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Inerenza costi pubblicitari: la prova è a carico di chi li deduce

Una società cooperativa si vede negare la deducibilità dei costi per la sponsorizzazione di un’auto da rally. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, sottolineando che l’onere di dimostrare l’inerenza dei costi pubblicitari spetta esclusivamente al contribuente. La mancanza di un contratto formale e di una chiara giustificazione della spesa si sono rivelate decisive per la decisione, confermando la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Inerenza Costi Pubblicitari: La Prova della Deducibilità è Sempre a Carico dell’Impresa

L’inerenza dei costi pubblicitari è un principio cardine del diritto tributario, ma la sua applicazione pratica può generare complesse controversie tra imprese e Amministrazione Finanziaria. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce un concetto fondamentale: non basta sostenere un costo per poterlo dedurre; è necessario dimostrarne in modo inequivocabile il collegamento con l’attività aziendale. Analizziamo questa decisione per capire quali lezioni pratiche possono trarne le imprese per evitare contenziosi.

I Fatti del Caso: Una Sponsorizzazione nel Mirino del Fisco

Una società cooperativa operante nel settore dell’elettronica aveva dedotto un costo di 25.000 euro, più IVA, per la sponsorizzazione di un’autovettura sportiva che partecipava a competizioni di rally. L’auto esponeva il marchio dell’azienda. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo, contestava la deducibilità di tale costo, emettendo un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2003.

Il percorso giudiziario vedeva inizialmente la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) dare ragione all’azienda. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale (CTR), in appello, ribaltava la decisione, accogliendo le ragioni del Fisco. Secondo la CTR, l’azienda non aveva fornito prove sufficienti a sostegno dell’inerenza della spesa, evidenziando diverse criticità: l’assenza di un contratto di sponsorizzazione scritto, incongruenze sulle date degli eventi sportivi e dubbi sulla reale terzietà del fornitore del servizio, dato che l’equipaggio dell’auto risultava legato alla stessa società sponsor.

Le Tesi dell’Azienda e i Motivi del Ricorso in Cassazione

L’azienda ricorreva in Cassazione affidandosi a tre motivi principali:

1. Violazione di legge: Sosteneva che i costi pubblicitari sono per loro natura inerenti all’attività d’impresa, in quanto mirano a promuoverne l’immagine e i prodotti.
2. Omesso esame di un fatto decisivo: Lamentava che i giudici d’appello non avessero considerato la congruità della spesa (appena 25.000 euro) rispetto a un fatturato di oltre 11 milioni di euro.
3. Errata valutazione delle prove: Contestava l’interpretazione data dalla CTR agli elementi probatori, come uno scambio di lettere che, a suo dire, costituiva un contratto, e l’identificazione dei membri dell’equipaggio.

Le Motivazioni della Suprema Corte: L’Onere della Prova sull’Inerenza dei Costi Pubblicitari

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sul principio di inerenza dei costi pubblicitari. La Corte ha stabilito che non è sufficiente affermare in astratto che una spesa promozionale sia utile all’impresa; il contribuente ha l’onere specifico di dimostrare, in concreto, come quel costo sia stato effettivamente e direttamente finalizzato alla produzione di reddito.

Nel dettaglio, i giudici hanno smontato i motivi del ricorso:

* Sul primo motivo, la Corte ha chiarito che la CTR non aveva negato il principio generale della deducibilità dei costi pubblicitari, ma aveva basato la sua decisione sulla mancanza di prove concrete nel caso specifico. L’azienda non era riuscita a superare le obiezioni fattuali sollevate: assenza di un contratto formale, discrepanze sulle date e, soprattutto, il fatto che la prestazione di sponsorizzazione sembrava essere stata fornita dalla società a se stessa, rendendo ingiustificato il pagamento a un soggetto terzo.
* Sul secondo motivo, è stato ribadito che la congruità o l’esiguità di un costo non ne dimostrano automaticamente l’inerenza. Un importo, anche se minimo, deve essere giustificato nella sua finalità. L’argomento della spesa “irrisoria” non è sufficiente a legittimare la detrazione dell’IVA se mancano i presupposti sostanziali.
* Sul terzo motivo, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza: l’azienda faceva riferimento a documenti senza trascriverli né localizzarli adeguatamente. Inoltre, il motivo si risolveva in una richiesta di riesame dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza è un monito per tutte le imprese. Per garantire la deducibilità dei costi di sponsorizzazione e pubblicità, non basta la convinzione che siano utili. È indispensabile adottare un approccio rigoroso e documentato. Le lezioni da trarre sono chiare:

1. Formalizzare sempre gli accordi: Stipulare contratti di sponsorizzazione scritti, dettagliati e chiari, che specifichino le prestazioni, i corrispettivi e le finalità.
2. Conservare documentazione idonea: Raccogliere e conservare tutte le prove che dimostrino l’effettività della prestazione (foto, rassegne stampa, report sull’impatto della campagna).
3. Essere pronti a dimostrare l’inerenza: L’onere della prova è sempre a carico del contribuente. L’azienda deve essere in grado di spiegare e documentare in modo convincente il nesso tra la spesa sostenuta e l’incremento atteso o effettivo dei ricavi o della notorietà del marchio.

Perché i costi di sponsorizzazione non sono stati considerati deducibili in questo caso?
Perché l’azienda non ha fornito prove adeguate a dimostrare la loro ‘inerenza’, cioè il collegamento diretto con l’attività d’impresa. Mancavano un contratto scritto formale, la prestazione appariva riconducibile alla stessa società contribuente piuttosto che a un fornitore terzo, e sono state riscontrate incongruenze fattuali.

È sufficiente che un costo pubblicitario sia di modesto importo rispetto al fatturato per renderlo deducibile?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che l’esiguità della spesa non è di per sé sufficiente a giustificarne la deducibilità. L’elemento cruciale rimane la dimostrazione concreta della sua inerenza all’attività aziendale, a prescindere dall’importo.

Su chi ricade l’onere di provare che un costo è inerente all’attività d’impresa?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente. È l’impresa che sostiene il costo a dover dimostrare all’Amministrazione Finanziaria, con prove concrete e idonee, che quella spesa è stata sostenuta con la finalità di produrre reddito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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