Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21848 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Irpef, Irap e Iva
2007
Accertamento parziale
Indagini bancarie
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21848 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 6182 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, n. 74 6/06/2016, depositata in data 2 agosto 2016, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 aprile 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso limitatamente al quinto motivo. Udita per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME propone ricorso, affidato a sei motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 360/05/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Chieti che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, a seguito di indagini bancarie, aveva contestato, per il 2007, maggiori ricavi non dichiarati, ai fini Irpef, Irap e Iva, oltre interessi e sanzioni, nei confronti di quest’ultimo, quale assunto esercente attività individuale imprenditoriale dietro uno schermo di società- di cui era amministratore unico- artatament e costituite e poi cedute o trasferite all’estero, i cui proventi confluivano nei suoi conti correnti bancari.
2.In punto di diritto, per quanto di interesse, il giudice di appello -nel confermare la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato -ha affermato che:1) era fondata l’eccezione dell’Ufficio di inammissibilità del motivo di gravame concernente l’omessa applicazione del ‘cumulo giuridico’ RAGIONE_SOCIALE sanzioni in quanto trattavasi, ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. n. 546/92, di domanda nuova; 2) non rilevava, ai fini della validità dell’avviso di accertamento, l’allegazione del provvedimento del Direttore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE autorizzativo della esecuzione RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie, laddove tale accertamento fosse stato debitamente autorizzato (è richiamata Cass. n. 15807/2015); 3) era legittimo il
ricorso all’accertamento parziale ex art. 41 -bis del d.P.R. n. 600/73 anche nel caso di indagini bancarie, richiamando l’art. 41 bis cit., tra le attività istruttorie, l’art. 32, comma 1, n. 2, del medesimo decreto secondo cui gli Uffici possono ‘ invitare i contribuenti… a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7) ‘, e dunque anche a mezzo di richiesta alle banche, nella specie, effettuata previa autorizzazione della RAGIONE_SOCIALE; 4)a fronte della presunzione legale (ex art. 32 comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 602 del 1973) di ricavi non contabilizzati scaturenti da movimentazioni bancarie non giustificate rilevate nei confronti di NOME COGNOME , quale esercente di un’attività imprenditoriale individuale dietro uno schermo societario, di volta in volta rinnovato, attraverso la costituzione di società, di cui era l’amministratore unico, poi cedute in una altalena di costituzioni e cessioni i cui proventi confluivano nei suoi conti correnti bancari, il contribuente non aveva addotto validi elementi di prova a contrario in quanto, con riferimento alle assunte deleghe rilasciate dalle società allo stesso per la riscossione dei crediti e il pagamento dei debiti RAGIONE_SOCIALE stesse, non era documentalmente provato il relativo ‘mandato di conferimento’ e comunque trattavasi di deleghe totalmente generiche nel contenuto; peraltro, non emergeva alcuna prova dell’effettivo riversamento alle società – non titolari di alcun conto corrente bancario- degli incassi effettuati né un riepilogo dei debiti pagati; 5)non risultava violato il divieto di doppia imposizione in quanto non era stato effettuato alcun accertamento a carico RAGIONE_SOCIALE società, nessuna RAGIONE_SOCIALE quali aveva presentato la dichiarazione dei redditi; 6) in ordine all’invocato riconoscimento dei costi, nel caso di accertamento derivante da indagini finanziarie, era onere del contribuente dimostrare l’effettivo sostenimento degli stessi.
3.Resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 1, n. 7 del d.P.R. n. 600/73, 7 e 10 della legge n. 212/2000 e 24 Cost., per avere la CTR escluso la nullità dell ‘avviso di accertamento per mancata allegazione dell’autorizzazione del Direttore RAGIONE_SOCIALE sebbene tale mancata allegazione avesse impedito il diritto di controllo del contribuente – come precisato nella memoria illustrativa del 14.1.2016 -sulla legittimità della sottoscrizione della stessa, con conseguente limitazione del diritto di difesa, nonché la verifica, nel caso di sottoscrizione diversa da quella del Direttore RAGIONE_SOCIALE, della validità della delega nel rispetto dei principi fissati da Cass. n. 2 2803 del 2015; 2) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 36, comma 2 n.4, del d.lgs. n. 546/1992 e 61 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla richiesta di verifica de lla validità dell’autorizzazione con particolare riferimento alla sottoscrizione da parte del Direttore RAGIONE_SOCIALE e sulla eventuale delegabilità della sottoscrizione medesima, limitandosi ad affermare la non obbligatorietà di allegazione dell’autorizzazion e.
1.1.Il motivo- sotto entrambe le sub censure prospettate- è infondato.
1.2.Con orientamento ormai da tempo consolidato, tanto con riguardo all’art. 32, comma 7, d.P.R. n. 600 del 1973, in materia di imposte dirette, quanto con riferimento all’art. 51, comma 2, n. 7, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di IVA, questa Corte ha affermato che la mancanza dell’autorizzazione ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia RAGIONE_SOCIALE movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale AVV_NOTAIO stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio, in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni ed in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal codice di procedura penale, dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita (Cass., 28 maggio 2018, n. 13353, in materia di imposte dirette; Cass., 1 aprile 2003, n. 4987, in materia di Iva; sulla necessità che l’omissione dell’autorizzazione debba essersi tradotta in un concreto pregiudizio per il contribuente cfr. Cass.,
14 aprile 2018, n. 9480). La giurisprudenza di legittimità ha anche chiarito che non vi sia neppure obbligo di allegazione della autorizzazione. Si è infatti affermato che l’autorizzazione prescritta dall’art. 51, comma 2, n. 7, cit., ai fini dell’espletamento RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie, esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie acquisite, che può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente (Cass., 10 febbraio 2017, n. 3628; 21 luglio 2009, n. 16874; 26 settembre 2014, n. 20420).In particolare, si è avvertito come «…l’esibizione tempestiva di tale autorizzazione non è indispensabile neppure ai fini del controllo della motivazione della stessa, considerato che, in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sia dirette che indirette, l’autorizzazione necessaria agli Uffici per l’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall’indicazione dei motivi che ne hanno giustificato il rilascio. E ciò per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, perché in relazione a detta autorizzazione la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, a differenza di quanto stabilito, invece, per gli accessi e le perquisizioni domiciliari, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52. Ma poi, anche perché la medesima autorizzazione, ad onta del “nomen iurís” adottato, esplicando una funzione organizzativa, incidente esclusivamente nei rapporti tra uffici, e avendo natura di atto meramente preparatorio, inserito nella fase di iniziativa del procedimento amministrativo di accertamento, non e nemmeno qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per le quali, rispettivamente, la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 1, e la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, prevedono l’obbligo di motivazione (cfr. Cass. 14026/12; 5849/12).». E conclude affermando che «Per tali ragioni, pertanto, il fatto che l’autorizzazione in parola non sia stata allegata, è da reputarsi del tutto irrilevante ai fini della validità degli atti impositivi emessi dall’Ufficio, non essendo stati addotti dal contribuente motivi di pregiudizio diversi dalla sindacabilità della motivazione di tale autorizzazione, in relazione alla quale, …. la legge non prevede obbligo alcuno di motivazione.» (Cass., 3628/2017 cit., in
contro
versia riguardante Irap ed IVA e dunque con riferimento all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, e all’art. 51 d.P.R. n. 633/1972; Cass. sez. 5, n. 4651 del 2023). In particolare si è precisato che «in materia di indagini bancarie la mancanza di autorizzazione, prevista dall’art. 32, comma 1, n. 7 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, e dall’art. 51, comma 2, n. 7 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di imposta sul valore aggiunto, ai fini della richiesta di acquisizione dagli istituti di credito di copia RAGIONE_SOCIALE movimentazioni dei conti correnti e di qualsiasi rapporto intrattenuto presso banche o operatori finanziari non implica l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo previsioni specifiche e salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente; inoltre, esplicando una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra gli uffici, non richiede alcuna motivazione e la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso d’accertamento fondato sulle risultanze RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie acquisite» (Cass. sez. 5, n. 7448 del 2022).
1.3.Nella sentenza impugnata la CTR si è attenuta ai suddetti principi nell’escludere – richiamando Cass n. 15807/2015 – che la mancata allegazione del provvedimento autorizzativo RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie influisse sulla validità dell’avviso di accertamento in questione senza che, nella specie, risultasse specificamente contestata l’esistenza dell’autorizzazione in sé, ma solo il mancato esercizio da parte del contribuente dell’assunto ‘ legittimo diritto di controllo sulla validità dell’autorizzazione in r elazione a tutti gli elementi previsti dalle norme vigenti ‘ (come precisato nella memoria del 14 gennaio 2016, v. pag. 5 del ricorso) e comunque senza che fosse stato dedotto un concreto pregiudizio al contribuente derivante dall’eventuale mancanza di detta autorizzazione. Non è nemmeno configurabile la denunciata omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine all’eccepito ‘ legittimo diritto di controllo sulla validità dell’autorizzazione ‘ con particolare riferimento alla sua sottoscrizione, stante la constatazione assorbente da parte del giudice di appello della mancata contestazione, nella specie, dell’esistenza dell’autorizzazione e, comunque, della effettiva esistenza della stessa (‘ incontestata esistenza del provvedimento autorizzatorio, risultante dall’avviso di accertamento’;… ‘gli Uffici tributari
possono richiedere alle banche ..dati, notizie o documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, cosa che l’RAGIONE_SOCIALE appellata ha fatto previa autorizzazione della RAGIONE_SOCIALE‘ v. pagg. 4-5 della sentenza impugnata).
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 41bis del d.P.R. n. 600/73 e 54, comma 5, del d.P.R. n. 633/72 per avere la CTR confermato l’avviso in questione nonostante l’illegittimo utilizzo dell’accertamento parziale non essendosi l’Ufficio limitato a recepire le risultanze del p.v.c. e degli elementi e mergenti dall’Anagrafe tributaria, ma avendo operato, sulla base di indagini bancarie, ulteriori presunzioni di ese rcizio d’impresa, ponendo di fatto in essere un accertamento di tipo induttivo (ai sensi degli artt. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 e 55 del d.P.R. n. 633/72) ovvero un accertamento d’ufficio, stante la presunta omessa dichiarazione dei redditi (ex art. 41 del d.P.R. n. 600/73), con ciò utilizzando una modalità accertativa (quella parziale) in contrasto con l’attività istruttoria effettivamente posta in essere; in particolare, ad avviso del ricorrente, l’illegittima utilizzazione del tipo di accertamento parziale, ai sensi degli artt. 41bis del d.P.R. n. 600/73 e 54, comma 5, del d.P.R. n. 633/72, si evincerebbe dalla motivazione dell’avviso che, lungi dal fare alcun richiamo al verbale di contraddittorio, sottoscritto anche dal contribuente, previsto dall’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600/73 – nella specie non redatto- sviluppava ‘presunzioni, deduzioni e conclusioni’.
2.1.Il motivo è infondato.
2.2.Va premesso che la legge n. 220 del 2010, nel contemplare, tra le attività legittimanti l’accertamento parziale, anche quella di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, non manifesta alcuna carica innovativa, limitandosi semplicemente a esplicitare un contenuto già di per sé attingibile dall’art. 41-bis, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, sicuramente nella versione introdotta dalla L.n. 311 del 2004, ma per vero già in quelle anteriori.
È infatti acquisita in giurisprudenza l’affermazione di piena legittimità del ricorso ad accertamento parziale da parte dell’Amministrazione nel caso, come nella
specie, di applicazione RAGIONE_SOCIALE presunzioni di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, sulla base della considerazione che “l’utilizzazione AVV_NOTAIO strumento dell’accertamento parziale è nella piena disponibilità degli Uffici quando ad essi pervenga una segnalazione della Guardia di Finanza che fornisca elementi per ritenere la sussistenza di un reddito non dichiarato, senza che tale strumento debba (neppure prima RAGIONE_SOCIALE modificazioni apportate dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311) essere subordinato ad una particolare semplicità della segnalazione pervenuta” (Sez. 5, nn. 20277 e 20278 del 05/06/2008, p. 9). In ossequio a tale giurisprudenza, ai fini della legittimità dell’accertamento parziale, quel che viene in linea di conto è puramente e semplicemente l’emersione, con apprezzabile immediatezza, di materia imponibile, senza che alcun rilievo assuma la metodologia istruttoria seguita per attingerne la dimostrazione. Esso, infatti, non costituisce “un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972”, ma rappresenta soltanto un’ulteriore “modalità procedurale” che “segue le stesse regole” su cui fonda l’accertamento definitivo (ragion per cui si è ritenuto che possa “basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo e il relativo avviso p essere emesso pur in presenza di una contabilità tenuta in modo regolare”: cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 28681 del 07/11/2019).
2.3.L’insegnamento su tali caratteristiche dell’accertamento parziale è risalente, trovando enunciazione sostanzialmente tralaticia anche in relazione alle versioni dell’art. 41-bis d.P.R. n. 600 del 1973 anteriori alle modifiche di cui all’art. 1, comma 405, I.n. 311 del 2004 (cfr., ad es., Sez. 5, n. 21984 del 29/09/2015, in rapporto alla versione risultante dalle modifiche di cui all’art. 62-quinquies d.l. n. 331 del 1993, conv. con mod. dalla I.n. 427 del 1993, ed ulteriormente pronunce anteriori citate nella motivazione della stessa). In considerazione di ciò, per procedere ad accertamento parziale, non è richiesto all’Ufficio di fornire la “prova certa” del maggior reddito, prova che invece poteva, e “a fortiori” può, essere raggiunta anche con le presunzioni di cui alla fonte legale: invero, secondo il costante, “in parte qua”, tenore letterale dell’art. 41bis , comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, è sufficiente che ” risultino elementi ” (non altrimenti qualificati) affinché gli Uffici possano, con l’accertamento parziale, ” limitarsi ad
accertare, in base a, il reddito o il maggior reddito imponibili “, fatta sempre salva la possibilità per il contribuente di fornire specifica prova contraria, da sottoporre al vaglio del giudice di merito nella fase contenziosa (per siffatte considerazioni cfr. in part. Sez. 5, n. 27323 del 23/12/2014, che ha conseguentemente ritenuto legittima l’adozione di un avviso di accertamento parziale anche su iniziativa propria dell’Ufficio titolare del potere di accertamento totale; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 25871 del 2022).
2.4.In particolare, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, « L’accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto a quello previsto dagli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n.633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le medesime regole , sicché il relativo oggetto non è circoscritto ad alcune categorie di redditi e la prova può essere raggiunta anche in via presuntiva (…)» (Cass. n. 8406 del 04/04/2018; sulla assenza di autonomia dell’accertamento parziale rispetto a quello ordinario si vedano, altresì, Cass. n. 21984 del 28/10/2015; Cass. n. 28681 del 07/11/2019; Cass. n. 861 del 2023).
2.5.Nella sentenza impugnata la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere tra le attività istruttorie legittimanti l’accertamento parziale (ai sensi degli artt. 41bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54, comma 5, del d.P.R. n. 633/72) quella di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, essendo richiamato dall’art. 41bis cit. l’art. 32, comma 1, n. 2 cit. secondo cui gli Uffici possono ‘ invitare i contribuenti… a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7) ‘, e, dunque, anche a mezzo di richiesta alle banche, nella specie, effettuata previa autorizzazione della RAGIONE_SOCIALE.
3.Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CTR rigettato il motivo di appello relativo alla assunta mancanza dei presupposti impositivi e omesso esame degli elementi di prova dedotti in giudizio, negando
la validità RAGIONE_SOCIALE deleghe rilasciate al ricorrente dalle società (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) per riscuotere/pagare i propri crediti/debiti e ritenendo, in ogni caso, non provato l’effettivo riversamento alle società degli incassi effettuati, senza considerare la documentazione prodotta dal contribuente (deleghe e procura notarile allegate già al ricorso introduttivo; appositi prospetti, con le quietanze dei fornitori e dei dipendenti, dai quali si evincevano gli accreditamenti sul conto corrente del contribuente, con relativa distinta di versamento, riferibili a ciascuna fattura, allegata in copia, emessa dalle società e a lui consegnata nonché i prelievi effettuati, utilizzando le somme incassate, per il pagamento di fornitori e creditori, identificati per ogni singolo pagamento, o per restituire il saldo alle società; assegni circolari emessi dal ricorrente in favore della RAGIONE_SOCIALE costituenti la ‘liquidazione dei saldi’ e l’effett ivo riversamento alla società degli incassi effettuati; assegni emessi dalla RAGIONE_SOCIALE in favore del contribuente al fine di assicurare la provvista per i pagamenti ai creditori).
4. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio -violazione art. 67 del d.P.R. n. 600/1973- per avere il CTR rigettato il motivo di appello relativo all’assunta violazione del divieto di doppia imposizione , limitandosi ad osservare che ‘ in presenza di omessa dichiarazione da parte della società e del contribuente, non si vede come possa determinarsi una duplicazione di imposte laddove non si è in presenza di alcun accertamento a carico della società ‘; ciò senza considerare che, come emergeva dal decreto di sequestro preventivo n. 590 del 2013 del GIP presso il Tribunale di Vasto, dal verbale di sequestro preventivo del 18.7.2013 della G.d.F. di Vasto, nonché dall’avviso di accertamento emesso per il 2007 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e notificato nei confronti di quest’ultima successivamente a quello già notificato per gli stessi presupposti a carico del contribuente – i ricavi accertati in capo alla società coincidevano con gli incassi già ricondotti e tassati in capo a NOME COGNOME su delega della società.
I motivi terzo e quarto -da trattare congiuntamente per connessione -sono inammissibili.
5.1.In primo luogo, con il quarto motivo il ricorrente ha cumulato, in rubrica, censure per vizi motivazionali e violazione di legge senza però distinguere tra di essi nell’illustrazione del motivo: in tal modo impedendo un sicuro esercizio nomofilattico. In effetti, non può farsi carico alla Corte di individuare all’interno dell’esposizione ciò che costituisce violazione di legge da ciò che costituisce vizio motivazionale. Difatti (anche dopo l’abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c.) l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, impone alla parte sotto il profilo dell’autosufficienza di spiegare quali siano le ragioni della censura. E, appunto, senza che la Corte debba fare opera di supplenza (Cass., sez. 5, n . 2617 del 2015; Cass. sez. 3 n. 18375 del 2010; Cass. sez. 3 n. 12984 del 2006; Cass. sez. 3 n. 21659 del 2005).
5.2.Con riguardo ai motivi terzo e quarto, quanto al denunciato vizio ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.- come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporisesso concerne l’omesso esame di un fatto storico , principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’ art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015). Non costituiscono “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass.
Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152 Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439); rimane peraltro estranea dall’ambito del vizio in questione qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si sia formato in esito all’esame del materiale istruttorio (Cass. 20553/2021). Sotto altro aspetto, si osserva che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo, per le ragioni suindicate ad un vizio inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. 10 giugno 2016, n. 11892); invero, la valutazione dei documenti e RAGIONE_SOCIALE altre risultanze istruttorie, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (così, Sez. 5, n. 15266 del 2023;Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 21 luglio 2010, n. 17097); nella specie, i motivi terzo e quarto sono inammissibili, in quanto il ricorrente non ha assolto il suddetto onere, essendo stato dedotto l’omesso esame non già di ‘fatti storici’, ma bensì di profili attinenti alle risultanze probatorie, la rivalutazione RAGIONE_SOCIALE quali è preclusa a questa Corte.
5.3. Peraltro, le doglianze mosse ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., sono inammissibili in quanto contravvengono al principio, condiviso dal Collegio, secondo cui nell’ipotesi, come quella che ci occupa, di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348ter cod. proc. civ., applicabile anche nel giudizio di legittimità in materia tributaria, ovvero al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE (cfr. Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014), il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della
decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528 del 2014; Cass. sez. 5, sentenza n. 36240 del 2023); adempimento che il ricorrente, nel caso di specie, non ha svolto, emergendo comunque dal contenuto del ricorso che identica è la quaestio facti esaminata dalle due commissioni.
6 .Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, la nullità della sentenza o del procedimento- anche ai sensi degli artt. 36, comma 2 n.4, del d.lgs. n. 546/1992 e 61 del d.lgs. n. 546/92- per omessa pronuncia da parte del giudice di appello in ordine alla domanda, formulata in via subordinata, di riconoscere – a fronte dei ricavi accertati a seguito di indagini bancarie -‘ una percentuale di abbattimento dei costi (del 90%-95% tenuto conto della tipologia di attività) non essendo ipotizzabile che una presunta attività di impresa potesse generare solo ricavi facendo a meno dei costi ‘.
6.1.Il motivo- che è formulato in termini di omessa pronuncia benchè vengano richiamati anche gli artt. artt. 36, comma 2 n.4, del d.lgs. n. 546/1992 e 61 del d.lgs. n. 546/92- è infondato.
6.2.Premesso che costituisce violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, e configura il vizio di cui all’art. 112 cod. proc. civ., l’omesso esame di specifiche richieste o eccezioni fatte valere dalla parte e rilevanti ai fini della definizione del giudizio, che va fatto valere ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. (Cass. n. 22759 del 2014; n. 6835 del 2017 Cass. 285802021); in particolare, il vizio di omessa pronuncia ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta RAGIONE_SOCIALE parti che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. n. 27566 del 2018; n. 28308 del 2017; n. 7653 del 2012), nella specie, la CTR ha espressamente affermato: ‘ In ordine poi all’invocato riconoscimento dei costi è da rilevare che, nel caso di accertamento derivante da indagini finanziarie, non si può prescindere da una si mmetria dell’onere della prova che deve essere assolto dal contribuente sia in relazione ai versamenti ed ai prelevamenti onde escluderne qualsiasi rilevanza ai fini reddituali che per
quanto concerne i costi per i quali occorre dimostrarne il sostenimento ‘; è evidente che la CTR, lungi dall’incorrere in una omessa pronuncia, ha espressamente escluso che, nella specie, il contribuente avesse dimostrato l’effettivo sostenimento di costi, correttamente non detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi accertati.
7 . Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997, per avere la CTR ritenuto inammissibile, ex art. 57 del d.lgs. n. 546/92 trattandosi di domanda nuova in appello, la censura con la quale si denunciava la mancata applicazione in materia di sanzioni del cumulo giuridico sebbene, ai sensi dell’art. 12, comma 5, cit., come novellato, il giudice -che prendeva cognizione dell’ultimo ricorso -dovesse applicare il cumulo giuridico d’ufficio indipendentemente da una specifica richiesta di parte, rideterminando la sanzione base, tenendo conto del d.lgs. n. 158 del 2015, applicabile, in funzione del principio del favor rei , anche ai procedimenti in corso.
7.1.Il motivo- con il quale si denuncia sostanzialmente la violazione da parte del giudice di appello dell’obbligo di applicare autonomamente il c.d. cumulo giuridico in base al novellato art. 12, comma 5, cit.- si profila inammissibile in quanto, il contribuente, non ha assolto, in punto di autosufficienza, all’onere di precisare la sussistenza, nella specie, del presupposto del definitivo accertamento della violazione antecedente della stessa indole per effetto di una pronuncia giurisdizionale ovvero della mancata impugnazione della contestazione (v. Cass. sez. 5, 13742/2019 e Cass. sez. 5, n. 5115 del 2024).
8.In conclusione, il ricorso va rigettato.
9.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 10.770,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis AVV_NOTAIO stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2024