Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22132 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22132 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1055/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in
Roma, INDIRIZZO, giusta procura speciali alle liti in calce al controricorso.
– controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, Rappresentanza RAGIONE_SOCIALE per l’Italia, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, nelle persone dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore ;
– intimati- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, n. 4931/2020, depositata il 19 ottobre 2020, notificata il 17 novembre 2020;
udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2024, dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che ha concluso per la rimessione della causa alle Sezioni Unite e, in subordine, per l’accoglimento del ricorso;
FATTI DI CAUSA
L ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’avviso con il quale la società contribuente era stata intimata a pagare sia la sanzione per il ritardato pagamento dell’accisa dovuta per il mese di ottobre 2018, sia l’indennità di mora.
La Commissione tributaria regionale, sulla questione riguardante la legittimità o meno della contemporanea applicazione, per la ipotesi del ritardo del pagamento, RAGIONE_SOCIALE accise, della sanzione del 30% sul dovuto, prevista dall’art. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 e dell’indennità di mora di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995 nella misura del 6%, ha ritenuto di aderire al l’ orientamento di legittimità secondo cui « Nel caso di tardivo versamento dell’accisa sulla destinazione al consumo dei combustibili derivati da idrocarburi fossili trova applicazione il D.Lgs. n. 504, art 3, comma 4, e non anche il d.lgs. n. 471 del 1997, art. 13, dato che l’art. 3, comma 4, nel suo secondo periodo del testo originario e nel suo quinto periodo nel testo vigente, prevede la corresponsione oltre agli interessi, in misura pari al tasso stabilito per il pagamento differito di diritti doganali, con funzione reintegrativa del patrimonio leso, di un’indennità di mora, del 6 per cento, con funzione sanzionatoria, che colpisce l’inerzia del contribuente, quando questi non provveda a pagare il tributo entro il termine stabilito nel pubblico interesse ».
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e memoria.
Le società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, Rappresentanza RAGIONE_SOCIALE per l’Italia, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per omessa notifica RAGIONE_SOCIALE stesso a tutte le parti
del giudizio (alla quale comunque la società controricorrente ha rinunciato nella memoria), giusta ricevute di avvenuta consegna in atti del 30 dicembre 2020 per le società RAGIONE_SOCIALE, Rappresentanza RAGIONE_SOCIALE per l’Italia, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
Va pure disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata nella memoria per la violazione dell’art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ., stante che, contrariamente a quanto affermato dalla società controricorrente, è in atti la relata di notificazione della sentenza impugnata eseguita dal AVV_NOTAIO in data 17 novembre 2020, nonché istanza ex art. 369 cod. proc. civ. del 30 dicembre 2020.
2.1 Ed invero, le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che, nel giudizio di cassazione, è esclusa la dichiarazione di improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2), cod. proc. civ. , quando l’impugnazione sia proposta contro una sentenza notificata, di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica (o le copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notifica a mezzo EMAIL), ove tale documentazione risulti comunque nella disponibilità del giudice, per essere stata prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, c od. proc. civ., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato (da cui decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 cod. proc. civ.) mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Cass., Sez. U., 6 luglio 2022, n. 21349 e, successivamente, Cass., 9 novembre 2023, n. 31207).
2.2 Il ricorso, pertanto, è procedibile
Non merita, nemmeno accoglimento l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per inosservanza del requisito prescritto dall’art. 366,
comma primo, n. 6, cod. proc. civ., sollevata dalla difesa della società controricorrente in relazione alla mancanza della specifica indicazione degli atti e dei documenti sui quali si fonda l’impugnazione, tenuto conto del vizio di violazione di legge sollevato con l’unico motivo di ricorso ed avendo le Sezioni Unite di questa Corte chiarito che l’adempimento dell’onere imposto dalla predetta disposizione, che deve essere valutato non in relazione al contenuto complessivo del ricorso, ma a quello dei singoli motivi d’impugnazione, implica la verifica se l’esame dell’atto o del documento non indicato specificamente ( nel caso di specie, l’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 12762 del 26 giugno 2020 e la nota prot. n. 21631/RU del 22 febbraio 2019 della RAGIONE_SOCIALE ) risulti indispensabile ai fini della comprensione RAGIONE_SOCIALE doglianze proposte dal ricorrente e dei relativi presupposti fattuali (cfr. Cass., Sez. U., 5 luglio 2013, n. 16887).
3.1 Né sussiste la violazione del principio di autosufficienza, atteso che il ricorso contiene tutti gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e consente a questa Corte la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass., Sez. U., 24 febbraio 1998, n. 1998 e, più di recente, Cass., 3 novembre 2020, n. 24432).
Va, poi, in via gradatamente preliminare, rigettata, perché infondata, l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla società controricorrente sul presupposto che lo stesso sarebbe proposto in violazione del disposto di cui all’art. 360 bis , primo comma, n. 1, cod. proc. civ., posto che l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente ha censurato la decisione impugnata, richiamando la giurisprudenza di questa Corte alle pagine 5 e 6 del ricorso per cassazione e ha verificato la conformità della decisione di secondo grado ad essa. L’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, dunque,
nel formulare il motivo, ha assolto l’onere, a pena di inammissibilità RAGIONE_SOCIALE stesso, non solo di esaminare il dettato RAGIONE_SOCIALE norme di diritto di cui assume la violazione o falsa applicazione, ma anche di operare un raffronto tra la regola giuridica applicata dai giudici di merito e la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, così da dimostrare come la prima si ponga in contrasto con il «ritenuto» consolidato orientamento giurisprudenziale e, poiché nella vicenda in esame, la pronuncia non è risultata conforme a tale orientamento di legittimità, ha assolto all’ulteriore onere di addurre argomenti per contrastare l’indirizzo giurisprudenziale adottato dai giudici di merito. Il ricorso, pertanto, risulta specifico e, per esso l’unico motivo su cui lo stesso si fonda, conseguentemente, ammissibile ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 4, in relazione all’art. 360 bis, primo comma, n. 1 cod. proc. civ. (cfr. Cass., 2 marzo 2018, n. 5001).
5. Il primo ed unico motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 e 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata violava gli articoli indicati, errando sia sulla natura dell’indennità di mora di cui al suddetto art. 3, comma 4, del TUA, sia sulla non cumulabilità della stessa con la sanzione ex art. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997. L’indennità di mora aveva una funzione risarcitoria che non si sovrapponeva a quella svolta dagli interessi, in quanto era finalizzata a risarcire il danno provocato allo RAGIONE_SOCIALE dal non aver potuto disporre, nei tempi programmati e per il volume programmato, RAGIONE_SOCIALE risorse attese, mentre gli interessi attualizzavano, al momento dell’effettivo versamento, il valore che il denaro aveva quando avrebbe dovuto essere versato. Era, dunque, pienamente giustificato il fatto che chi non versava le accise, oltre ad essere sanzionato con l’art. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, dovesse corrispondere, anche in aggiunta agli interessi, una indennità che era commisurata al danno
sofferto dal Fisco per non aver potuto contare sui tempi e sul volume programmato di risorse previste. Peraltro, la misura del 6%, riducibile al 2% in caso di ritardo non superiore a 5 giorni, non appariva sproporzionata rispetto alla semplice «reintegrazione». L’orientamento della Cassazione, che si era venuto ultimamente profilando in merito all’indennità di mora, appariva dunque in antitesi con la struttura giuridica e con la funzione economica dell’accisa, oltre che con il principio della legge delega n. 662 del 1996 che aveva preceduto l’emanazione del decreto legislativo n. 471 del 1997, che prescriveva « l’adeguamento RAGIONE_SOCIALE disposizioni sanzionatorie attualmente contenute nelle singole leggi d’imposta ai criteri e principi direttivi dettati con il presente comma…in modo da assicurare uniformità di disciplina per violazioni identiche anche se riferite a tributi diversi ». Alla luce di ciò, era di tutta evidenza che il decreto legislativo n. 504 del 1995 considerasse distinta l’indennità di mora dalle sanzioni per ritardato o omesso pagamento, né poteva sostenersi che al comma 4 l’indennità di mora avesse funzione sanzionatoria, mentre al comma 4-bis funzione risarcitoria-indennitaria. Sempre dal punto di vista letterale, era opportuno evidenziare che l’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995, intitolato «Accertamento, liquidazione e pagamento» era inserito nel Capo I rubricato «Disposizioni Generali» e non nel Capo IV che era la sezione dedicata alle «Sanzioni». Ancora, laddove il legislatore, nel richiamare la disciplina degli interessi per il pagamento differito dei diritti doganali, aveva fatto riferimento alla sola applicazione del tasso per essi stabilito, non li aveva definiti moratori, in quanto gli interessi in questione, rispondevano alla definizione e funzione di interessi compensativi, che dovevano essere corrisposti a causa del ritardato conseguimento, da parte dell’ente creditore, RAGIONE_SOCIALE somme dovute e la caratteristica di questi interessi, secondo quanto si evince dalle regole generali del diritto civile, era che essi decorrono indipendentemente dall’imputabilità del ritardo al debitore.
5.1 Il motivo, ammissibile, è fondato.
5.2 Deve richiamarsi, al riguardo, la recente ordinanza di questa Corte, alla cui ampia e condivisa motivazione si rimanda, che, confermando l’orientamento tradizionale di questa Corte (Cass., 12 settembre 2008, n. 23517; Cass., 19 giugno 2009, n. 14303; Cass., 4 agosto 2010, n. 18140; Cass., 14 aprile 2011, n. 8553; Cass., 7 maggio 2015, n. 9176; Cass., 4 giugno 2019, n. 15202) e disattendendo l’orientamento che aveva affermato la natura sanzionatoria dell’indennità di mora di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995 (Cass., 21 novembre 2018, n. 30034 e, più di recente, Cass., 24 gennaio 2019, n. 1969; Cass., 15 ottobre 2020, n. 22342), ha ribadito la natura risarcitoria della stessa e la sua cumulabilità con la sanzione di cui all’art. 13 del decreto legislativo n. 417 del 1997 (cfr. Cass., 16 giugno 2022, n. 19339).
5.3 La Corte di Cassazione, in particolare, partendo dalla lettura storico-sistematica della previsione di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995, che tiene conto sia del contenuto sostanziale della stessa sia dei successivi interventi normativi di data anche successiva all’introduzione dell’art. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, considerati espressivi della continuità della scelta legislativa di qualificare l’indennità di mora in esame quale rimedio risarcitorio conseguente al tardivo pagamento dell’accisa, cumulabile, quindi, con la sanzione di cui all’art. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, ha conclusivamente affermato che:
-) la misura dell’indennità di mora, di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995, ha natura risarcitoria, in quanto tale cumulabile con la sanzione di cui all’art. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, stante la collocazione sistematica della previsione di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995, che è di per se indicativa della volontà del legislatore di configurare l’indennità di mora al di fuori RAGIONE_SOCIALE fattispecie sanzionatorie cui, invece,
nel medesimo testo unico, si fa espresso riferimento quali conseguenze in caso di inosservanza RAGIONE_SOCIALE specifiche previsioni in esso contenute;
-) i successivi interventi normativi mostrano la chiara volontà del legislatore di operare una distinzione concettuale tra conseguenze di natura satisfattiva e riparatoria, da un lato, e quella più propriamente afflittiva, dirette, in quest’ultimo caso, ad intervenire in considerazione del fatto in sé dell’omesso tempestivo pagamento;
-) nonostante l’atteggiarsi dell’indennità di mora in misura fissa, parametrata all’importo non pagato ed a prescindere dalla durata del tardivo pagamento, la giurisprudenza della Corte ha riconosciuto all’indennità di mora natura risarcitoria affermando che l’indennità di mora, che costituisce un naturale accessorio del tributo, come indennizzo del mancato pagamento in termini, riveste carattere non sanzionatorio, bensì risarcitorio del nocumento derivante all’esattore o all’ente impositore dal mancato o ritardato pagamento del tributo;
-) storicamente, l’indennità di mora, pur essendo formulata senza tenere conto della durata dell’omesso pagamento, è stata comunque interpretata in termini di funzione risarcitoria e tale qualificazione risulta permanere in sede di successivi interventi normativi che mostrano la volontà del legislatore di estrarre la materia in esame dal percorso normativo seguito, invece, per le imposte dirette ed indirette, assegnandole una funzione peculiare che trova giustificazione ove riguardata nell’ambito del contesto ordinamentale nella quale la stessa era stata inserita;
-) la configurazione, invero, dell’indennità di mora quale misura risarcitoria postula che solo a seguito della sua applicazione, oltre che degli interessi di mora, sia effettivamente raggiunta la finalità di assicurare l’integrale ristoro del danno da ritardo sussistente nel caso di tardivo pagamento dell’accisa;
-) la previsione di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995, laddove fa riferimento all’applicazione degli interessi
specifica, in modo significativo, la modalità di determinazione della misura dei suddetti interessi mediante rinvio al tasso stabilito per il pagamento differito di diritti doganali e, in questo contesto specifico, va rilevato che gli interessi indicati dall’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995 non sono quelli previsti dall’art. 1284, cod. civ., ma quelli disciplinati dall’art. 79 TULD;
-) scindere l’apprezzamento tra «interessi» e indennità di mora, attribuendo a questa natura sanzionatoria, comporta, in senso stretto, che l’unico ristoro in chiave risarcitoria per il ritardo sarebbe costituito da un (minimo) «costo», che non può assumere le caratteristiche proprie di una misura idonea all’integrale riparazione del danno da ritardo, mentre con il pagamento degli interessi, in caso di ritardato versamento RAGIONE_SOCIALE accise, l’operatore corrisponde un importo per il fatto che si è avvalso di un differimento non consentito e non previsto, quindi è tenuto a corrispondere quello che, di per sé, sarebbe il costo di una agevolazione indebita, incrementato di un ulteriore tasso;
-) il fatto che l’art. 14 del decreto legislativo n. 504 del 1995 non preveda anche la restituzione di un importo a titolo di mora non può rilevare, poiché qui non entra in gioco il ritardo nel pagamento (con conseguente diritto al pagamento di interessi «compensativi» e danno), ma solo il diritto alla restituzione di quanto versato, oltre agli interessi e mentre la misura di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995 si attiva in una situazione patologica di inadempimento dell’obbligo fiscale, la previsione di cui all’art. 14 del decreto legislativo n. 504 del 1995, attiene al diverso ambito del ripristino dell’integrità patrimoniale a favore dell’operatore per il ritardo nell’erogazione in suo favore RAGIONE_SOCIALE somme di cui ha diritto alia restituzione: diversi sono i presupposti e diversa, corrispondentemente, è la disciplina di legge che trova applicazione; -) gli interessi di mora, previsti in caso di tardivo pagamento
dell’accisa, avendo la finalità di far corrispondere all’operatore il solo
«costo» minimo dovuto per avere illegittimamente fruito della dilazione nel pagamento, non possono essere considerati quali misure dirette all’integrale soddisfacimento del danno da ritardo, essendo questo assicurato quasi interamente dal pagamento dell’indennità di mora;
-) l’applicazione cumulativa dell’indennità di mora di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995, nonché della sanzione di cui all’art. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, non si manifesta in termini di violazione del principio di uguaglianza e di proporzionalità, in quanto la maggiore misura dell’indennità di mora, pari al sei per cento, trova ragionevole giustificazione nella protrazione del ritardo oltre l’ulteriore termine di cinque giorni, il che, nella scelta legislativa, si pone in termini di una valutazione del maggiore danno che l’operatore cagiona all’interesse erariale e si tratta di una scelta legislativa nella determinazione della misura del danno da ritardo nel versamento RAGIONE_SOCIALE accise che si giustifica, nella sua differente formulazione, in ragione della peculiarità della materia propria del sistema RAGIONE_SOCIALE accise.
5.4 Posto ciò, la pretesa fatta valere dall’Amministrazione doganale, nella vicenda in esame, ha avuto riguardo al pagamento della indennità e degli interessi di mora dovuti a titolo di oneri accessori ai sensi dell’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995, in conseguenza del ritardo nel pagamento dell’accisa. La pronuncia censurata , discostandosi motivatamente dall’orientamento di questa Corte che ha ritenuto che l’indennità di mora di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1995 ha funzione reintegrativa del patrimonio leso, ha ritenuto illegittima la pretesa relativa all’indennità e agli interessi di mora, conseguente al ritardato pagamento dell’accisa. Quel che rileva, dunque, ai fini della legittimità della pretesa, è l’accertamento che il soggetto tenuto al tempestivo pagamento dell’accisa non vi abbia provveduto nei termini dovuti e, nella fattispecie, la stessa sentenza dà atto che la società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE (in qualità di coobbligata in solido e proprietaria della merce con la RAGIONE_SOCIALE, titolare del deposito fiscale), a causa del sequestro preventivo dei saldi attivi del conto corrente, aveva versato in ritardo le rate dell’accise dovute per il mese di ottobre 2018 (cfr. pag. 1 della sentenza impugnata, ma anche pag. 2 del ricorso per cassazione e pag. 3 del controricorso) e proprio sulla base di tale circostanza, correttamente, l’Amministrazione doganale aveva fatto valere nei confronti della società contribuente la pretesa al pagamento dell’indennità e degli interessi di mora. Le argomentazioni seguite dalla pronuncia censurata, quindi, sulla cui base è stata ritenuta illegittima la pretesa sulla base della natura sanzionatoria dell’indennità di mora , non sono pertanto corrette poiché non aderenti alle ragioni della pretesa fatta valere, risultando, secondo quanto sopra precisato, viziate per violazione di legge.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito e va rigettato il ricorso introduttivo della società contribuente.
6.1 Le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata, tenuto conto del percorso evolutivo giurisprudenziale nella materia trattata, giustificano la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali tra le parti costituite.
6.2 Nessuna statuizione sulle spese va assunta con riguardo alle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, Rappresentanza RAGIONE_SOCIALE per l’Italia, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE che non hanno svolto difese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso.
Compensa interamente tra le parti costituite le spese di lite dei giudizi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2024.