Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1670 Anno 2024
Oggetto:Tributi
Iva 2004
Indetraibilità -operazioni oggettivamente inesistenti
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1670 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 8105 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO COGNOME, elettivamente domiciliato
presso l’indirizzo di posta elettronica (PEC) del difensore EMAIL
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata n. 102/01/2020, depositata in data 13 ottobre 2020, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 novembre 2023 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
-con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, l’Ufficio di Potenza rettificò la dichiarazione IVA di NOME COGNOME, titolare di azienda agricola, per l’anno 2004, disconoscendo la detrazione dell’IVA esposta nella fattura passiva n. 253 del 3.09.2004 con riferimento ad operazione di vendita di un macchinario agricolo assistita da privilegio ex legge n. 1329 del 1965, che l’Amministrazione finanziaria riteneva essere soggettivamente ed oggettivamente inesistente; in proposito, il contribuente aveva dapprima venduto un macchinario agricolo usato a RAGIONE_SOCIALE, per l’importo di euro 57.600,00, come da fattura attiva n. 3 del 3.9.2004; detto macchinario era stato poi ceduto a RAGIONE_SOCIALE e quindi nuovamente rivenduto al COGNOME, per lo stesso prezzo (ma con riconoscimento del privilegio di cui alla legge n. 1329/1965, c.d. legge Sabatini), come da fattura contestata;
-avverso il suddetto avviso il contribuente aveva proposto ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Potenza deducendo trattarsi di un’operazione effettiva di sale and sale back in assenza dei presupposti di evasione Iva; il giudice di primo grado, con sentenza 308/03/2010, aveva rigettato il ricorso, pronuncia confermata dalla Commissione tributaria regionale della Basilicata n. 46/01/2013;
– avverso la sentenza di appello il contribuente aveva proposto ricorso per cassazione che, con sentenza n. 9810/2017, aveva accolto il primo motivo con cui si denunciava la motivazione apparente con cassazione e rinvio al giudice di merito;
riassunto il giudizio a cura di COGNOME, la CTR della Basilicata, con la sentenza n. 102/1/2020, depositata il 13 ottobre 2020, aveva accolto l’appello avverso la sentenza di primo grado annullando l’avviso in questione;
in punto di diritto la CTR ha osservato che – pur prestandosi la complessa vicenda intercorsa tra il contribuente, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE ad una valutazione di fittizietà in considerazione del fatto che il bene oggetto di trasferimento era usato e non nuovo come invece avrebbe dovuto essere per ottenere i benefici della legge 1329/1965- andava fatta applicazione del principio affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza 712/2019, essendo emerso dall’esame della documentazione che ‘le operazioni incriminate si erano autoannullate tra di loro ‘ non generando alcun credito/debito Iva nel periodo di imposta 2004 e non comportando quindi il rischio di un minore gettito fiscale;
-avverso la suddetta sentenza, l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso affidato a un motivo;
il contribuente resiste con controricorso;
CONSIDERATO CHE
-con l’unico motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21, comma 7, del d.P.R. n. 633/72 per avere la CTR, richiamando la pronuncia della Corte di giustizia dell’8.5.2019 n. 712, ritenuto che- pur prestandosi la complessa vicenda intercorsa tra il contribuente, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE ad una valutazione di fittizietà in considerazione del fatto che il bene oggetto di trasferimento era usato e non nuovo come, invece, avrebbe dovuto essere per ottenere i benefici della legge 1329/1965-‘ le operazioni incriminate si erano autoannullate tra di loro’ non generando alcun credito/debito nel periodo di imposta 2004 e non comportando il rischio di un minore gettito fiscale; in particolare, ad avviso della ricorrente – posto che il richiamo alla sentenza della Corte di giustizia era inconferente essendo la stessa riferita ad una fattispecie peculiare di operazioni svolte all’interno di un gruppo, in cui l’imposta relativa alle operazioni inesistenti era stata regolarmente assolta- in presenza di una falsità ideologica della fattura
n. 253 del 3.9.2004 di (ri)vendita del bene la quale, pur riguardando un bene usato attestava una vendita secondo le prescrizioni della legge n. 1329 del 1965 (Legge Sabatini) con cambiali garantite dal privilegio, non si realizzavano i presupposti del diritto alla detrazione di cui all’art. 19 del d.P.R. n. 633/72 atteso che la norma consentiva la detrazione Iva soltanto per operazioni vere e reali;
-il motivo è fondato;
– la vicenda per cui è causa origina da una singolare operazione trilatera, per cui il COGNOME vendette alla RAGIONE_SOCIALE un macchinario agricolo come da fattura di vendita n. 3 del 3.9.2004, macchinario pressoché contestualmente rivenduto a RAGIONE_SOCIALE, che a sua volta lo rivendette al medesimo COGNOME, per lo stesso prezzo iniziale, come da fattura n. 253 del 3.9.2004, con pagamento a data successiva al completamento RAGIONE_SOCIALE procedure richieste dalla legge Sabatini (ossia, dopo l’apposizione dei sigilli), giacché tale ultima vendita era stata effettuata col riconoscimento del relativo privilegio speciale mobiliare. Sulla scorta di tali incontroversi dati fattuali l’RAGIONE_SOCIALE evidenzia che, stante l’assenza di un elemento essenziale e caratteristico per la concessione del privilegio in questione, ossia il carattere nuovo del bene, e stante l’indubitabile natura di bene usato rivestita dal bene riacquistato dal COGNOME, la fattura collegata ad una cessione assistita dalle agevolazioni della c.d. legge Sabatini dovesse considerarsi ideologicamente non vera e quindi relativa ad un’operazione oggettivamente inesistente, con conseguente indetraibilità dell’IVA ad essa afferente. Tale iter argomentativo si richiama correttamente ad un costante orientamento di questa Corte secondo il quale la detraibilità dell’IVA relativa a fatture documentanti operazioni passive consegue non alla mera regolarità formale documentale dell’operazione, ma anche alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di detraibilità previste dall’art. 19 d.P.R. n. 633/1972. In effetti, è stato ripetutamente affermato che ” la disposizione di cui all’art. 21, co. 7, del d.P.R. 633/1972 – secondo la quale, se vengono emesse fatture per operazioni inesistenti, l’imposta stessa è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura – va interpretata nel senso che il corrispondente tributo viene, in realtà, ad essere considerato “fuori conto”, e la relativa obbligazione, conseguentemente, “isolata” da quella risultante dalla
massa di operazioni effettuate, ed estraniata, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione tra IVA “a valle” ed IVA “a monte”, che presiede alla detrazione d’imposta di cui all’art. 19 d.P.R. cit. E ciò anche in considerazione del fatto che l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti costituisce, da sempre, una condotta penalmente sanzionata come delitto (cfr. Cass. 7289/01; 4247/07)” (Cass. n. 23551/2014; si veda anche Cass. n. 17774/2018; Cass. n. 1565/2014; Cass. n. 7289/2001). In altri termini, in presenza di operazioni inesistenti, non si realizzano i presupposti del diritto alla detrazione di cui all’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 633/1972. Infatti, la previsione del menzionato art. 21, comma 7, se, per un verso, incide direttamente sul soggetto emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta, pur in assenza del suo ordinario presupposto, sulla base del solo principio di cartolarità, per altro verso, incide, sia pure indirettamente, anche sul destinatario della fattura, confermandone, in combinato disposto con gli artt. 19, comma 1, e 26, comma 3, la preclusione ad esercitare il diritto alla detrazione o alla variazione dell’imposta, in assenza del relativo presupposto (Cass. n. 22882/2006). Ebbene, è agevole cogliere la ratio dell’indetraibilità dell’IVA, in caso di operazioni inesistenti, nella considerazione che il diritto dell’acquirente alla detrazione dell’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore, quando si tratti di acquisto effettuato nell’esercizio dell’impresa, è soggetto ad una duplice condizione. La prima è che l’acquirente del bene rivesta la qualità di imprenditore; la seconda, è che sia ravvisabile l’inerenza del bene acquistato all’attività imprenditoriale, ossia la strumentalità del bene stesso a tale attività; requisito che viene meno ogni volta che l’Amministrazione finanziaria lo contesti anche sulla base di mere presunzioni semplici, nella specie, individuate nel carattere simulato del complesso meccanismo negoziale culminato nel riacquisto da parte del COGNOME, tratto dalla intrinseca non veridicità dell’individuazione di un carattere essenziale del bene che ne costituiva oggetto; sicché, in presenza di elementi sintomatici di deviazione verso finalità ulteriori e diverse, e tali da rompere il detto nesso di inerenza, il relativo onere probatorio circa la reale effettività del contratto e della sua inerenza all’attività d’impresa, in forza degli ordinari criteri in tema di onere della prova (art. 2697 c.c.), deve ritenersi ribaltato sull’interessato (Cass. n.
3518/2006; Cass. n. 16730/2007; Cass. n. 2362/2013; Cass. n. 27718/2013; Cass. sez. 5, n. 17728/2021 in analoga vicenda tra le medesime parti).
A tali principi non si è attenuto il giudice di appello che ha annullato l’avviso ritenendo che ‘ pur prestandosi la complessa vicenda intercorsa tra il contribuente, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE ad una valutazione di fittizietà in considerazione del fatto che il bene oggetto di trasferimento era usato e non nuovo come, invece, avrebbe dovuto essere per ottenere i benefici della legge 1329/1965 ‘, ‘le operazioni incriminate si erano autoannullate tra di loro’ non generando alcun credito/d ebito nel periodo di imposta 2004; con ciò facendo applicazione del l’inconferente principio affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza dell’8.5.2019, causa C-712/17, secondo cui ‘ in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui vendite fittizie di energia elettrica effettuate in modo circolare tra gli stessi operatori e per gli stessi importi non hanno causato perdite di gettito fiscale, la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, letta alla luce dei principi di neutralità e di proporzionalità, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che esclude la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa a operazioni fittizie, imponendo al contempo ai soggetti che indicano l’IVA in una fattura di assolvere tale imposta, anche per un’operazione inesistente, purché il diritto nazionale consenta di rettificare il debito d’imposta risultante da tale obbligo qualora l’emittente della fattura, che non era in buona fede, abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdite di gettito fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare ‘; invero, la situazione peculiare oggetto del procedimento principale afferiva a vendite fittizie di energia elettrica allo stesso prezzo tra le RAGIONE_SOCIALE del medesimo gruppo in maniera circolare. In particolare, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rettificando, per il 20092010, le dichiarazioni Iva dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE di produzione e distribuzione di energia elettrica, inserita in questo meccanismo circolare di vendita dei medesimi quantitativi di energia agli stessi prezzi, tra RAGIONE_SOCIALE appartenenti al medesimo gruppoaveva disconosciuto la detrazione dell’IVA relativa ad operazioni di acquisto di energia elettrica considerate fittizie. Il
giudice del rinvio aveva richiesto in sostanza se, in una situazione come quella di cui trattavasi al procedimento principale, in cui vendite fittizie di energia elettrica effettuate in modo circolare tra gli stessi operatori e per gli stessi importi non avevano causato perdite di gettito fiscale, la direttiva IVA dovesse essere interpretata nel senso che essa ostava a una normativa nazionale che esclude la detrazione dell’IVA relativa a operazioni fittizie, imponendo al contempo ai soggetti che indicano l’IVA in una fattura di assolvere ta le imposta, anche per un’operazione inesistente. Nella detta pronuncia si rileva che, nella fattispecie, dalle spiegazioni fornite alla Corte dal giudice del rinvio emergeva che l’RAGIONE_SOCIALE aveva consapevolmente emesso fatture non corrispondenti ad alcuna operazione reale. In tali circostanze, tale RAGIONE_SOCIALE non poteva avvalersi della sua buona fede. Per contro, sempre secondo il giudice del rinvio, le vendite fittizie di energia elettrica tra le RAGIONE_SOCIALE interessate non avevano dato origine ad alcuna perdita di gettito fiscale. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 47 RAGIONE_SOCIALE sue conclusioni, ciò derivava dal fatto che le RAGIONE_SOCIALE coinvolte avevano regolarmente assolto l’IVA gravante sulle loro vendite di energia elettrica e che, avendo poi riacquistato gli stessi quantitativi di energia elettrica al medesimo prezzo, avevano detratto un importo IVA identico a quello che avevano assolto (par.34). La Corte ha quindi precisato che la direttiva IVA, letta alla luce dei principi di neutralità e di proporzionalità, impone agli Stati membri di consentire all’emittente di una fattura relativa a un’operazione inesistente di richiedere il rimborso dell’imposta, indicata su tale fattura, che egli ha dovuto assolvere, qualora abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdite di gettito fiscale (par. 35). E’ evidente come in tale pronuncia sia stata affrontata la questione della compatibilità con il diritto dell’Unione degli artt. 19, comma 1, e 21 del DPR n. 633/1972 – che prevedono in capo al cessionario l’indetraibilità dell’Iva relativa alle operazioni di acquisto inesistenti e in capo al cedente/fornitore l’obbligo di versare l’Iva risultante dalle fatture emesse per le corrispondenti e speculari operazioni di vendita ritenute ugualmente inesistentiin una fattispecie peculiare concernente operazioni svolte all’interno del gruppo, in cui l’imposta relativa alle operazioni inesistenti era stata regolarmente assolta;
-in conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione.
P.Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 24 novembre 2023