterno con riferimento al capo della sentenza n. 142/2018 della CTP di Catania con il quale, tra le stesse parti, era stata ritenuta legittima la detraibilità dell’Iva effettuata da RAGIONE_SOCIALE in relazione a due fatture emesse nel 2012 da RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto del medesimo impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili (‘ le determinazioni sull’Iva vanno escluse perché l’Agenzia delle entrate esegue delle quantificazioni arbitrarie senza una precisa norma applicando le norme sull’inerenza previste dal TUIR DPR 917/86 e non dal DPR 633/72 ‘). Invero, diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, secondo cui, nel l’atto di appello , proposto avverso la sentenza n. 142/2018, l’Ufficio avrebbe p restato acquiescenza – con formazione di giudicato interno in ordine alla asserita detraibilità dell’Iva, impugnando la decisione soltanto con riferimento alla sanzione irrogata ex art. 6, comma 6, del d.lgs. n. 471/97 , dallo stralcio dell’atto di appello riprodotto in controricorso (pagg. 4-5), si evince che l’Ufficio ha puntualizzato che ‘ l’appellata società aveva comunque indebitamente detratto nell’anno 2012 l’Iva non
inerente per euro 257.250,00 in violazione dell’art. 19 e segg. del d.PR n. 633/72 ‘ concludendo per la riforma della sentenza di primo grado, ‘ confermando le imposte per euro 20.262,00, la ripresa Iva annullata dal primo giudice; le sanzioni su tutte le violazioni contestate, dunque anche ai fini Iva escludendo la riduzione del 40%’ ; con ciò intendendo chiaramente contestare la statuizione del giudice di primo grado in ordine alla detraibilità dell’Iva. Da qui la mancata configurabilità sul detto capo della sentenza n. 142/2018 di un giudicato interno e, tantomeno di un giudicato sostanziale, con valenza esterna, estensibile al giudizio in esame.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. , la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. avendo la CTR omesso di pronunciare sulla richiesta -contenuta nell’atto di appello (RG 560/2019)- di estensione al giudizio degli effetti della sentenza della CTP di Catania n. 142/2018 relativa al ricorso R.G. n. 4736/2016 essendosi formato sul capo relativo alla asserita detraibilità dell’Iva versata, per il 2012, da RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto dell’impianto di cogenerazione , un giudicato interno per effetto dell’acquiescenza sulla questione dell’Agenzia nel relativo atto di appello.
3.1. L’infondatezza del primo motivo stante la non configurabilità, nella specie, di un assunto giudicato esterno estensibile al giudizio in oggetto, rende inutile la trattazione del secondo comportandone l’assorbimento.
4 . Con il terzo motivo si denuncia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 1, comma 2, e 36, comma 2, del d.lgs. n. 546/92, 132, comma 2, n. 4 e 112 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. per avere la CTR rigettato l’appello di RAGIONE_SOCIALE con una motivazione apparente, non esplicitando le ragioni sottese alla decisione. In particolare, la CTR aveva ritenuto genericamente non fornita la prova dell’inerenza del costo dell’impianto di cogenerazion e senza spiegare per quali motivi: 1) l’ impiego in via esclusiva – convenzionalmente previsto – per la produzione di energia elettrica degli oli e grassi animali della contribuente non potesse essere sufficiente per ritenere sussistente la strumentalità tra l’acquisto del macchinario
e l’attività dell’impresa; 2) l’utilizzo dell’impianto dalla RAGIONE_SOCIALE fosse funzionale soltanto a quest’ultima e il trasferimento dello stesso avvenuto negli anni successivi in capo a quest’ultima denotasse la mancanza di inerenza del costo medesimo; 3) la documentazione contenuta nel p.v.c. non fosse idonea a comprovare l’inerenza del detto costo; 4) l’acquiescenza palesata dall’Agenzia al capo relativo alla asserita detraibilità dell’Iva contenuto nella sentenza n. 142/2018 non giustificasse l’estensione al giudizio in esame del formatosi giudicato sostanziale; inoltre, ad avviso della ricorrente, la CTR non aveva spiegato per quali ragioni, alla luce della neutralità dell’imposta e dei principi comunitari, dovesse essere negata la detraibilità dell’Iva esposta nella fattura regolarmente pagata derivante da un’operazione della quale non era mai stata contestata l’esistenza.
4.1.Il motivo è infondato.
4.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (così Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; Cass. n. 29124/2021); nella sentenza impugnata, la CTR – confermando la decisione di primo grado -ha ritenuto che la società contribuente non aveva fornito alcuna prova della inerenza dei costi so stenuti per l’acquisto dell’impianto per la produzione dell’energia elettrica (centrale di cogenerazione); in particolare dall’assunto della stessa, risultava che detti macchinari sarebbero stati utilizzati da altra società controllata (RAGIONE_SOCIALE a socio unico) appositamente costituita la quale si sarebbe impegnata ad utilizzare per la produzione di energia elettrica i prodotti della società contribuente controllante; pertanto, era evidente che l’acquisto dei macchinari in quest ione fosse funzionale all’attività produttiva della controllata
e non della RAGIONE_SOCIALE con conseguente non inerenza dei relativi costi. La motivazione è pertanto conforme al ‘minimo costituzionale’ di cui all’art. 111, sesto comma, Cost. (cfr. Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053, nonché, ex multis: Cass., 07/04/2021, n. 9288; Cass., 30/06/2020, n. 13248 Sez. 5, Ordinanza n. 15889 del 2024). Né il giudice del merito deve dare conto di ogni allegazione, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti non espressamente esaminati (Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. 6-1, 17 maggio 2013, n. 12123).
5 . Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 7 del d.lgs. n. 546/92, per avere la CTR ritenuto che la contribuente non avesse fornito la prova dell’inerenza del costo per l’acquisto dell’impianto di cogenerazione senza valutare il p.v.c. (prodotto in primo grado) e la sentenza della CTP di Catania n. 142/2018 avente ad oggetto identica questione per il 2012 (prodotta in grado di appello) quali documenti probatori acquisiti a giudizio. In particolare, dal p.v.c. poteva evincersi tutta la documentazione fornita dalla società ai verificatori riguardante l’operazione ( il contratto di acquisto stipulato tra RAGIONE_SOCIALE per la fornitura e la messa in opera dell’impianto di cogenerazione; la fattura n. 114 emessa da RAGIONE_SOCIALE; le fatture successive; la costituzione della nuova società RAGIONE_SOCIALE a socio unico, partecipata al 100% dalla contribuente, con l’accordo che , ottenute le autorizzazioni e avviata la funzionalità dell’impianto , RAGIONE_SOCIALE avrebbe acquistato l’impianto; il contratto di comodato per la cessione del terreno sul quale insisteva l’impianto con l’accordo all’art. 2 che l’impianto sarebbe stato alimentato esclusivamente da merce di produzione di RAGIONE_SOCIALE; il finanziamento bancario richiesto da RAGIONE_SOCIALE; le autorizzazioni ottenute da RAGIONE_SOCIALE; l’inizio dell’attività da parte di RAGIONE_SOCIALE ) e anche la perizia tecnica redatt a dall’ing. COGNOME nella quale erano stati illustrati tutti i
passaggi relativi alla realizzazione dell’investimento nonché la correlazione tra l’investimento e il rendimento futuro dell’impresa.
6 .Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633/72 in combinato con gli artt. 167 e 168 della Direttiva 2006/112/CE per avere la CTR rigettato l’appello della contribuente sebbene l’operazione sottesa al pagamento dell’Iva portata in detrazione fosse assolutamente esistente e non fraudolenta, strumentale e funzionale all’attività di impresa ed eseguita nel rispetto della neutralità, circolarità e ribaltabilità del tributo fino al completo azzeramento dell’Iva detratta mediante la contabilizzazione di quella relativa alla vendita dell’impianto alla RAGIONE_SOCIALE In particolare, ad avviso della ricorrente, l’investimento relativo all’acquisto dell’impianto di cogenerazione doveva considerarsi strumentale all’attività di impresa in considerazione del fatto che l’acquisto dei macchinari era stato fatto per aumentare la produzione d i oli e grassi animali generati dalla RAGIONE_SOCIALE e forniti, in via esclusiva, con vincolo contrattuale, alla RAGIONE_SOCIALE al fine di alimentare il predetto impianto. Pertanto, l a CTR avrebbe erroneamente negato la detraibilità dell’Iva sebbene fosse innegabile che la realizzazione dell’impianto era direttamente collegata all’attività di impresa di RAGIONE_SOCIALE, anche in presenza del successivo trasferimento dell’impianto alla RAGIONE_SOCIALE, quale società partecipata al 100% dalla contribuente, in quanto gli utili della stessa aumentavano il fatturato della stessa RAGIONE_SOCIALE.
7 . Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del d.P.R. n. 917/1986 per avere la CTR ritenuto che la contribuente non aveva fornito alcuna prova dell’inerenza dei costi per l’acquisto dell’impianto di cogenerazione di energia elettrica da rivendere all’Ene l sebbene – per quanto la produzione di energia elettrica con fonti alternative non rientrava nell’oggetto sociale – la produzione di oli e di grassi animali utilizzati in via esclusiva per alimentare il predetto impianto costituisse l’attività primaria della società, per cui l’inerenza del costo, in una prospettiva
dinamica e sostanzialistica, doveva ritenersi provata stante la correlazione tra la spesa e l’attività di impresa in senso ampio, oltre i confini dell’oggetto sociale, e dunque, indipendentemente dal fatto che l’impianto servisse a generare energia elettrica da rivendere all’Enel (attività questa svolta dalla RAGIONE_SOCIALE) ; l’utilizzo, concordato in via esclusiva, degli oli e grassi animali di RAGIONE_SOCIALE per alimentare il predetto impianto rendeva l’investimento funzionale all’attività di impresa pur in presenza del successivo trasferimento dell’impianto alla RAGIONE_SOCIALE quale società partecipata al 100% dalla contribuente.
8.I motivi quarto, quinto e sesto -da analizzare congiuntamente per connessione- sono, in parte, inammissibili, in parte, infondati.
8.1.Questa Corte ha chiarito che: ‘ In tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 75, comma 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (Sez. 5, Ordinanza n. 450 del 11/01/2018;Sez. 5, Ordinanza n. 29404 del 13/1 1/2019 ). Peraltro, l’onere di provare e documentare l’imponibile maturato e dunque l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto d’impresa, grava sul contribuente’ (Cass. Sez. 5 Sentenza n. 30366 del 21/11/2019,Cass. 18/08/2022, n. 24880). In tema di IVA, ai fini della detrazione di un costo, la prova dell’inerenza del medesimo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza,
incombe sul contribuente in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato (Cass., Sez. 5, Sent. n. 18904 del 17/07/2018). E’ giurisprudenza di questa Corte secondo cui ‘ In tema di IVA, ai fini della detrazione dei costi, non è sufficiente l’avvenuta contabilizzazione degli stessi, dovendo il contribuente dimostrarne, nell’ipotesi di contestazione dell’Amministrazione finanziaria, anche l’esistenza, l’inerenza e la coerenza economica’ (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22940 del 26/09/2018).
8.2. Pertanto, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la nozione di inerenza esprime la concreta riferibilità dei costi sostenuti all’attività d’impresa -anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura -quale esito di una valutazione qualitativa, e non quantitativa, degli stessi (Cass. n. 30366/2019; Cass. n. 450/2018; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 16190 del 2024). Si è anche precisato che la verifica della «inerenza» del costo all’esercizio dell’attività economica risponde esclusivamente a criteri di valutazione di tipo oggettivo (natura dell’attività in concreto svolta desumibile anche dal nome della ditta; destinazione dei beni acquistati al reimpiego nell’attività commerciale) (Sez. 5, Sentenza n. 7268 del 2024).
8.3.In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. La doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è poi ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce
ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre , ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020). Peraltro, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c., bensì un errore di valutazione dei fatti, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e, dunque, nei limiti consentiti dall’art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940);
8.4.Nella specie – a fronte della contestazione del l’Ufficio d i indetraibilità dell’Iva relativa ad una fattura (n.114 del 2011) emessa da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili stante il rilevato difetto di inerenza del detto costo all’attività pacificamente svolta dalla contribuente di produzione di olii e grassi animali grezzi o raffinati, essendo emersa, a seguito di indagini della G.d.F, la gestione dell’impianto di cogen erazione ad opera di altra società (RAGIONE_SOCIALE, costituita e controllata al 100% da RAGIONE_SOCIALE) alla quale era stato concesso in comodato gratuito il terreno su cui insistevano i macchinari e alla quale era stato, nel 2012, trasferito il contratto con RAGIONE_SOCIALE; il che, in mancanza di atti o contratti scritti che regolassero i rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE relativamente alla gestione dell’impianto, aveva indotto l’Ufficio a
ritenere di essere in presenza di un comportamento simulato cui era, in realtà, sotteso un finanziamento tra socio e società, v. p.v.c. e avviso allegati al ricorso -la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel confermare la indetraibilità dell’Iva relativa al costo sostenuto per l’acquisto della centrale di cogenerazione atteso che la società non aveva fornito alcuna prova della inerenza del detto costo, risultando dall’assunto della stessa che ‘ detti macchinari sarebbero stati utilizzati da altra società (controllata) appositamente costituita la quale si sarebbe impegnata ad utilizzare per la produzione di energia elettrica il prodotti della controllante (RAGIONE_SOCIALE ‘ dal che derivava che ‘ i macchinari erano funzionali all’attività produttiva della controllata e non della RAGIONE_SOCIALE con la conseguenza che emergeva chiaramente non la inerenza dei relativi costi ‘. In particolare -a fronte della incontestata documentazione acquisita dai verificatori in sede di indagine (contratto stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per la fornitura e messa in opera di un impianto di cogenerazione per la produzione di energia elettrica; fattura n. 114 emessa nel 2011 da RAGIONE_SOCIALE; fatture relative agli anni successivi; costituzione di una nuova società, RAGIONE_SOCIALE a socio unico, partecipata al 100% da RAGIONE_SOCIALE; contratto di comodato gratuito del terreno su cui insisteva l’impianto con l’accordo espresso, all’art. 2, che l’impianto sarebbe stato alimentato esclusivamente da oli e grassi anim ali prodotti dalla contribuente; il finanziamento bancario richiesto per pagare l’impianto da RAGIONE_SOCIALE; verbale di collaudo dell’impianto; le autorizzazioni ottenute da RAGIONE_SOCIALE; l’inizio dell’attività da parte di RAGIONE_SOCIALE ; subingresso nel 2012 di RAGIONE_SOCIALE nel contratto di fornitura con RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE, v. pag. 26 del ricorso e p.v.c. della GdF ad esso allegato), la CTR ha escluso la riferibilità del costo sostenuto da RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto del l’impianto all’esercizio dell’attività imprenditoriale della stessa (di produzione di olii e grassi di animali grezzi o raffinati) trattandosi di macchinari necessari alla produzione di energia elettrica, utilizzati da altra società RAGIONE_SOCIALE (controllata), e, pertanto, funzionali all’attività produttiva della controllata e non di RAGIONE_SOCIALE. Invero, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il fatto dell’utilizzo per l’alimentazione dell’impianto , in via esclusiva,
per impegno contrattuale, da parte di RAGIONE_SOCIALE degli olii e dei grassi di animali prodotti da RAGIONE_SOCIALE, non costituiva -come correttamente ritenuto dalla CTR un elemento sufficiente a comprovare l’inerenza del costo sostenuto (la cui produzione di oli e grassi animali sarebbe aumentata a seguito del funzionamento dell’impianto) considerato che , alla luce dei principi sopra richiamati, il concetto di inerenza esprime ‘la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa’
(Sez. 5, Ordinanza n. 450 del 11/01/2018;Sez. 5, Ordinanza n. 29404 del 13/1 1/2019 ), potendo configurar e l’aumento della produzione degli oli e grassi di animali un risultato eventuale, non rilevante ai fini della valutazione della strumentalità del costo da rapportarsi esclusivamente- anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futuraall’attività di impresa concretamente esercitata dalla contribuente che, nel caso di specie, si esauriva pacificamente nella produzione di oli e grassi di animali. Né, peraltro, viene contestata dalla contribuente (v. pag. 24 del ricorso) la rilevata mancanza di un accordo scritto relativo alla gestione o affidamento dell’impianto da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE (come da p.v.c. allegato al ricorso) che potesse giustificare, in termini di strumentalità all’attività di impresa, l’acquisto del detto impianto da parte della contribuente. Ogni altra argomentazione tende, nella sostanza, a riformulare, inammissibilmente, apprezzamenti di fatto del giudice di appello in merito alla asserita mancata prova da parte della contribuente della inerenza del detto costo all’attività di impresa concretamente esercitata . Peraltro, il rigetto del primo motivo di ricorso- per le ragioni sopra evidenziate – rende irrilevante la dedotta (con il quarto motivo di ricorso) mancata valutazione da parte della CTR della sentenza della CTP di Catania n. 142/2018, della quale era stata richiesta in appello l’estensione al giudizio in esame quale giudicato sostanziale esterno relativamente al capo sulla asserita detraibilità dell’Iva .
9.In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato.
10.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.300,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 26 marzo 2025