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Indeducibilità costi da reato: la Cassazione decide

Una società del settore automobilistico è stata oggetto di accertamento fiscale per la deduzione di costi legati a presunte attività di riciclaggio e per ricavi non dichiarati. La Corte di Cassazione, con la sentenza 2951/2025, ha definito il principio di indeducibilità costi da reato, stabilendo che un costo è indeducibile solo se direttamente collegato a un reato intenzionale per il quale il pubblico ministero ha avviato un’azione penale. La Corte ha annullato la decisione di merito per non aver verificato tale presupposto e ha rinviato il caso per un nuovo giudizio, ordinando anche l’applicazione delle leggi sanzionatorie più favorevoli nel frattempo sopravvenute (principio del favor rei).

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Indeducibilità Costi da Reato: Quando Serve l’Azione Penale

La questione della indeducibilità costi da reato è uno dei temi più complessi nel diritto tributario, al confine tra la disciplina fiscale e quella penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2951 del 2025, ha fornito chiarimenti fondamentali sui presupposti necessari affinché un costo possa essere considerato non deducibile dal reddito d’impresa perché derivante da un’attività illecita. La pronuncia stabilisce un principio chiaro: senza l’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero, il giudice tributario non può negare la deduzione.

Il Contesto del Caso: Costi Illeciti e Accertamenti Fiscali

La vicenda trae origine da due avvisi di accertamento notificati a una società operante nel commercio di autoveicoli. L’Agenzia delle Entrate contestava il mancato pagamento di IRES, IRAP e IVA sulla base di tre rilievi principali:
1. Indebite detrazioni per fatture soggettivamente inesistenti.
2. Omessa contabilizzazione di ricavi derivanti da assegni bancari incassati direttamente dall’amministratore.
3. Deduzione di costi ritenuti provenienti da attività illecite, in particolare da operazioni di riciclaggio realizzate attraverso la compravendita di autovetture.

I giudici di primo e secondo grado avevano parzialmente confermato le pretese dell’erario, portando la società a ricorrere in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, l’errata applicazione della normativa sulla indeducibilità costi da reato e la mancata considerazione delle nuove leggi più favorevoli in materia di sanzioni.

La Decisione della Cassazione: Accolti i Motivi su Costi e Sanzioni

La Suprema Corte ha accolto due dei motivi di ricorso del contribuente, cassando con rinvio la sentenza della Commissione Tributaria Regionale. La decisione si fonda su due pilastri fondamentali.

L’indeducibilità dei costi da reato e il ruolo del giudice tributario

Il punto centrale della sentenza riguarda l’interpretazione dell’art. 14, comma 4-bis, della Legge n. 537/1993, come modificato da una legge sopravvenuta (ius superveniens) nel 2012. La Corte ha stabilito che la norma, avendo efficacia retroattiva perché più favorevole al contribuente, fissa due condizioni precise per l’indeducibilità costi da reato:
1. I costi devono essere direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo (cioè un reato intenzionale).
2. Per tale reato, il Pubblico Ministero deve aver esercitato l’azione penale (o, in alternativa, il giudice deve aver emesso decreto di giudizio o sentenza di non luogo a procedere per prescrizione).

Di conseguenza, il giudice tributario non ha il potere di accertare autonomamente e incidentalmente se un fatto costituisca reato. Il suo compito è limitato a verificare l’esistenza di un procedimento penale avviato e la correlazione tra i fatti contestati in sede penale e i costi di cui si chiede la deduzione.

L’applicazione del principio del ‘favor rei’ per le sanzioni

Il secondo motivo accolto riguarda le sanzioni. La Corte ha ribadito la validità del principio del favor rei, secondo cui il contribuente ha diritto all’applicazione della norma sanzionatoria più favorevole, anche se entrata in vigore dopo la commissione della violazione e nel corso del giudizio. Nel caso di specie, il D.Lgs. n. 158/2015 ha modificato il sistema sanzionatorio. Il giudice del rinvio dovrà quindi determinare quale sia la disciplina più mite da applicare al caso concreto e valutare anche una questione di legittimità costituzionale sollevata riguardo a una normativa ancora più recente.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte di Cassazione sono state lineari e precise. La sentenza impugnata è stata annullata perché il giudice di merito non si è attenuto ai principi imposti dalla nuova normativa. In particolare, ha omesso di verificare il presupposto essenziale dell’esercizio dell’azione penale prima di dichiarare l’indeducibilità costi da reato. La Corte ha sottolineato come l’esercizio dell’azione penale sia un “elemento normativo esterno alla fattispecie tributaria” che il giudice fiscale deve riscontrare, non creare. Questa interpretazione garantisce una netta separazione tra il giudizio penale, deputato ad accertare i reati, e quello tributario, focalizzato sulla corretta determinazione dell’imposta. Per quanto riguarda le sanzioni, la Corte ha semplicemente applicato il consolidato orientamento secondo cui lo ius superveniens più favorevole deve trovare applicazione nei giudizi ancora pendenti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza ha importanti implicazioni pratiche per contribuenti e professionisti. In primo luogo, rafforza le garanzie del contribuente, impedendo all’amministrazione finanziaria di negare la deducibilità di un costo sulla base di un mero sospetto di reato. È necessario un atto formale dell’autorità giudiziaria penale. In secondo luogo, conferma la centralità del principio del favor rei nel diritto tributario sanzionatorio, un baluardo di civiltà giuridica che equipara le sanzioni amministrative a quelle penali sotto il profilo delle garanzie. Infine, la decisione obbliga i giudici di merito a un’attenta valutazione delle normative sopravvenute, assicurando che il giudizio si concluda sulla base della legge più favorevole in vigore al momento della decisione.

Quando un costo derivante da un’attività illecita è considerato non deducibile ai fini fiscali?
Secondo la sentenza, un costo è indeducibile solo se soddisfa due requisiti: deve essere direttamente collegato al compimento di un delitto non colposo (intenzionale) e, per tale delitto, il pubblico ministero deve aver formalmente esercitato l’azione penale.

Il giudice tributario può accertare autonomamente l’esistenza di un reato per negare la deduzione di un costo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice tributario non ha il potere di accertare incidentalmente l’esistenza di un reato. Il suo compito è solo quello di verificare se l’azione penale sia stata effettivamente avviata dall’autorità competente per i fatti da cui originano i costi contestati.

Cosa accade se una legge sulle sanzioni tributarie più favorevole entra in vigore mentre un processo è ancora in corso?
Si applica il principio del favor rei. La legge sopravvenuta più favorevole al contribuente deve essere applicata anche ai procedimenti in corso. Il giudice del merito ha il compito di individuare la disciplina sanzionatoria più mite e applicarla al caso specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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