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Indennità di trasferta: regime fiscale applicabile

Un’agenzia fiscale ha contestato il regime di tassazione applicato a una indennità di trasferta percepita da un dipendente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che, in assenza di prova dei requisiti specifici per la qualifica di ‘lavoratore trasfertista’, si applica il più favorevole regime previsto per il ‘lavoratore in trasferta’, basato sulla documentazione fornita dal contribuente.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Indennità di trasferta: la Cassazione chiarisce il regime fiscale applicabile

La corretta qualificazione fiscale della indennità di trasferta è un tema di cruciale importanza sia per le aziende che per i lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali per distinguere tra ‘lavoratore in trasferta’ e ‘lavoratore trasfertista’, con significative conseguenze sulla determinazione del reddito imponibile. La decisione sottolinea l’importanza della prova documentale e chiarisce l’onere probatorio a carico dell’Amministrazione finanziaria.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una verifica fiscale condotta dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un’azienda. L’Ufficio aveva rilevato che un dipendente, nell’anno d’imposta 2012, aveva percepito una somma a titolo di indennità di trasferta, che il datore di lavoro (sostituto d’imposta) aveva considerato non imponibile entro i limiti di legge. L’Agenzia, al contrario, riteneva l’intero importo pienamente tassabile e notificava al lavoratore un avviso di accertamento per il recupero dell’IRPEF non versata, applicando anche le relative sanzioni.

Il contribuente impugnava l’atto impositivo, sostenendo la correttezza del proprio operato e fornendo documentazione a supporto (note spese, buste paga, lettera d’incarico). Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale accoglievano le ragioni del lavoratore, annullando l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, proponeva ricorso per cassazione.

La questione fiscale sull’indennità di trasferta

Il nodo della controversia ruotava attorno alla corretta applicazione dell’art. 51 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che disciplina due diversi regimi fiscali:

1. Lavoratore in trasferta (comma 5): Riguarda il dipendente che occasionalmente svolge la propria attività fuori dalla sede di lavoro contrattuale. Per lui, le indennità sono esenti da tassazione fino a un limite giornaliero (€ 46,48 per le trasferte in Italia).
2. Lavoratore trasfertista (comma 6): Si riferisce al lavoratore la cui attività richiede una mobilità continua e per il quale non è definita una sede di lavoro fissa nel contratto. Per questa categoria, l’indennità concorre a formare il reddito nella misura del 50% del suo ammontare, indipendentemente dall’importo.

L’Agenzia delle Entrate sosteneva che, nel caso di specie, si dovesse applicare il regime del ‘trasfertista’, fiscalmente meno vantaggioso per il contribuente rispetto a quello applicato dal datore di lavoro.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ritenendolo infondato. In primo luogo, i giudici hanno osservato che la valutazione delle prove documentali prodotte dal contribuente (che la Corte d’Appello aveva ritenuto sufficienti a dimostrare l’effettività delle trasferte) è una questione di merito, non sindacabile in sede di legittimità. L’Agenzia, secondo la Corte, si era limitata a proporre una lettura alternativa delle prove, senza contestarne specificamente la validità.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, risiede nell’applicazione dell’art. 7-quinquies del D.L. n. 193/2016. Questa norma, qualificata come di interpretazione autentica e quindi retroattiva, ha stabilito tre condizioni contestuali e necessarie per qualificare un lavoratore come ‘trasfertista’:

a) Mancata indicazione della sede di lavoro nel contratto;
b) Svolgimento di un’attività che richiede continua mobilità;
c) Corresponsione di un’indennità fissa, non legata all’effettiva effettuazione della trasferta.

La Corte ha evidenziato che l’Amministrazione finanziaria non ha fornito alcuna prova della sussistenza di tali requisiti. Anzi, le prove documentali indicavano il contrario, ovvero che l’indennità era corrisposta solo in caso di trasferte effettive. In assenza di queste condizioni, non è possibile applicare la disciplina del comma 6 e, di conseguenza, trova applicazione la regola generale più favorevole del comma 5, relativa al lavoratore in trasferta.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di indennità di trasferta: la qualifica di ‘lavoratore trasfertista’ è eccezionale e subordinata alla presenza simultanea dei tre requisiti tassativamente previsti dalla legge. L’onere di provare la sussistenza di tali condizioni spetta all’Amministrazione finanziaria che intende applicare il relativo regime fiscale. In mancanza di tale prova, il contribuente ha diritto a beneficiare del regime di parziale esenzione previsto per le ordinarie trasferte, a condizione di poter documentare l’effettivo svolgimento delle stesse. La decisione rappresenta una tutela per i contribuenti contro pretese fiscali non adeguatamente supportate da prove concrete.

Qual è la differenza fiscale tra l’indennità per un ‘lavoratore in trasferta’ e quella per un ‘lavoratore trasfertista’?
Per il ‘lavoratore in trasferta’ (art. 51, c. 5, TUIR), l’indennità è esente da tasse fino a un limite giornaliero (es. € 46,48 in Italia). Per il ‘lavoratore trasfertista’ (art. 51, c. 6, TUIR), l’indennità è imponibile per il 50% del suo ammontare, a prescindere dall’importo.

Chi ha l’onere di provare che un lavoratore debba essere classificato come ‘trasfertista’ ai fini fiscali?
Secondo la sentenza, l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per qualificare un lavoratore come ‘trasfertista’ spetta all’Amministrazione finanziaria che intende applicare il relativo regime fiscale, più sfavorevole per il contribuente.

Quali sono le condizioni necessarie per applicare il regime fiscale del ‘lavoratore trasfertista’?
La legge (art. 7-quinquies D.L. 193/2016) richiede la presenza contemporanea di tre condizioni: a) l’assenza di una sede di lavoro indicata nel contratto; b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che implica una mobilità continua; c) la percezione di un’indennità fissa, corrisposta indipendentemente dall’effettiva effettuazione della trasferta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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