Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13851 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13851 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9051/2021 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC:
)
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in fallimento, in persona del curatore
–
intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, n. 5268/15/20 depositata in data 06/10/2020, non notificata;
Rilevato che:
-la società contribuente riceveva la notifica degli avvisi di accertamento, qui impugnati, con i quali erano rideterminati i
Oggetto: accertamento – CTU su indagini finanziarie
tributi dovuti per IRES, IRAP e IVA per i periodi d’imposta dal 2007 al 2010 a seguito di verifica e conseguente PVC della GdF di Modica, fondati anche sulle risultanze di indagini finanziarie;
-il giudice di primo grado accoglieva parzialmente i ricorsi;
-appellava l’Ufficio;
-con la sentenza ora gravata di fronte a questa Corte la CTR ha rigettato l’appello ritenendo, quanto all’avviso di accertamento concernente l’anno d’imposta 2007, il termine di cui all’art. 12 c. 7 L. n. 212 del 2000 non derogabile neppure in caso in cui sia prossima la scadenza del termine previsto per l’esercizio del potere di accertamento ex art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 da parte dell’Amministrazione finanziaria; ha poi fatto leva sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, da cui erano emerse giustificazioni parziali dei versamenti e dei prelevamenti oggetto delle indagini bancarie;
-ricorre l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a otto motivi di doglianza;
-la società contribuente non ha replicato in questo giudizio di legittimità;
Considerato che:
-il primo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 c. 7 L. n. 212 del 2000 nonché del principio della strumentalità delle forme affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza 3 luglio 2014 rese nel cause riunite C- 129/13 e C130/13, RAGIONE_SOCIALE e altri, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente confermato la declaratoria di nullità dell’atto impositivo concernente l’anno 2007, e riguardante anche l’iva, in quanto notificato senza rispetto del termine a difesa senza effettuare la cosiddetta prova di resistenza e quindi senza operare alcuna
concreta valutazione della non pretestuosità nel merito delle ragioni di opposizione dedotte dalla società contribuente;
-con riferimento all’avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2007, è incontroverso che a fronte della consegna del PVC in data 30 ottobre 2012, l’atto impugnato sia stato notificato in data 12 dicembre 2012: pertanto, il motivo si rivela infondato;
-va fatta applicazione, quindi, nella fattispecie, della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale nel caso della violazione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212/00 non v’è spazio per la prova di resistenza; si è infatti chiarito (per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. del 15/01/2019) che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio;
-il secondo motivo di ricorso lamenta l’omessa pronuncia del giudice di merito in ordine al secondo motivo di appello dell’Agenzia delle Entrate, con il quale si aggrediva l’affermazione della CTP in ordine alla inutilizzabilità delle
risultanze delle indagini finanziarie per difetto della prescritta autorizzazione del Comando Generale della Guardia di Finanza;
-valutate le complessive argomentazioni della sentenza impugnata, deve escludersi la violazione dell’art. 112 c.p.c. ove si ponga mente al fatto che, secondo il condivisibile orientamento di questa Corte, il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, essendo, invece, necessario e sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, num. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma sub valenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr., ex multis , Cass.3108/2022, n. 3108, Cass. n. 12652/2020; Cass. 10937/2016; Cass. 12123/2013). Invero la nullità per omessa pronunzia non è configurabile quando la decisione comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamene esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico – giuridica della pronuncia …» (Cass. n. 15015/2023);
-nel caso in esame, la CTR ha superato la questione che si assume pretermessa, dando poi conto delle risultanze della CTU che -per l’appunto ha preso in esame proprio le indagini finanziarie; così operando, il giudice del merito ha quindi proceduto oltre il tema della inutilizzabilità di tali indagini, che ha evidentemente ritenuto utilizzabili avendo disposto la CTU con la quale ha incaricato di procedersi all’esame di dette risultanze;
-il terzo motivo di ricorso, proposto in via di subordine rispetto alla censura che precede, denuncia la nullità della sentenza
impugnata, che risulterebbe, secondo parte ricorrente, motivata in modo apparente perché contraddittoria e perplessa;
-il motivo è infondato;
-come chiarito da questa Corte regolatrice, «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.» [Cass. civ., Sez. 1, ordinanza n. 7090 del 3 marzo 2022; cfr., altresì, in senso sostanzialmente conforme Cass. civ., Sez. 6-3, ordinanza n. 22598 del 25 settembre 2018, secondo cui «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili
oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c..»]. In tale prospettiva detta anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. civ., Sez. Un., sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014). Nel caso di specie, la grave anomalia motivazionale non esiste, perché la Commissione Tributaria Regionale ha senz’altro motivato – sia pure in maniera sintetica -dando conto dell’iter logico -giuridico seguito per addivenire a decisione;
-il quarto motivo di impugnazione, anch’esso formulato in via subordinata, si incentra sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 51, 55, 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 oltre che dell’art. 7 della L. n. 212 del 2000 per avere la CTR erroneamente ritenuto inutilizzabili le risultanze delle indagini finanziarie non avendo l’Ufficio prodotto in giudizio la prescritta autorizzazione;
-il quinto motivo deduce, sempre in via di subordine, la violazione dell’art. 58 c. 2 del d. Lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere la CTR erroneamente dato che l’autorizzazione prescritta era in atti, poiché prodotta in sede di appello, mancato di accogliere in parte qua l’impugnazione dell’Ufficio;
-i ridetti motivi sono entrambi inammissibili;
-essi invero non censurano la ratio decidendi della sentenza, che si fonda sulla ben diversa considerazione secondo la quale ‘… dalla documentazione esaminata dal CTU sono emerse
Cons. Est. NOME COGNOME
giustificazioni parziali dei versamenti e dei prelevamenti oggetto delle indagini finanziarie…’;
-è evidente quindi che la CTR ha esaminato il contenuto delle indagini finanziarie, recependo il contenuto della CTU, e fondando la propria decisione sulla rilevanza o irrilevanza delle singole movimentazioni prese in esame dai verificatori e controllate, quanto alle giustificazioni addotte e provate dal contribuente, dal CTU; così operando essa non ha quindi deciso sulla base del rilievo -costituente profilo di puro diritto, non di puro fatto come le ridette giustificazioni -posto a base dei motivi, che si incentrano sulla rilevanza dell’autorizzazione del Comando Generale della Guardia di Finanza;
-le censure in argomento si appuntano su questioni del tutto estranee all’ordito motivazionale fornito dalla sentenza impugnata, e non muove alcuna critica alla ratio decidendi posta a base della decisione impugnata (“in tema di ricorso per cassazione è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata”; così Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017). Più precisamente secondo la giurisprudenza di questa Corte il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’ esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata; queste ultime, per essere enunciate come tali, debbono concretamente
considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che non rispetti questo requisito; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’ inammissibilità ai sensi dell’ art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass. Sez. 3, Sentenza 14/3/2017 n. 6496, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015, Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, tutte citate in motivazione da Cass. n. 8755/2018);
-il sesto motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 c. 1 n. 2 e n. 7 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 c. 2 n. 2 e n. 7 del d.P.R. n. 633 del 1972 oltre che degli artt. 2697, 2727, 2728 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la pronuncia di appello recepito acriticamente le conclusioni del CTU mancando di procedere ad un esame analitico delle movimentazioni bancarie oggetto prima di rilievo da parte dell’Ufficio, quindi di giustificazione da parte del contribuente;
-il settimo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 c. 1 n. 2 e n. 7 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 c. 1 n. 2 e n. 7 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 c.c. per avere la sentenza di merito sia erroneamente fondato il proprio convincimento sulle risultanze della CTU, che non è mezzo di prova, sia erroneamente applicato i principi in tema di onere della prova nei casi di indagini finanziarie;
-l’ottavo motivo, ancora proposto in via gradata, censura la pronuncia di appello per violazione e/o falsa applicazione di legge con riguardo agli artt. 1, 2 e 7 del d. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 e 4 c.p.c. per avere la CTR -quale giudice del rapporto tributario e non dell’atto mancato di individuare autonomamente le operazioni
non giustificate e di conseguenza omesso di rideterminare, sempre in via autonoma, il quantum di maggior reddito;
-i ridetti motivi, suscettibili di trattazione congiunta in quanto incentrati su profili contigui e connessi tra di loro, sono tutti infondati;
-va ricordato, in primo luogo, che la consulenza è un mezzo istruttorio e non una prova, mirata a fornire un ausilio alla valutazione del giudice in caso di questioni di particolare complessità tecnica. Come tale essa è sottratta alla disponibilità delle parti e – contrariamente a quanto ritiene l’Agenzia delle Entrate ricorrente – resta affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, nei cui poteri discrezionali rientra la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario (v. Cass. n. 25253/2019). Occorre del resto sottolineare, sul punto, che la Commissione ha riportato le ragioni che hanno reso necessario il ricorso alla CTU (‘…constatata la complessità tecnica del ricorso, aggravata dalla moltitudine di documenti da valutare…’ pag. 3 della pronuncia impugnata). Inoltre, parte ricorrente non riproduce l’elaborato peritale che ne avrebbe permesso una eventuale cognizione da parte di questa Corte, al fine di verificare la denunciata mancanza di analiticità della prova, sia perché il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza della disciplina del contraddittorio delle parti ivi prevista, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni (Cass., sez. un., n. 3086/22). E, ancora, il giudice del merito non è tenuto a fornire un’argomentata e dettagliata motivazione là dove aderisca alle elaborazioni del consulente ed esse non siano state contestate in modo specifico dalle parti (Cass. n. 12703/15; Cass. n.
23594/17). Occorre evidenziare, infine, che la Commissione tributaria, nel condividere gli esiti della CTU, ha, espressamente e in concreto, valutato le risultanze e i fatti in giudizio, mostrando critica e convinta adesione alla CTU; ne deriva che la contestazione della valutazione della CTU si risolve, in realtà, in una contestazione della valutazione operata dal giudice d’appello sui fatti in giudizio, in sé non consentita (in argomento, Cass. n. 1611/2021);
-comunque, l’ultimo motivo, nel postulare l’integrale annullamento degli atti impositivi, è viziato anche da inammissibilità perché la CTR nel rigettare l’appello ha confermato la sentenza di primo grado che (v. pag. 4 della sentenza impugnata) ‘annulla le parti rimanenti degli avvisi impugnati’; il dispositivo di primo grado è d’altronde riprodotto anche a pag. 20 del ricorso per cassazione;
-in conclusione, il ricorso va rigettato;
-non vi è luogo a pronuncia sulle spese stante la mancata costituzione della intimata società contribuente;
p.q.m.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, l’11 aprile 2025.