Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3747 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3747 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
Oggetto: IVA -costi -inerenza -compatibilità prestazione con attività statutaria -falsa applicazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27666/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL) e dall’Avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL),
elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME sito in Roma INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza n. 357/2/2018 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana depositata il 19.2.2018, non notificata. camerale del 12 dicembre
Udita la relazione svolta nell’adunanza 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale della Toscana rigettava l’appello proposto da ll’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lucca n. 205/3/2015 con la quale era stato accolto il ricorso introduttivo proposto da RAGIONE_SOCIALE contro l’avviso di accertamento IVA che aveva negato la detrazione dell’imposta per il periodo di imposta 2010.
La ripresa, si legge nella sentenza impugnata, riguardava i costi relativi ad un’operazione di costruzione di un fabbricato ad uso artigianale in Camaiore (LU) che, a seguito di una verifica da parte dell’ Agenzia, erano stati considerati non inerenti all’attività di impresa esercitata dalla contribuente. Pertanto, era stata disconosciuta la detrazione dell’IVA esposta nelle fatture relative ai lavori.
Si legge anche che la sentenza di primo grado accoglieva il ricorso introduttivo in quanto lo statuto della società e l’attività d’impresa esercitata ricomprendevano la costruzione di immobili e ciò rendeva legittima la detrazione dell’imposta.
Il giudice d’appello preliminarmente rilevava che, come affermato dalla pronunzia di primo grado, l’attività di costruzione di immobili era pacificamente prevista nello statuto societario e non poteva che essere giudicata parte dell’attività di impresa.
Riteneva inoltre priva di pregio la contestazione dell’Agenzia secondo la quale l’unica attività svolta dalla società nel periodo di imposta fosse quella relativa alla costruzione del capannone. La mancanza di altre attività e la produzione di una perdita dovuta alla mancata vendita del bene non potevano giustificare il rifiuto di procedere alla detrazione dell’IVA.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia , affidato ad un unico motivo cui replica la contribuente con controricorso che illustra con memoria ex art.380 bis.1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Con un unico motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 633/72, nonché dell’art. 2697 cod. civ. da parte della sentenza impugnata, che non tiene conto dei presupposti oggettivi prescritti dall ‘ art. 19, comma 1, cit. ai fini del legittimo esercizio del diritto alla detrazione IVA, i quali costituiscono oggetto di uno specifico onere probatorio a carico del soggetto titolare del medesimo diritto che, nel caso in esame, non è stato assolto e anzi il giudice d’appello ha nella sostanza rovesciato in capo all’Amministrazione, in violazione dell ‘ art. 2697 cod. civ.
Il motivo è fondato. Innanzitutto, il Collegio osserva che non è in termini il precedente invocato da ultimo dalla società con la memoria illustrativa. Infatti, con l’ordinanza n.39684/2021 resa inter partes la Corte si è pronunciata unicamente su una censura che colpiva la decisione di appello per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice che l’assenza di operazioni attive non escludesse l’esercizio di attività imprenditoriale, con riguardo all’edificazione del fabbricato destinato alla vendita a terzi, e non impedisse la detraibilità dei costi
inerenti. A differenza di quel caso, nel presente ricorso l’Agenzia contesta l’inerenza dei costi e deduce che è stato falsamente applicato dal giudice il canone di riparto dell’onere della prova a riguardo.
2.1. Al proposito la Corte rammenta che in tema di imposte sui redditi delle società (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24880 del 18/08/2022), la deducibilità di costi ed oneri, come pure la detraibilità della relativa IVA (v. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14858 del 07/06/2018; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18904 del 17/07/2018), richiedono l’inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale. Sono così esclusi quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità – anche solo potenziale ed indiretta – secondo valutazione qualitativa e non quantitativa. La relativa prova, in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé.
Orbene, la motivazione della sentenza non compie uno specifico accertamento circa l’inerenza dei costi sostenuti in concreto dalla società per i lavori. La circostanza è stata contestata dall’Amministrazione sin dall’atto impositivo impugnato e la CTR si limita a fare riferimento alla compatibilità dei lavori edilizi cui i costi si riferiscono con lo statuto societario, ossia resta sul piano della valutazione astratta senza calarsi in un accertamento concreto rispettoso del contenuto probatorio di cui al principio di diritto che precede. Ai fini della corretta applicazione delle previsioni di legge oggetto del motivo è necessario accertare l’esistenza e la natura del costo, i con-
nessi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa. La decisione impugnata si colloca pertanto al di fuori dei canoni giurisprudenziali richiamati e si risolve in una falsa applicazione dell’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 633/72, e in una violazione dell’art. 2697 cod. civ.
La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di Giustizia di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12.12.2024