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Indennità supplementare tassabile: la Cassazione decide

Un ex dirigente, dopo un licenziamento illegittimo, ha ricevuto un’indennità supplementare prevista dal CCNL di categoria. Sostenendo che si trattasse di un risarcimento per danno non patrimoniale e quindi esentasse, ha chiesto il rimborso delle imposte trattenute. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19302/2024, ha stabilito che l’indennità supplementare è tassabile. La Corte ha chiarito che tale somma ha natura reddituale, in quanto mira a risarcire la perdita del posto di lavoro e del relativo reddito (lucro cessante), e non un danno emergente di natura non reddituale. La sua fonte convenzionale e la sua quantificazione predeterminata ne confermano l’assoggettabilità a IRPEF.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Indennità supplementare tassabile: la Cassazione chiarisce il regime fiscale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande interesse per dirigenti e aziende: il regime fiscale delle somme corrisposte a seguito di licenziamento ingiustificato. La questione centrale riguarda se l’indennità supplementare tassabile, prevista da specifici contratti collettivi, debba essere considerata un reddito e quindi soggetta a IRPEF, oppure un risarcimento per danno non patrimoniale e, di conseguenza, esente da imposte. La Suprema Corte ha confermato il suo orientamento consolidato, ribadendo la natura reddituale di tale indennità.

I Fatti del Caso: Dal Licenziamento alla Richiesta di Rimborso

La vicenda trae origine dal licenziamento di un dirigente di un’importante società di navigazione. Il giudice del lavoro, accertata l’illegittimità del licenziamento, ha condannato l’azienda a versare al lavoratore una cospicua somma a titolo di risarcimento del danno, come previsto dall’art. 19 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di categoria. L’ex datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, ha applicato sulla somma una ritenuta d’acconto ai fini IRPEF.

Tuttavia, il dirigente riteneva che tale somma non dovesse essere tassata, poiché a suo dire rappresentava una compensazione per il pregiudizio subito alla sua immagine e reputazione, configurandosi quindi come un danno emergente e non come un reddito. Di conseguenza, ha presentato un’istanza di rimborso all’Amministrazione Finanziaria che, non avendo ricevuto risposta, ha dato origine a un contenzioso tributario.

L’Iter Giudiziario: Un Percorso a Ostacoli

Il percorso giudiziario è stato lungo e complesso. Inizialmente, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente, qualificando l’indennità come risarcimento per “danno biologico” e reputando illegittimo il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate.

L’Amministrazione Finanziaria, però, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, la quale, in una prima pronuncia, ha cassato la sentenza d’appello con rinvio, criticando la motivazione dei giudici di merito come insufficiente e illogica. Nel successivo giudizio di rinvio, la Commissione Tributaria Regionale, uniformandosi alle indicazioni della Suprema Corte, ha cambiato orientamento, stabilendo che l’indennità, avendo fonte nel CCNL e natura pattizia, non compensava alcun danno emergente e doveva quindi essere assoggettata a normale imposizione. Contro questa seconda decisione, il dirigente ha proposto un nuovo ricorso per cassazione.

La questione cruciale: L’indennità supplementare tassabile è reddito?

Il nucleo della controversia ruota attorno alla distinzione tra lucro cessante e danno emergente. Le somme che sostituiscono un reddito mancato (lucro cessante) sono tassabili, mentre quelle che ristorano una perdita patrimoniale non legata a un reddito (danno emergente) sono esenti. Il ricorrente sosteneva che l’indennità compensasse un danno alla sua persona, mentre l’Agenzia delle Entrate la considerava una sostituzione del reddito perso a causa del licenziamento.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando la piena tassabilità dell’indennità. I giudici hanno ribadito un principio ormai consolidato: l’indennità supplementare prevista dall’art. 19 del CCNL per i dirigenti, corrisposta in caso di licenziamento ingiustificato, è soggetta a IRPEF.

La sua funzione, spiega la Corte, è duplice: da un lato, sanzionare la condotta illegittima del datore di lavoro e, dall’altro, risarcire il dirigente per la perdita del posto di lavoro e del reddito che ne sarebbe derivato. Si tratta, quindi, di una misura con una chiara matrice convenzionale, la cui obbligatorietà sorge dalla risoluzione ingiustificata del rapporto.

La Corte ha sottolineato che a tale indennità è estranea qualsiasi valutazione di un danno emergente di natura diversa da quella reddituale (come il danno all’immagine, alla salute o alla reputazione). Pertanto, essa va a sostituire il reddito perduto e, come tale, rientra a pieno titolo tra i redditi di lavoro dipendente assoggettabili a tassazione.

Le conclusioni

La pronuncia in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. Stabilisce in modo inequivocabile che l’indennità supplementare tassabile erogata ai dirigenti per licenziamento ingiustificato, in base alle previsioni del CCNL, ha natura reddituale. Questa decisione fornisce certezza giuridica sia ai lavoratori, che devono essere consapevoli del regime fiscale delle somme percepite, sia ai datori di lavoro, che agiscono come sostituti d’imposta. Per ottenere l’esenzione fiscale, il lavoratore dovrebbe dimostrare che le somme ricevute ristorano specificamente un danno di natura non reddituale, distinto e ulteriore rispetto alla mera perdita del rapporto di lavoro.

L’indennità supplementare prevista dal CCNL dirigenti per licenziamento ingiustificato è soggetta a tassazione IRPEF?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che tale indennità è assoggettata a IRPEF. La sua funzione è quella di risarcire il lavoratore per la perdita del reddito subita a causa del licenziamento, configurandosi quindi come un reddito da lavoro dipendente.

Qual è la natura giuridica dell’indennità supplementare secondo la Corte di Cassazione?
Secondo la Corte, l’indennità ha una natura convenzionale (pattizia), trovando la sua fonte nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Essa costituisce una misura volta a sanzionare il datore di lavoro e a risarcire il dirigente per la perdita del posto di lavoro, qualificandosi come lucro cessante e non come danno emergente.

Perché la Corte ha escluso che tale indennità risarcisca un danno emergente come il danno all’immagine o biologico?
La Corte ha escluso tale natura perché l’indennità è liquidata in misura predeterminata dal CCNL in diretta conseguenza della risoluzione ingiustificata del rapporto di lavoro. Ad essa è estranea la valutazione di uno specifico danno emergente di natura non reddituale, che dovrebbe essere provato in modo distinto e separato dalla perdita del reddito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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