Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25524 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25524 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
COLANTONIO NOME;
-intimato – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA NAPOLI sez. stacc. SALERNO n. 7026/04/2015 depositata il 15/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
NOME in data 23/04/2012 proponeva alla RAGIONE_SOCIALE istanza con la quale chiedeva la restituzione RAGIONE_SOCIALE imposte trattenute nel periodo 2008-2011 a titolo di Irpef, addizionale comunale e regionale, sulla quota di indennità per inabilità temporanea al lavoro a lui erogata dalla ex RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, in quanto ritenuta esente in ragione del R.D.L. 23/09/1937,
IRPEF, DINIEGO
DI RIMBORSO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 03750/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente – contro
1918 e successive modifiche. L’Amministrazione rimaneva inerte e, in sostanza, rifiutava il rimborso.
NOME impugnava il silenzio – rifiuto innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Salerno e, a fondamento dell’istanza di rimborso, invocava l’art. 24 del citato R.D.L. 1918/1937 che esentava dalla imposizione diretta l’indennità per inabilità temporanea assoluta al lavoro. L’RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio chiedendo dichiararsi la illegittimità della pretesa restitutoria e affermando che la disposizione invocata dal ricorrente era stata abrogata con l’intero R.D.L. 1918/1937 e, in ogni caso, superata dall’art. 6, comma 2, t.u.i.r. e dalla nuova disciplina sulle esenzioni dettata dal d.P.R. 29/09/1973, n. 601.
La CTP di Salerno, ritenuta la fondatezza della prospettazione dell’Ufficio, respingeva il ricorso, e con esso l’istanza di rimborso, con la sentenza n. 726/06/13.
NOME proponeva appello innanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania, sez. stacc. di Salerno. L’Ufficio si costituiva con controdeduzioni chiedendo la conferma della sentenza impugnata. La CTR adita accoglieva l’appello e, di conseguenza, affermava il diritto del contribuente al rimborso, con la sentenza n. 7026/04/2015 depositata il 15/07/2015.
Avverso la pronuncia della CTR della Campania, sez. stacc. di Salerno, l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. NOME ha ricevuto rituale notifica del ricorso ma non si è costituito ed è rimasto intimato.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 18/09/2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione di legge, art. 24 R.D.L. 1918/1937, art. 42 d.P.R. 29/09/1973, n. 601 nonché degli artt. 6 e 48, d.P.R. 22/12/1986, n. 917 (t.u.i.r.) in relazione all’articolo 360, primo
comma, n. 3, cod. proc. civ.. Secondo l’Amministrazione ricorrente la sentenza avrebbe errato nel ritenere ancora vigente la norma invocata a fondamento dell’esenzione e, cioè l’art. 24 R.D.L. 1918/1937.
2. Il motivo è fondato. La motivazione della sentenza assume che il d.P.R. 601/1973, recante «disciplina RAGIONE_SOCIALE agevolazioni tributarie» non avrebbe espressamente né tacitamente abrogato l’originaria norma di esenzione della indennità per inabilità assoluta al lavoro percepita dal contribuente e tanto perché la normativa sopravvenuta avrebbe carattere generale e sarebbe inidonea ad abrogare la disciplina speciale di esenzione dettata dal R.D.L: 1918/1937, secondo i principi dettati dall’art. 15 RAGIONE_SOCIALE preleggi. Per questa via la sentenza viola principi più volte affermati da questa Corte nell’interpretare la medesima successione di testi normativi; si consideri, in tal senso che in «in materia d’imposte sui redditi, essendo venuta meno, con l’abrogazione dell’imposta sulla ricchezza mobile, l’esenzione prevista dall’art. 24, comma 2, del r.d.l. n. 1918 del 1937, l’indennità per inabilità temporanea assoluta al lavoro corrisposta alla gente di mare dall’ente previdenziale è soggetta a tassazione, poiché la stessa è strettamente ed indissolubilmente collegata al rapporto di lavoro e, come tale, necessariamente sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986» (Cass. 14/09/2016, n. ). Ed ancora: «in materia di imposte sui redditi, non spetta l’esenzione prevista dall’art. 24, secondo comma, del r.d.l. 23 settembre 1937, n. 1918, convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 1938, n. 831, per le indennità corrisposte alla gente di mare dall’ente previdenziale a titolo di inabilità temporanea assoluta al lavoro con riferimento all’imposta di ricchezza mobile, poiché detta esenzione deve ritenersi abrogata come conseguenza necessitata dell’espressa abrogazione dell’imposta di ricchezza mobile disposta dall’art. 82 del d.P.R. 29
settembre 1973, n. 597. Nè può ritenersi che il suddetto art. 24 sia ancora vigente per il solo fatto che l’art. 1 della legge 18 febbraio 2009, n. 9, nel convertire in legge il d.l. 22 dicembre 2008, n. 200, ha espressamente escluso il r.d.l. 23 settembre 1938, n. 1918, dall’elenco dei testi normativi abrogati, a differenza di quanto aveva disposto il d.l. oggetto di conversione, in quanto la descritta vicenda ha determinato solo la non abrogazione RAGIONE_SOCIALE norme ancora vigenti alla data di entrata in vigore del d.l. n. 200 del 2008, ma non anche la reviviscenza di norme abrogate in precedenza, ovvero perché l’art. 135 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel testo originario, manteneva ferme, in materia di imposte sui redditi, le agevolazioni tributarie previste dal leggi speciali, in quanto il sistema RAGIONE_SOCIALE esenzioni e RAGIONE_SOCIALE agevolazioni è di stretta interpretazione e non può transitare da un tributo all’altro» (Cass. 23/05/2012, n. 8121). Il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi da tale consolidato orientamento e tanto giustifica l’accoglimento del ricorso.
Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, cassata la sentenza impugnata, la controversia può essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, ultima parte c.p.c., con rigetto del ricorso e dell’istanza di rimborso del contribuente.
Compensate le spese di lite dei gradi di merito, la parte intimata deve essere condannata a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente; compensa le spese di lite dei gradi di merito; condanna la parte intimata a rifondere all’Ufficio ricorrente le spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di euro 2.300,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2024.