Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14507 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14507 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’a vv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente
–
contro
, ;
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato – controricorrente –
Avverso la sentenza n. 247/2019 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia pronunciata il 19 dicembre 2018 e depositata il 17 gennaio 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Con apposito avviso l’Agenzia accertava a carico del contribuente maggior reddito derivante da disconoscimento dell’inerenza di costi per € 7.912 da deduzione di costi non documentati e non inerenti per acquisto beni., il tutto con ripresa ai fini IRPEF e IRAP, oltre sanzioni e IVA, il tutto relativamente all’anno d’imposta 2010.
Notifica, inerenza
La CTP accoglieva il ricorso limitatamente all’IVA, e la CTR confermava la decisione di primo grado.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L ‘Agenzia ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo motivo si deduce violazione degli artt. 29, comma 1, d.l. n. 78/2010 e 14, comma 1, l. n. 890/1982, prospettando l’erroneità della decisione impugnata laddove i giudici di secondo grado hanno ritenuto che l’amministrazione potesse notificare gli atti a mezzo posta, nonché la sanatoria per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ.
In particolare, si sostiene che la modalità di notifica c.d. ‘diretta’ sarebbe prevista solo per atti di mera riscossione, posto che per gli atti c.d. ‘impo -esattivi’ (l’avviso in parola conteneva l’avvertimento per cui dopo sessanta giorni lo stesso sarebbe divenuto esecutivo e la riscossione affidata al relativo Agente) la notifica dovrebbe essere effettuata tramite messi notificatori ai sensi dell’art. 60, d.P.R. n. 600/1973.
1.1. Il motivo è infondato.
L’art. 29, comma 1, lett. a) e b), d.l. n. 78 del 2010, prevede che: «Le attività di riscossione relative agli atti indicati nella seguente lettera a) emessi a partire dal 1° ottobre 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, sono potenziate mediante le seguenti disposizioni: a) l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni, devono contenere anche l’intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, ovvero, in caso di tempestiva proposizione del ricorso ed a titolo provvisorio, degli
importi stabiliti dall’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. L’intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da notificare al contribuente, anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento, in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto ed ai connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 8, comma 3-bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, dell’articolo 48, comma 3-bis, e dell’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e dell’articolo 19 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nonché in caso di definitività dell’atto di accertamento impugnato. In tali ultimi casi il versamento delle somme dovute deve avvenire entro sessanta giorni dal ricevimento della raccomandata; la sanzione amministrativa prevista dall’ articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applica nei casi di omesso, carente o tardivo versamento delle somme dovute, nei termini di cui ai periodi precedenti, sulla base degli atti ivi indicati; b) gli atti di cui alla lettera a) divengono esecutivi decorso il termine utile per la proposizione del ricorso e devono espressamente recare l’avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata, con le modalità determinate con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato. L’esecuzione forzata è sospesa per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti di cui alla lettera a); tale sospensione non si applica con riferimento alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme
ordinarie a tutela del creditore. La predetta sospensione non opera in caso di accertamenti definitivi, anche in seguito a giudicato, nonché in caso di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione. L’agente della riscossione, con raccomandata semplice o posta elettronica, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione.».
La norma appena richiamata non comporta alcuna deroga alla regola generale prevista nell’art. 14 della legge 20/11/1982, n. 890, così come precisato da questa Corte con l’ordinanza (tra le altre) n. 27634 del 2020.
L’art. 14 legge n. 890 del 1982 prevede, infatti, che: «La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve avvenire con l’impiego di plico sigillato e può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari, nonché, ove ciò risulti impossibile, a cura degli ufficiali giudiziari, dei messi comunali ovvero dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria, secondo le modalità previste dalla presente legge. Sono fatti salvi i disposti di cui agli articoli 26, 45 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 e 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché le altre modalità di notifica previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta.»
Tale disposizione non perde il valore di regola generale relativa alla notificazione degli atti al contribuente neppure in relazione al richiamo interno («sono fatti salvi») all’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973.
Non è, infatti, riscontrabile alcun rapporto di sussidiarietà dell’art. 14 l. n. 890 del 1982 rispetto all’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, nella misura in cui il legislatore con quest’ultima norma aggiunge ulteriori modalità di notificazione dell’avviso di accertamento, senza escludere, tuttavia, il possibile ricorso alla (regola generale della)
notificazione diretta a mezzo posta (cfr. anche Cass. n. 29642/2019 e Cass. n. 21972/2024).
Pertanto, va ribadito che «l’art. 29, comma 1, lett. a), seconda parte, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, non fa altro che attribuire all’amministrazione finanziaria la facoltà di effettuare la notificazione degli atti «in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento», emanati successivamente a questo, «anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento», senza in alcun modo incidere sulle modalità di notificazione degli avvisi di accertamento, vietandone la notificazione diretta a mezzo posta» (Cass. n. 27634/2020, cit.).
La notifica, che nella specie avvenne a mezzo posta ‘direttamente’ e dunque a mente dell’art. 14 della l. n. 890/1982, era pienamente valida.
2.Col secondo mezzo si deduce violazione degli artt. 24, l. n. 4/1929, 12, l. n. 212/2000, e 41, della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, avendo -ad avviso del contribuente ricorrente – errato la CTR nel ritenere il contraddittorio preventivo in caso di accertamento documentale (c.d. ‘a tavolino’) non necessario con riferimento agli atti di imposizione diretta.
2.1. Premesso che l’IVA non forma più oggetto della controversia, e fermo restando che una forma d’interlocuzione venne instaurata a mezzo della somministrazione di un questionario cui il contribuente rispose fornendo la documentazione dallo stesso ritenuta utile, è pacifico che ‘ in tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche alla diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale “vis expansiva” dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede
dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente. stato nella specie effettuato a seguito delle risposte fornite dal contribuente al questionario inviatogli’ ( v., ex plurimis , Cass. n. 24793/2020).
Inoltre, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, non può essere interpretato nel senso che la consegna della documentazione contabile spontaneamente effettuata dal contribuente presso gli uffici dove viene eseguita la verifica possa essere equiparata a quella compiuta presso la sede della società e successivamente proseguita, ai sensi del comma 3 di detta disposizione, negli uffici dell’amministrazione (cfr. Cass. n. 6219/2018).
3 Col terzo motivo si deduce omessa pronuncia ‘con riferimento all’inerenza e deducibilità delle spese di locazione di oggetti d’arte’. 3.1. Il corpo del motivo si dilunga in considerazioni che lo stesso ricorrente ritiene esulanti dalla censura, dal momento che a pag. 33, in modo coerente con la rubrica, chiarisce ancora una volta come proprio con riferimento alle spese di locazione di oggetti d’arte d’arredamento dell’ufficio ‘risiede il motivo di impugnazione per omesso esame’.
Tuttavia, proprio dalle seguenti pagine in cui si articola il motivo, non si evince alcun fatto storico che sia stato trascurato, ma soltanto la proposizione di questioni giuridiche circa la disciplina fiscale delle spese per locazione di beni d’arte in riferimento all’attività svolta dal contribuente, ed in particolare la loro non riconducibilità fra le spese di rappresentanza di cui all’art. 54, comma 5, TUIR, trascurando però che la CTR, dopo aver premesso che l’onere probatorio grava sul contribuente quando contesti la (non) inerenza del costo, ha ritenuto che non potesse ritenersi ‘ipso facto’ l’inerenza all’attività di commercialista ‘l’acquisto…di sculture e altri oggetti d’arte di arredo di antiquariato’, neppure sotto il profilo dell’ammortamento trattandosi appunto di beni che col tempo incrementano, e non riducono, il loro valore.
In definitiva il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo -a carico dello stesso ricorrente – di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dei compensi del presente giudizio, liquidati in € 4.300,00 , oltre spese prenotate a debito.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali, a carico del ricorrente, per l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2025