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Indennità di trasferta: quando è deducibile?

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una società di distribuzione alimentare contro un avviso di accertamento. L’ordinanza conferma l’indeducibilità dei costi per l’indennità di trasferta degli amministratori per gli spostamenti casa-lavoro e dichiara inammissibili le censure su accantonamenti IRAP e sopravvenienze passive in virtù della regola della ‘doppia conforme’, non essendo stati provati i presupposti per la deducibilità.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Indennità di trasferta e doppia conforme: la Cassazione fa chiarezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta temi cruciali per le imprese, come la deducibilità dell’indennità di trasferta per gli amministratori e l’applicazione del principio processuale della “doppia conforme”. La decisione offre spunti fondamentali per una corretta gestione fiscale e per comprendere i limiti del ricorso in sede di legittimità. Il caso analizzato riguarda una società operante nella distribuzione alimentare, il cui ricorso contro un avviso di accertamento è stato respinto in ogni grado di giudizio.

I fatti di causa

A seguito di una verifica fiscale, l’Amministrazione Finanziaria notificava a una società per azioni un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2013. Le contestazioni principali erano tre:
1. Indebita deduzione di rimborsi chilometrici (IRES): erogati agli amministratori per spostamenti che, secondo l’Ufficio, non configuravano una vera e propria trasferta.
2. Omessa variazione in aumento ai fini IRAP: relativa a una quota di accantonamento per un’operazione a premi (raccolta punti fedeltà).
3. Indebita deduzione di sopravvenienze passive (IRES e IRAP): ritenute non adeguatamente documentate.

La società impugnava l’atto impositivo, ma il suo ricorso veniva respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale che, successivamente, dalla Commissione Tributaria Regionale. Quest’ultima, confermando la decisione di primo grado, rigettava sia l’appello principale della società che quello incidentale dell’Agenzia Fiscale. Contro questa sentenza, il fallimento della società proponeva ricorso in Cassazione.

L’inammissibilità del ricorso per la regola della doppia conforme

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili il primo e il terzo motivo di ricorso, relativi agli accantonamenti per l’operazione a premi e alle sopravvenienze passive, applicando il principio della cosiddetta “doppia conforme”. Questo principio, previsto dall’art. 348-ter c.p.c., stabilisce che quando una sentenza d’appello conferma integralmente la decisione di primo grado, il ricorso in Cassazione non può essere proposto per contestare la valutazione dei fatti. In altre parole, se due giudici di merito sono giunti alla stessa conclusione, la Cassazione non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.

La Corte ha sottolineato che questa preclusione si applica anche alle sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali, rendendo di fatto inattaccabili le valutazioni fattuali concordi dei primi due gradi di giudizio, a meno che non si denuncino violazioni di legge specifiche (error in procedendo o in iudicando).

L’indeducibilità della finta indennità di trasferta

Il secondo motivo di ricorso, riguardante la deducibilità dei rimborsi chilometrici, è stato ritenuto parzialmente inammissibile (per la parte relativa all’esame dei fatti, sempre per la regola della doppia conforme) e infondato nel merito. La società sosteneva che, in assenza di una sede di lavoro contrattualmente definita per gli amministratori, si dovesse fare riferimento al loro domicilio fiscale per calcolare le trasferte.

La Corte ha rigettato questa tesi, basandosi sulle conclusioni della Commissione Tributaria Regionale. Quest’ultima aveva accertato in fatto che:
– La sede legale, operativa e amministrativa della società coincidevano e si trovavano in un unico luogo.
– I rimborsi contestati riguardavano gli spostamenti degli amministratori dal loro domicilio personale a tale sede unica.

Secondo la Cassazione, questi spostamenti non configurano una trasferta. L’indennità di trasferta presuppone uno spostamento temporaneo del lavoratore o amministratore verso una sede diversa da quella abituale, richiesto da esigenze aziendali. Il tragitto quotidiano da casa al luogo di lavoro non rientra in questa categoria e i relativi costi non sono deducibili per la società.

le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali. In primo luogo, l’applicazione rigorosa del principio processuale della “doppia conforme”, che ha precluso l’esame nel merito delle questioni relative agli accantonamenti IRAP e alle sopravvenienze passive. La ricorrente non è riuscita a superare questa barriera, limitandosi a contestare la valutazione dei fatti già compiuta in modo concorde dai giudici di primo e secondo grado. In secondo luogo, per quanto riguarda l’indennità di trasferta, la Corte ha ribadito un principio consolidato in materia fiscale: la spesa è deducibile solo se inerente a uno spostamento temporaneo e funzionale all’attività d’impresa, effettuato al di fuori del comune della sede di lavoro. Nel caso di specie, è stato dimostrato che gli spostamenti erano semplici tragitti casa-ufficio verso l’unica sede operativa della società. Pertanto, i rimborsi erogati non avevano natura di trasferta e costituivano costi non deducibili.

le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma l’importanza di una corretta documentazione e qualificazione dei costi aziendali. Per le imprese è essenziale distinguere nettamente tra gli spostamenti sistematici casa-lavoro, i cui costi non sono deducibili, e le trasferte effettive, richieste da specifiche e temporanee esigenze aziendali fuori dalla sede abituale. Inoltre, la pronuncia ribadisce la portata del principio della “doppia conforme” nel contenzioso tributario, evidenziando come una sconfitta su questioni di fatto in entrambi i gradi di merito renda estremamente difficile, se non impossibile, ottenere una revisione della decisione in Cassazione.

Quando i rimborsi chilometrici per gli amministratori sono considerati deducibili come indennità di trasferta?
I rimborsi chilometrici sono deducibili solo se si riferiscono a spese sostenute per spostamenti temporanei effettuati per esigenze aziendali in una sede diversa da quella di lavoro abituale, situata al di fuori del Comune. Non sono deducibili i costi relativi al tragitto quotidiano dal proprio domicilio alla sede legale e operativa della società.

Cosa significa il principio della “doppia conforme” nel processo tributario?
Significa che se la Commissione Tributaria Regionale (secondo grado) conferma la decisione della Commissione Tributaria Provinciale (primo grado) basandosi sulla stessa valutazione dei fatti, il ricorso in Cassazione non può essere proposto per contestare tale valutazione. Il ricorso sarà possibile solo per denunciare errori nell’applicazione delle norme di diritto.

Perché la Corte ha ritenuto indeducibili le sopravvenienze passive contestate?
La Corte non è entrata nel merito della questione, ma ha dichiarato il motivo di ricorso inammissibile in applicazione del principio della “doppia conforme”. Poiché i giudici di primo e secondo grado avevano già concordato nel ritenere le sopravvenienze passive non idoneamente documentate, la Cassazione non ha potuto riesaminare questa valutazione fattuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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