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Indagini finanziarie e deduzione dei costi: la svolta

Un imprenditore ha impugnato un avviso di accertamento basato su indagini finanziarie che presumevano maggiori ricavi da versamenti e prelievi bancari. La Corte di Cassazione, pur rigettando la maggior parte dei motivi di ricorso, ha accolto quello fondamentale sulla deduzione dei costi. In linea con una recente sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito che, a fronte di ricavi presunti, deve essere riconosciuta al contribuente la possibilità di provare, anche in via presuntiva, i costi correlati, cassando la sentenza precedente e rinviando la causa per un nuovo esame su questo punto.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Indagini finanziarie e deduzione dei costi: la svolta della Cassazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha segnato un punto di svolta cruciale in materia di indagini finanziarie. Accogliendo l’orientamento della Corte Costituzionale, ha affermato un principio di equità fondamentale: se l’Agenzia delle Entrate presume maggiori ricavi basandosi sulle movimentazioni bancarie, il contribuente ha il diritto di veder riconosciuti, anche in via presuntiva, i costi correlati. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Un imprenditore si è visto notificare un avviso di accertamento per IVA e IRAP relativo all’anno 2012. L’atto si fondava sulle risultanze di indagini finanziarie condotte dalla Guardia di Finanza, dalle quali emergevano maggiori componenti positivi di reddito e un maggior volume d’affari rispetto a quanto dichiarato. L’Ufficio aveva applicato la presunzione legale secondo cui i movimenti bancari non giustificati costituiscono ricavi non dichiarati.

Il contribuente ha impugnato l’atto, ottenendo una prima vittoria in Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, ha ribaltato la decisione, confermando la legittimità dell’accertamento. L’imprenditore ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sollevando nove motivi di contestazione.

L’Analisi della Cassazione e le indagini finanziarie

La Corte di Cassazione ha esaminato dettagliatamente i motivi del ricorso, rigettandone la maggior parte. Ha confermato, ad esempio, principi ormai consolidati:

* Onere della prova: In caso di indagini finanziarie, l’onere della prova si inverte. Spetta al contribuente dimostrare in modo analitico che ogni movimentazione bancaria non è riconducibile a operazioni imponibili.
* Validità dell’atto: Questioni come il difetto di delega di firma o la mancata allegazione delle autorizzazioni alle indagini non invalidano automaticamente l’accertamento, a meno che non si dimostri un concreto pregiudizio al diritto di difesa.

Il punto di rottura, tuttavia, è arrivato con l’analisi del settimo motivo di ricorso.

La questione cruciale: deduzione dei costi a fronte di maggiori ricavi

Il ricorrente lamentava che, a fronte dei maggiori ricavi presunti dall’Agenzia, la sentenza impugnata non avesse riconosciuto i relativi costi di produzione. La Cassazione, su questo punto, ha ritenuto il motivo fondato, operando una revisione del proprio precedente orientamento alla luce della sentenza n. 10 del 2023 della Corte Costituzionale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che, sebbene in passato si tendesse a negare un riconoscimento forfettario dei costi negli accertamenti analitico-induttivi (come quelli basati su indagini finanziarie), tale impostazione deve essere rivista. La Corte Costituzionale ha chiarito che negare la possibilità di dedurre i costi a fronte di ricavi presunti creerebbe un trattamento irragionevolmente più severo per il contribuente con una contabilità sostanzialmente attendibile rispetto a chi non tiene alcuna contabilità (e che beneficia dell’accertamento induttivo “puro” con deduzione forfettaria dei costi).

Di conseguenza, la Cassazione ha stabilito il seguente principio: anche in un accertamento basato sulle movimentazioni bancarie, il contribuente imprenditore deve poter opporre alla presunzione di maggiori ricavi una prova contraria, che includa la dimostrazione dell'”incidenza percentuale dei costi relativi”. Questi costi devono quindi essere detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati considerati come ricavi.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha accolto il settimo motivo di ricorso, ha dichiarato assorbiti l’ottavo e il nono e ha rigettato i restanti. Ha quindi cassato la sentenza impugnata limitatamente al profilo della deduzione dei costi e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso applicando il nuovo principio, ovvero riconoscendo la possibilità per il contribuente di dimostrare i costi correlati ai maggiori ricavi accertati tramite le indagini finanziarie. Si tratta di una decisione di grande rilevanza che riequilibra il rapporto tra Fisco e contribuente, garantendo una maggiore equità nella determinazione del reddito imponibile.

In caso di indagini finanziarie, chi ha l’onere di provare la natura dei versamenti bancari?
L’onere della prova si inverte e ricade sul contribuente. Secondo la presunzione legale, i movimenti bancari non giustificati sono considerati ricavi. Pertanto, spetta al contribuente dimostrare, con una prova analitica per ogni singola operazione, che tali somme non sono riferibili a operazioni imponibili.

L’Agenzia delle Entrate è obbligata ad allegare l’autorizzazione alle indagini finanziarie all’avviso di accertamento?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’autorizzazione per l’espletamento delle indagini bancarie è un atto con funzione organizzativa interna agli uffici. La sua mancata allegazione o esibizione non comporta di per sé l’illegittimità dell’avviso di accertamento, a meno che il contribuente non dimostri che da tale omissione sia derivato un concreto pregiudizio al suo diritto di difesa.

Se le indagini finanziarie portano ad accertare maggiori ricavi, il contribuente ha diritto alla deduzione dei costi correlati?
Sì. Sulla scia di una pronuncia della Corte Costituzionale, la Cassazione ha stabilito che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, il contribuente imprenditore può sempre opporre una prova contraria, inclusa la dimostrazione della “incidenza percentuale dei costi relativi”, che devono essere detratti dall’ammontare dei ricavi presunti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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