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Indagini finanziarie: limiti e poteri del Fisco

Un contribuente ha impugnato un avviso di accertamento derivante da indagini finanziarie, sostenendo che fosse illegittimo a causa di una verifica precedente per lo stesso anno. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che le nuove indagini finanziarie si basavano su dati più ampi e approfonditi (incluse operazioni extraconto) non disponibili nella prima verifica, giustificando così il nuovo accertamento.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Indagini Finanziarie: la Cassazione chiarisce i poteri del Fisco

L’Amministrazione Finanziaria può effettuare un nuovo accertamento fiscale per lo stesso periodo d’imposta, anche dopo una prima verifica, se emergono elementi nuovi e più approfonditi? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito una risposta chiara, analizzando la portata delle indagini finanziarie e la differenza sostanziale tra le informazioni ricavabili dai semplici estratti conto e quelle ottenute tramite un’indagine formale. Questa decisione consolida i poteri dell’Ufficio e definisce i confini entro cui può muoversi la sua azione di controllo.

Il caso in esame: un doppio accertamento fiscale

La vicenda riguarda un contribuente che ha ricevuto un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008. L’atto si basava su una rettifica della sua dichiarazione dei redditi a seguito di indagini finanziarie che avevano fatto emergere prelievi e versamenti non giustificati sui suoi conti correnti.

Il contribuente ha impugnato l’atto, sostenendo che l’Amministrazione Finanziaria avesse già esaurito il proprio potere di accertamento. Infatti, la sua posizione era già stata oggetto di una verifica generale da parte della Guardia di Finanza nel 2009, conclusasi con un primo Processo Verbale di Constatazione (PVC). Secondo il ricorrente, i dati bancari utilizzati per il secondo accertamento erano già noti all’Ufficio fin dalla prima verifica, rendendo il secondo atto illegittimo.

La distinzione cruciale: Estratti Conto vs. Indagini Finanziarie complete

La Corte di Cassazione ha rigettato la tesi del contribuente, sottolineando una differenza fondamentale tra i documenti a disposizione dell’Ufficio nelle due diverse fasi.

Nella prima verifica del 2009, l’Ufficio disponeva solo degli estratti conto del contribuente. Questi documenti, per loro natura, riportano unicamente le movimentazioni registrate in conto (versamenti, prelievi, bonifici, ecc.).

Le successive e più approfondite indagini finanziarie, avviate nel 2010, hanno invece permesso all’Amministrazione di acquisire un quadro informativo molto più ampio. In base alla normativa (art. 32 del d.P.R. 600/1973), le indagini formali consentono di ottenere “dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata”. Questo include non solo le operazioni in conto, ma anche quelle fuori conto (es. cambio assegni), fornendo una visione completa della capacità finanziaria del soggetto.

La Corte ha quindi stabilito che, poiché le informazioni ottenute nel 2010 erano qualitativamente e quantitativamente diverse e più complete di quelle disponibili nel 2009, l’Ufficio non aveva affatto esaurito il suo potere di accertamento. La seconda verifica era, pertanto, pienamente legittima.

La legittimità della Motivazione “per Relationem” nelle indagini finanziarie

Un altro punto contestato dal contribuente era la presunta carenza di motivazione dell’avviso di accertamento. L’atto, infatti, si limitava a richiamare le conclusioni del PVC del 2010. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, ribadendo la validità della cosiddetta “motivazione per relationem”.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, è legittimo che un avviso di accertamento motivi le proprie pretese rinviando a un PVC, a condizione che tale verbale sia stato precedentemente notificato al contribuente. Questo perché il contribuente è già a conoscenza degli elementi contestati e ha avuto la possibilità di difendersi durante la fase di verifica. Nel caso di specie, il PVC del 2010 descriveva in dettaglio i rapporti finanziari esaminati, le movimentazioni contestate e le giustificazioni fornite (o non fornite) dal contribuente, garantendo così il pieno esercizio del diritto di difesa.

La questione procedurale: la trattazione scritta in emergenza Covid-19

Infine, il ricorrente lamentava la violazione del diritto di difesa per la mancata concessione dell’udienza pubblica in appello, sostituita da una trattazione scritta a causa dell’emergenza sanitaria. Anche su questo punto, la Corte ha ritenuto il motivo infondato, richiamando la propria giurisprudenza secondo cui, durante il periodo emergenziale, la trattazione scritta era una modalità legittima per garantire la continuità della giurisdizione, bilanciando le esigenze di salute pubblica con le prerogative difensive.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato i primi due motivi di ricorso in parte inammissibili e in parte infondati. Inammissibili perché il ricorrente non aveva criticato specificamente la ratio decidendi della sentenza d’appello. Infondati nel merito, poiché la differenza sostanziale tra le informazioni derivanti dagli estratti conto e quelle ottenute tramite formali indagini finanziarie giustificava pienamente il secondo accertamento. L’Amministrazione non aveva esaurito il proprio potere poiché la seconda indagine si basava su elementi nuovi e più ampi. La motivazione dell’atto, rinviando a un PVC dettagliato e già noto al contribuente, era stata ritenuta adeguata. Anche il terzo motivo, relativo alla mancata udienza pubblica, è stato respinto in quanto la normativa emergenziale consentiva legittimamente la trattazione scritta per assicurare la funzionalità della giustizia.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, rafforza l’ampiezza dei poteri istruttori dell’Amministrazione Finanziaria, chiarendo che il possesso di semplici estratti conto non preclude la possibilità di avviare successive e più penetranti indagini finanziarie. In secondo luogo, ricorda ai contribuenti che, a fronte delle presunzioni legali che assistono i dati bancari, è necessario fornire prove analitiche e specifiche per dimostrare la non imponibilità di ogni singola operazione contestata. Infine, conferma la validità della motivazione per relationem agli atti della verifica, purché il contribuente sia stato messo in condizione di conoscere e contestare gli addebiti nel corso del procedimento.

Il Fisco può effettuare un nuovo accertamento per lo stesso anno d’imposta dopo una prima verifica?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è possibile se il nuovo accertamento si basa su elementi istruttori diversi, più ampi e approfonditi rispetto a quelli utilizzati nella prima verifica, come nel caso di passaggio da un’analisi di soli estratti conto a formali e complete indagini finanziarie.

Qual è la differenza tra le informazioni contenute in un estratto conto e quelle ottenute tramite indagini finanziarie?
L’estratto conto riporta unicamente le movimentazioni registrate sul conto corrente (versamenti, prelievi, ecc.). Le indagini finanziarie formali, invece, consentono all’Amministrazione di acquisire “dati, notizie e documenti” relativi a qualsiasi operazione, comprese quelle “extraconto” (es. cambio assegni), offrendo un quadro informativo molto più completo.

Un avviso di accertamento è valido se la sua motivazione si limita a richiamare un precedente verbale della Guardia di Finanza (PVC)?
Sì, la motivazione “per relationem” è considerata legittima a condizione che il PVC richiamato sia stato precedentemente notificato al contribuente e contenga un’analisi sufficientemente dettagliata da permettergli di comprendere le contestazioni e di esercitare il proprio diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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