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Indennità di esproprio: tassa al 3%, non allo 0,5%

Un consorzio edile ha contestato l’applicazione dell’imposta di registro al 3% su varie indennità corrisposte in una procedura di esproprio per pubblica utilità, sostenendo che dovesse applicarsi l’aliquota dello 0,50% tipica delle quietanze. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che ogni indennità di esproprio (inclusa quella aggiuntiva per il coltivatore diretto, per la perdita di frutti, per il deprezzamento del fondo residuo e per l’occupazione) possiede un “contenuto patrimoniale”. Di conseguenza, tali somme rientrano nella categoria residuale degli atti con prestazioni a contenuto patrimoniale, soggetti all’aliquota del 3% secondo l’art. 9 della Tariffa allegata al Testo Unico sull’Imposta di Registro.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Indennità di esproprio: la Cassazione conferma l’imposta di registro al 3%

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un importante chiarimento in materia fiscale riguardo la corretta aliquota dell’imposta di registro da applicare alle somme versate a titolo di indennità di esproprio. La questione, di grande rilevanza pratica per le procedure ablative legate a opere di pubblica utilità, verte sulla distinzione tra atti con contenuto patrimoniale e semplici quietanze di pagamento. La decisione conferma un orientamento rigoroso, stabilendo che tutte le indennità, anche quelle aggiuntive, scontano l’aliquota del 3%.

Il Caso: La Tassazione delle Indennità Aggiuntive

La vicenda trae origine da un contenzioso tra un importante consorzio, incaricato della realizzazione di un’opera infrastrutturale, e l’Agenzia delle Entrate. Oggetto della disputa era la tassazione applicata a cinquantadue atti di cessione volontaria di terreni. Oltre all’indennità base di esproprio, erano state corrisposte diverse somme aggiuntive, tra cui:

* L’indennità per il proprietario-coltivatore diretto.
* L’indennità per le anticipazioni colturali e la perdita dei frutti pendenti.
* Il ristoro per il deprezzamento della proprietà residua.
* L’indennità per la demolizione di manufatti e soprassuoli.
* L’indennità di occupazione d’urgenza.

Il consorzio e il notaio rogante sostenevano che tali somme non costituissero un corrispettivo per la cessione, ma un mero ristoro per pregiudizi specifici. Di conseguenza, l’atto di ricezione di tali somme avrebbe dovuto essere tassato come una semplice quietanza di pagamento, con l’aliquota agevolata dello 0,50% prevista dall’art. 6 della Tariffa allegata al Testo Unico sull’Imposta di Registro (d.P.R. n. 131/1986). L’Agenzia delle Entrate, al contrario, riteneva applicabile l’aliquota del 3%, prevista dall’art. 9 della stessa Tariffa per gli “atti aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso del consorzio, confermando la correttezza dell’operato dell’Amministrazione finanziaria e la legittimità dell’applicazione dell’aliquota del 3%.

L’Applicazione dell’Imposta di Registro all’indennità di esproprio

I giudici di legittimità hanno preliminarmente chiarito che, sebbene le varie indennità mirino a compensare pregiudizi diversi e specifici, sono tutte accomunate da una medesima natura economica e patrimoniale. Esse, infatti, incidono direttamente sul patrimonio del soggetto espropriato, compensando la perdita di beni o utilità economiche con l’attribuzione di un equivalente monetario. Non si tratta di un semplice riconoscimento di un pagamento, ma della formalizzazione di una prestazione che modifica la sfera patrimoniale delle parti.

La Natura Patrimoniale di Tutte le Indennità

La Corte ha sottolineato che l’imposta di registro è un’imposta d’atto, che tassa la capacità contributiva espressa nell’atto stesso. L’art. 9 della Tariffa agisce come una “clausola di chiusura”, destinata a ricomprendere tutti gli atti onerosi con contenuto patrimoniale non specificamente disciplinati altrove. Poiché ogni singola indennità di esproprio corrisposta rappresenta una remunerazione per una perdita economicamente valutabile, essa rientra a pieno titolo in questa categoria. La Corte ha specificato che anche l’indennità aggiuntiva per il coltivatore diretto, pur avendo una funzione compensativa per la “perdita del lavoro”, e l’indennità di occupazione, che ristora la mancata disponibilità del bene, hanno un innegabile contenuto patrimoniale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la propria decisione ribadendo principi consolidati. L’argomento dei ricorrenti, secondo cui l’atto avrebbe dovuto essere tassato come quietanza, è stato ritenuto infondato. La dichiarazione di ricezione delle somme è, infatti, un elemento accessorio e ancillare rispetto all’atto principale di cessione che stabilisce la prestazione economica. Come previsto dall’art. 21 del Testo Unico, tale dichiarazione, se contenuta nello stesso atto già tassato, è esente da un’imposta autonoma. Non può, tuttavia, attrarre l’intero atto a una tassazione più mite. La natura dell’atto va individuata nel suo effetto giuridico ed economico principale: il trasferimento di ricchezza a fronte di un sacrificio patrimoniale. Tutte le indennità corrisposte, essendo volte a compensare perdite patrimoniali, costituiscono esse stesse prestazioni a contenuto patrimoniale e devono essere tassate come tali con l’aliquota residuale del 3%.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un principio fondamentale per il diritto tributario applicato alle procedure espropriative. Qualsiasi somma corrisposta per ristorare un pregiudizio economico derivante da un esproprio, al di là della sua specifica denominazione (indennità aggiuntiva, per frutti pendenti, per deprezzamento, ecc.), ha natura patrimoniale. Di conseguenza, l’atto che ne sancisce la corresponsione è soggetto all’imposta di registro con l’aliquota proporzionale del 3% e non a quella fissa o agevolata dello 0,50% prevista per le semplici quietanze. Questa decisione fornisce certezza giuridica agli operatori, chiarendo che la funzione risarcitoria o indennitaria non esclude, ma anzi presuppone, un contenuto patrimoniale fiscalmente rilevante.

Quale aliquota dell’imposta di registro si applica all’indennità aggiuntiva corrisposta al proprietario-coltivatore diretto in caso di esproprio?
Si applica l’aliquota del 3%, in quanto tale indennità, pur avendo la funzione di compensare la perdita del lavoro agricolo, costituisce una prestazione a contenuto patrimoniale ai sensi dell’art. 9 della Tariffa, Parte Prima, del d.P.R. n. 131/1986.

Le somme pagate per la perdita dei frutti pendenti, il deprezzamento del terreno residuo e la demolizione di manufatti sono tassabili?
Sì, anche queste indennità sono soggette all’imposta di registro con aliquota del 3%. La Corte ha stabilito che tutte le somme volte a compensare pregiudizi economici specifici derivanti dalla procedura espropriativa hanno natura e contenuto patrimoniale e, pertanto, sono soggette alla medesima tassazione.

L’atto con cui si ricevono le indennità di esproprio può essere tassato come una semplice quietanza di pagamento allo 0,50%?
No. La Corte ha chiarito che la dichiarazione di ricezione del pagamento (quietanza) è una clausola accessoria rispetto all’atto principale che dispone la prestazione economica. È quest’ultimo a determinare la natura fiscale dell’operazione, che, avendo un contenuto patrimoniale, sconta l’aliquota del 3% e non quella ridotta prevista per le mere quietanze.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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