Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13596 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13596 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1574/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME e domiciliato presso l’indirizzo pec EMAIL
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. ABRUZZO -SEZIONE STACCATA DI PESCARA n. 553/2019, depositata in data 5 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° aprile 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di verifica fiscale nei confronti del RAGIONE_SOCIALE relativamente ai periodi di imposta dal 2010 al
Avv. Acc. IRPEF –
Lav. Dip. 2012
2013, l’Agenzia delle Entrate -direzione provinciale di Pescara rinveniva nel conto di mastro “Salari e stipendi” la presunta corresponsione a propri dipendenti di somme a titolo di indennità di trasferta. L’Ufficio, nell’ambito di tale controllo, riscontrava che NOME COGNOME (in qualità di lavoratore dipendente del RAGIONE_SOCIALE aveva percepito per l’anno d’imposta 2012 somme qualificate dal sostituto d’imposta come indennità di trasferta, ai sensi dell’art. 51, comma 5, del d.P.R. n. 917/86, non imponibili, per € 7.466,65; l’Ufficio disconosceva la natura di tale importo, non riscontrando elementi attestanti l’effettività delle trasferte; considerava, pertanto, la predetta somma imponibile e notificava il relativo avviso di accertamento al fine di recuperare a tassazione tale somma.
Il contribuente impugnava il detto avviso dinanzi la C.t.p. di Pescara; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Pescara, con sentenza n. 168/02/2018, accoglieva integralmente il ricorso del contribuente ritenendo sussistenti i presupposti soggettivi ed oggettivi indicati dalla normativa di riferimento.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. dell’Abruzzo; si costituiva anche il contribuente, chiedendo conferma della sentenza di primo grado.
Con sentenza n. 553/06/2019, depositata in data 5 giugno 2019, la C.t.r. adita rigettava il gravame dell’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della C.t.r. dell’Abruzzo, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo ed il contribuente resiste con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 1° aprile 2025 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 51, comma 5, d.P.R. n. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. -trattamento delle indennità di trasferta» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha confermato la spettanza della tassazione prevista dalla normativa in oggetto, nonostante gli elementi di fatto e diritto addotti dall’ufficio e la mancata prova di controparte circa l’effettività delle trasferte.
Il motivo di ricorso proposto è inammissibile.
2.1. La C.t.r., con una motivazione corretta, immune da vizi disciplinari e della quale è palesato l’ iter logico-giuridico sottostante, ha ritenuto che dalla documentazione prodotta dal contribuente risultasse che lo stesso aveva effettivamente espletato le trasferte per le quali il datore di lavoro -ossia il RAGIONE_SOCIALE ha applicato la tassazione ai fini IRPEF soltanto per la parte eccedente l’importo di Euro 46,48 per ciascuna giornata, così come previsto dall’art. 51, comma 5, prima parte, del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR). La norma prevede che ‘Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente lire 90.000 al giorno , elevate a lire 150.000 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto’. All’uopo, il contribuente aveva prodotto le copie delle note spese, delle buste paga e della lettera d’incarico per le trasferte, in sede di verifica fiscale da cui si desume incontrovertibilmente l’effettuazione delle predette trasferte.
2.2. La complessiva censura si risolve, quindi, nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel
quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
2.3. Si è pi ù̀ volte sottolineato come compito della Corte di Cassazione non sia quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (Cass. 12/02/2008, n. 3267), dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che nel caso di specie è dato riscontrare. La valutazione delle prove più idonee a sorreggere la motivazione involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando gli elementi che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, essendo limitato il controllo del giudice della legittimità alla sola congruenza della decisione dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova.
2.4. Il motivo è inammissibile anche perché non censura l’ulteriore ratio decidendi relativa alla questione, posta dall’amministrazione nell’atto di appello, dell’applicabilità al caso di specie del disposto di cui al comma 6 del citato art. 51, ovvero della disposizione relativa ai cosiddetti “trasfertisti” (cfr. in termini Cass. 29/08/2024, n. 23335), che prevede che ‘Le indennità e le maggiorazioni di
retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare’. Su tale questione la C.t.r. ha ritenuto che trattavasi di questione nuova, mai dedotta in precedenza, né nell’atto impositivo né nelle controdeduzioni di primo grado, e quindi il suo esame era precluso, anche dal difetto di interesse dell’amministrazione finanziaria, atteso che l’applicazione del comma 6 del citato art. 51 TUIR avrebbe consentito al contribuente di ottenere una riduzione d’imposta (50 per cento dell’ammontare delle indennità percepite) maggiore rispetto a quella prevista dal comma 5 della medesima disposizione. Tale ulteriore ratio decidendi non è stata impugnata.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in € 1.800,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, oltre ad IVA e c.p.a. come per legge, con distrazione in favore del difensore del controricorrente, antistatario.
Così deciso in Roma il 1° aprile 2025.