Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15642 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15642 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
Oggetto: II.DD.
– IVA –
inerenza costi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10996/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME domiciliata presso l’indi rizzo pec: EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 3802/23/2021, depositata il 20.10.2021 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 26 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3802/23/2021 depositata il 20.10.2021 veniva rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bergamo n. 459/2/2019, la quale aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’a vviso di accertamento per II.DD. e IVA relative al l’anno di imposta 2013 notificatale dall’Agenzia delle Entrate.
Disattese le questioni preliminari, veniva così confermato l’ avviso con cui l’Amministrazione finanziaria disconosceva la deducibilità di costi relativi ad un consulente tecnico sulla base di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi degli artt. 61 e ss. d.lgs. n.276/2003.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente deducendo due motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 32 del d.P.R. n.600/1973, in combinato disposto con l’art.12 della l. n.212 del 2000 e con l’art.111 Cost. ai fini del contraddittorio procedimentale, per non essere nel caso applicabile l’art.32 cit. bensì l’art.12, comma 7, cit. e per la sussistenza nella fattispecie dei presupposti per l’obbligo del contraddittorio.
Il motivo è inammissibile.
Il motivo è aspecifico in quanto non si confronta realmente con il pertinente capo della decisione della sentenza d’appello, pure riportata a pag.17 del ricorso, in cui il giudice ha accertato che è intervenuto il contraddittorio: si legge a pag. 3 della sentenza impugnata che «il 6 dicembre 2018 nell’instaurato contraddittorio la società depositava unicamente (…) ». A fronte di ciò, la ricorrente non impugna specificamente l’ accertamento giudiziale della circostanza, limitandosi a disquisire circa l’applicabilità dell’art.32 cit. in luogo dell’art.12 dello Statuto del contribuente, derivandone l’inammissibilità della censura.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt.109 del d.P.R. n.917 del 1986 in combinato disposto con l’art.21 del d.P.R. n.633 del 1972 con riferimento al profilo probatorio che consente di individuare sul piano qualitativo i costi deducibili.
La censura è inammissibile.
4.1. Va rammentato per la Corte di cassazione (Cass. Sez. 5, sentenza n. 18904 del 17/07/2018 e giurisprudenza ivi citata) ha da tempo chiarito che, in tema di IVA, il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo.
Inoltre, con riferimento alle imposte sui redditi delle società, l’interpretazione condivisa dal Collegio è nel senso che la deducibilità di costi ed oneri richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità – anche solo potenziale ed indiretta – secondo valutazione qualitativa e non quantitativa. La relativa prova (cfr. ad
es. Cass. Sez.5, sentenza n. 24880 del 18/08/2022), in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé.
4.2. L’Amministrazione finanziaria, nel negare l’inerenza di un costo per mancanza, insufficienza od inadeguatezza degli elementi dedotti dal contribuente ovvero a fronte di circostanze di fatto tali da inficiarne la validità o la rilevanza, può perciò contestare l’incongruità e l’antieconomicità della spesa, che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomatici della carenza di inerenza, pur non identificandosi in essa; in tal caso è onere del contribuente dimostrare la regolarità delle operazioni in relazione allo svolgimento dell’attività d’impresa ed alle scelte imprenditoriali.
4.3. Nel caso in esame, la doglianza ripropone argomentazioni con riferimento al profilo qualitativo del costo ai fini dell’inerenza, ma non si confronta con la ratio decidendi espressa dal giudice sulla questione, che consiste innanzitutto e principalmente nell’aver escluso la certezza del costo avendo accertato la «descrizione generica» in fattura della prestazione (cfr. p.4 sentenza), ossia la mancanza dell’ «indicazione completa ed esaustiva circa la natura dei beni e servizi acquistati» ( ibidem ).
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccom-
5 . In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato. benza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 5.000 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26.3.2025