Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1307 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1307 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
Indennità esproprioplusvalenza-ritenute -Art. 11 legge n. 413 del 1991- art. 35 t.u. espr.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7923/2017 R.G. proposto da: COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio legale COGNOME,
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia ex lege in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, N. 8072/2016, depositata il 21/09/2016; udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso; per la ricorrente e l’ Avv. dello Stato sentiti l’Avv. NOME COGNOME NOME COGNOME per l’Agenzia delle entrate.
FATTI DELLA CAUSA
NOME COGNOME impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli il silenzio rifiuto formatosi sulla sua richiesta di rimborso di ritenute erariali operate, ai sensi dell’art. 11 legge n. 413 del 1991, sulle somme ottenute a titolo di indennità di occupazione e di espropriazione di alcuni fondi di sua proprietà, in esecuzione di una sentenza della Corte di appello di Napoli (n. 152 del 2013).
La C.t.p. accoglieva il ricorso, condividendo la prospettazione della contribuente, secondo cui, trattandosi di suolo inserito in zona H – sottozona della zona F – non doveva applicarsi alcuna ritenuta, prevista solo in caso di espropriazione di terreni rientranti nelle zone omogenee A, B, C, D, di cui al D.M. n. 1444 del 1968. Condannava, quindi, l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della COGNOME, della somma di euro 287.277,39 oltre interessi.
L’Agenzia delle entrate proponeva appello, accolto dalla Commissione tributaria regionale. Quest’ultima riteneva che la collocazione nelle zone omogenee A, B, C, D costituisse imprescindibile presupposto per operare la ritenuta solo in caso di esproprio finalizzato alla realizzazione di infrastrutture; che, invece, nel caso -come quello di specie -di esproprio volto alla realizzazione di un’opera pubblica
l’imposta sulla plusvalenza , con conseguente ritenuta, era dovuta indipendentemente dalla zona in cui era collocato il fondo.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la contribuente e resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
La contribuente in vista dell’udienza camerale depositava memoria.
Con ordinanza interlocutoria n. 17523 del 2024 questa Corte disponeva rinvio a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza, non ravvisando l’evidenza decisoria sulla questione rilevante.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 . Con l’unico motivo di ricorso la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc civ., la violazione e/o la falsa applicazione dell’ art . 11 legge 30 dicembre 1991, n. 413 , dell’art. 35 t.u. espr., dell’art. 1, comma 444, legge 23 dicembre 2005, n. 266.
La ricorrente assume che l’art. 11 legge n. 413 del 1991 sia stato implicitamente abrogato dal t.u. espr il cui art. 35 avrebbe interamente regolato la materia già disciplinata dalla legge anteriore e che tale nuova disposizione escluda definitivamente dal novero delle somme oggetto di ritenuta fiscale tutte quelle corrisposte in relazione a fondi non rientranti nelle zone omogenee A, B, C, D.
Preliminarmente, v a rigettata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dall’Agenzia delle entrate in ordine all’errata formulazione dei «quesiti di diritto», in quanto la sentenza impugnata, pubblicata il 21 settembre 2016, pacificamente non rientra, ratione temporis , nella disciplina dettata dell’art. 366 -bis , cod. proc. civ., abrogato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 (art. 47, comma 1, lett. b).
Il motivo è fondato.
3.1. L’art. 11, comma 5, legge n. 413 del 1991 stabilisce che le disposizioni dell’art. 81 (ora art. 67) (destinato alla disciplina dei redditi diversi) comma 1, lettera b), ultima parte t.u.i.r. si applicano alle «plusvalenze conseguenti alla percezione, da parte di soggetti che non
esercitano imprese commerciali, di indennità di esproprio o di somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi nonché di somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime relativamente a terreni destinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, definite dagli strumenti urbanistici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni».
Allo stesso regime d’imposizione, proprio dei c.d. redditi diversi, sono ricondotti, per effetto del successivo comma 6, gli interessi comunque dovuti sulle somme sopra menzionate e le indennità di occupazione. Il comma 7, infine, definisce le modalità di tassazione dei redditi (in tal senso, anche Corte cost. n. 315 del 1994).
3.2. L ‘art. 35 t.u. espr. al comma 1, dispone che si applica l’articolo 81, comma 1, lettera b), ultima parte (ora art. 67, comma 1, lett. b), t.u.i.r., qualora sia corrisposta, a chi non eserciti una impresa commerciale, «una somma a titolo di indennità di esproprio, ovvero di corrispettivo di cessione volontaria o di risarcimento del danno per acquisizione coattiva, di un terreno ove sia stata realizzata un’opera pubblica, un intervento di edilizia residenziale pubblica o una infrastruttura urbana all’int erno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici». Il successivo comma 6 dispone che «li interessi percepiti per il ritardato pagamento della somma di cui al comma 1 e l’indennità di occupazione costituiscono reddito imponibile e concorrono alla formazione dei redditi diversi». Quest’ultima disposizione è stata autenticamente interpretata dal legislatore, il quale, con l’articolo 1, comma 444, legge 23 dicembre 2005, n. 266, ha stabilito che il suddetto comma 6 «si interpreta nel
senso che le indennità di occupazione costituiscono reddito imponibile e concorrono alla formazione dei redditi diversi se riferite a terreni ricadenti nelle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici».
L’art. 35 t.u. espr. , quindi, rispetto all’art. 11 legge n. 413 del 1991 , ha cambiato l’ordine topografico degli enunciati normativi, prevedendo la tassazione delle somme corrisposte in dipendenza di procedure aventi ad oggetto terreni « ove sia stata realizzata un’opera pubblica, un intervento di edilizia residenziale pubblica o una infrastruttura urbana all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici».
3.3. La nuova collocazione della limitazione a talune zone, posta alla fine del complessivo periodo, deve razionalmente essere letta, nel senso che il riferimento alle zone previste dal D.M. n. 1444 del 1968 deve essere considerato valevole per tutte le ipotesi elencate.
Non convince la diversa soluzione secondo la quale, in base a tale nuova dizione, la limitazione della tassazione ai beni situati nelle aree qualificate (A, B, C e D) varrebbe soltanto per i procedimenti relativi alla realizzazione di infrastrutture urbane, potendosi affermare che la realizzazione di queste ultime è stata prevista come ultima ipotesi, in ordine di citazione, e sarebbe l’unica collocata vicino all’inciso che specifica la necessità che i fondi si trovino nelle zone omogenee indicate.
Il legislatore, al contrario, ha solo voluto chiarire che anche gli interventi di edilizia residenziale pubblica – in precedenza tassati a prescindere dalla collocazione in specifiche zone omogenee (poiché nell’art. 11 legge n. 13 del 1991 la relativa previsione era collocata dopo l’inciso contenente il riferimento a dette ultime) – sono soggetti alla ritenuta sulle plusvalenze solo se i fondi interessati sono collocati all’interno delle medesime zone (A, B, C e D) esattamente come già
accadeva in precedenza per le procedure volte a realizzare opere pubbliche o infrastrutture urbane.
3.4. Depone a favore di tale stesi la formulazione del comma 6 dell’art. 35 t.u. espr. secondo cui «gli interessi percepiti per il ritardato pagamento della somma di cui al comma 1 e l’indennità di occupazione costituiscono reddito imponibile e concorrono alla formazione dei redditi diversi»; detta disposizione va letta tenendo conto dell’interpretazione autentica che della stessa ha fornito l’art. 1, comma 444, legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Finanziaria 2006). Quest’ultima, infatti, ha stabilito che «le indennità di occupazione costituiscono reddito imponibile e concorrono alla formazione dei redditi diversi se riferite a terreni ricadenti nelle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici vigenti». Se, allora, tutte le indennità di occupazione sono tassabili solo se riferite a terreni collocati nelle specifiche zone individuate, la stessa conclusione deve valere, a fortiori , per le somme che vengono corrisposte in dipendenza di procedimenti espropriativi; ragionando diversamente, infatti, si andrebbe incontro al paradosso per cui le somme corrisposte per occupazioni volte alla realizzazione di un’opera pubblica non sarebbero tassabili in relazione a fondi non compresi nelle suddette zone, mentre le somme corrisposte per la (eventualmente successiva) procedura espropriativa avente la medesima finalizzazione darebbe sempre luogo a tassazione.
Va aggiunto che la ragione dell’interpretazione autentica si rinviene nella circostanza che il comma 1 dell’art. 35 non contempla espressamente le indennità di occupazione, sicché la collocazione di tale voce in un comma successivo avrebbe potuto comportare il dubbio -che non sarebbe sorto, invece, in relazione agli interessi, che seguono la disciplina del capitale al quale accedono – che ad essa non sarebbe stata applicabile la limitazione a determinate zone omogenee.
3.5. Tale impostazione, per altro, appare in linea anche con i documenti di prassi della stessa Agenzia delle entrate.
Nella risposta a interpello n. 476 del 2023, ad esempio, si legge: «Come chiarito con la circolare 24 luglio 1994, n. 194/E, «per quanto riguarda la realizzazione di opere pubbliche o infrastrutture urbane, va ribadito che il riferimento alle zone omogenee contenuto nella disposizione in questione deve ritenersi tassativo, nel senso che la norma dispone l’assoggettamento a tassazione delle indennità di esproprio con riferimento alla collocazione dell’area nelle zone omogenee di tipo A, B, C, e D, senza discriminare i terreni tra quelli agricoli e quelli suscettibili di un uso diverso rispetto a quello agricolo».
Anche nelle risposte a interpello n. 165 e n. 162 del 2018 l’Agenzia richiama la circolare n. 194/E del 1994, affermando che, seppur riferita al quadro normativo contenuto nell’art. 11 della legge n. 413 del 1991, le relative istruzioni « valgono anche con riferimento all’articolo 35, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001, atteso che – come precisato dal Consiglio di Stato nel parere n. 4/2001 del 29 marzo 2001 -l’articolo 35 riproduce, con alcuni correttivi formali, l’articolo 11, commi da 5 ad 8, della legge 30 dicembre 1991, n. 413»
3.6. Va, pertanto, disatteso il principio espresso da Cass., 07/04/2009 n. 8310, richiamato dalla C.t.r. la quale, nell’analizzare esclusivamente il testo dell’art. 11, comma 5, legge n. 413 del 1991, ha ritenuto che le particelle «o» e «ovvero» ivi utilizzate avrebbero valore disgiuntivo: esse separerebbero le varie parti della disposizione, con la conseguenza che il requisito della collocazione in determinate zone riguarderebbe soltanto gli espropri per infrastrutture urbane e non quelli per la realizzazione di opere pubbliche. In altre parole, la frase « all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D » sarebbe collegabile esclusivamente all’enunciato «ad infrastrutture urbane» che immediatamente la precede, e che sarebbe dotato di autonomo rilievo
rispetto all’altro «destinati ad opere pubbliche» -collocato prima della particella disgiuntiva «o».
Trattasi, peraltro, di precedente isolato, laddove questa Corte aveva già affermato che non è ragionevole in questa chiave la divaricazione fra interventi destinati ad opere pubbliche ed infrastrutture da un lato, e gli altri considerati nella norma, posto che il regime della plusvalenza non ha ragione di atteggiarsi in senso non uniforme nei due casi considerati, dal momento che esso inerisce alla capacità contributiva e colpisce l’au mento di ricchezza, sempre e comunque verificatosi in ciascuna delle ipotesi in cui il procedimento suddetto può atteggiarsi e concludersi, quale che sia la destinazione dell’intervento (Cass. 19/08/2004, n. 16231)
Deve essere enunciato, pertanto, il seguente principio di diritto « In tema di redditi diversi, il presupposto impositivo di cui all’art. 35 t.u. espr., ai fini dell’assoggettabilità a tassazione delle plusvalenze conseguenti alla percezione di indennità di occupazione o di esproprio, è costituito dalla collocazione dei suoli nelle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici, anche in caso di procedure volte alla realizzazione di opere pubbliche ».
Posto che è accertato in fatto -e non è più sindacabile -che le procedure di occupazione e poi di espropriazione erano finalizzate alla realizzazione di un’opera pubblica e che i terreni per cui è causa sono situati in zona H (che costituisce una sottozona della zona F), il ricorso va accolto e la sentenza va cassata; inoltre, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito accogliendo l’originario ricorso della contribuente .
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo; le spese dei gradi di merito restano compensate in ragione dell’andamento del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., accoglie l’originario ricorso della contribuente; dichiara interamente compensate le spese dei gradi di merito; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 200,00 per esborsi, euro 8000,00 per compensi, oltre al 15 per cento per rimborso forfetario spese generali, iva e cap come per legge.
Così deciso in Roma, 17 gennaio 2025.