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Indagini bancarie: quando l’accertamento è valido?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21728/2024, ha rigettato il ricorso di un contribuente contro un avviso di accertamento per Irpef, Irap e Iva basato su indagini bancarie. La Corte ha stabilito che l’accertamento è valido anche senza allegare l’autorizzazione alle indagini, poiché questa ha una funzione meramente organizzativa interna all’Agenzia delle Entrate. È stato inoltre confermato che l’onere di giustificare le movimentazioni bancarie ricade interamente sul contribuente, che nel caso di specie non era riuscito a fornire prove sufficienti a superare la presunzione legale di ricavi non dichiarati.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Indagini bancarie: la Cassazione conferma la validità dell’accertamento fiscale

Le indagini bancarie rappresentano uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21728 del 1° agosto 2024, ha offerto importanti chiarimenti sulla legittimità degli avvisi di accertamento che ne derivano, consolidando principi fondamentali in materia di onere della prova e validità degli atti.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imprenditore individuale a cui l’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento per maggiori ricavi non dichiarati ai fini Irpef, Irap e Iva. L’accertamento era scaturito da approfondite indagini bancarie sui conti correnti personali del contribuente.

Secondo la ricostruzione dell’Ufficio, l’imprenditore operava attraverso uno schermo di società, formalmente amministrate da lui, che venivano artatamente costituite e poi cedute o trasferite. I proventi derivanti da queste attività, tuttavia, confluivano direttamente sui suoi conti personali. Di fronte a queste movimentazioni, il Fisco ha presunto che si trattasse di ricavi imponibili non dichiarati, emettendo il relativo atto di accertamento.

La Decisione della Corte di Cassazione

Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento, contestandone la validità sotto diversi profili. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno rigettato i ricorsi. Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il ricorso dell’imprenditore è stato definitivamente respinto.

La Corte ha confermato la piena legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate, ribadendo principi consolidati e fornendo indicazioni precise sulla gestione degli accertamenti basati su dati finanziari.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Suprema Corte si fonda su argomentazioni giuridiche solide, che toccano i punti chiave del contenzioso tributario in materia di indagini bancarie.

Validità dell’Accertamento e Autorizzazione per le Indagini Bancarie

Uno dei motivi principali di ricorso era la mancata allegazione, all’avviso di accertamento, del provvedimento del Direttore Regionale che autorizzava l’esecuzione delle indagini bancarie. Il contribuente sosteneva che tale omissione avesse leso il suo diritto di difesa.

La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che l’autorizzazione prescritta dalla legge (art. 32 del d.P.R. n. 600/73) ha una funzione puramente organizzativa e interna agli uffici dell’Agenzia. Non è un atto che deve essere motivato né, tantomeno, allegato o esibito al contribuente. La sua assenza materiale o la mancata allegazione non comportano l’illegittimità dell’accertamento, a meno che il contribuente non dimostri di aver subito un concreto pregiudizio, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Legittimità dell’Accertamento Parziale

Il ricorrente contestava anche l’utilizzo dello strumento dell’accertamento parziale (art. 41-bis del d.P.R. n. 600/73), sostenendo che l’Ufficio avesse operato complesse presunzioni tipiche di un accertamento induttivo. Anche questa doglianza è stata respinta. La Corte ha ribadito che l’accertamento parziale è pienamente legittimo quando si basa su elementi certi, come le risultanze delle movimentazioni bancarie. Questo strumento non rappresenta un metodo di accertamento autonomo, ma una modalità procedurale che segue le stesse regole dell’accertamento ordinario e può basarsi anche su presunzioni legali, come quelle legate ai versamenti e prelievi non giustificati.

L’Onere della Prova a Carico del Contribuente

Il punto cruciale della sentenza riguarda l’onere della prova. A fronte della presunzione legale secondo cui le movimentazioni bancarie non giustificate costituiscono ricavi, spetta esclusivamente al contribuente fornire la prova contraria. Nel caso specifico, l’imprenditore aveva sostenuto di agire sulla base di deleghe ricevute dalle società per incassare crediti e pagare debiti, ma non era riuscito a documentare adeguatamente né il mandato ricevuto né l’effettivo riversamento delle somme alle società. Le deleghe prodotte erano generiche e mancava la prova del sostenimento dei costi. La Corte ha quindi concluso che il contribuente non aveva assolto al proprio onere probatorio.

Rigetto delle Altre Istanze

Infine, sono state respinte anche le censure relative alla presunta violazione del divieto di doppia imposizione (poiché non era stato effettuato alcun accertamento a carico delle società) e la richiesta di riconoscimento forfettario dei costi. Su quest’ultimo punto, la Corte ha ricordato che, in caso di accertamento da indagini finanziarie, è sempre onere del contribuente dimostrare l’effettivo sostenimento dei costi che vorrebbe dedurre.

Le Conclusioni

La sentenza n. 21728/2024 consolida l’orientamento della giurisprudenza in materia di accertamenti basati su indagini bancarie. Le conclusioni pratiche per i contribuenti, in particolare per gli imprenditori, sono chiare e stringenti:

1. Validità dell’Atto: Non è possibile contestare un avviso di accertamento solo perché non è allegata l’autorizzazione alle indagini.
2. Onere della Prova: Qualsiasi movimentazione sui conti correnti, specialmente se personali, deve essere tracciabile e giustificabile con documentazione idonea. La presunzione legale di ricavi è molto forte e l’onere di superarla ricade interamente sul contribuente.
3. Separazione Patrimoniale: È fondamentale mantenere una netta separazione tra il patrimonio personale e quello aziendale. La confusione tra i due espone a rischi fiscali elevatissimi, poiché tutti i movimenti non giustificati possono essere considerati reddito imponibile.

Un avviso di accertamento basato su indagini bancarie è nullo se non viene allegata l’autorizzazione del direttore regionale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’autorizzazione alle indagini bancarie ha una funzione organizzativa interna e la sua mancata allegazione non invalida l’avviso di accertamento, a meno che il contribuente non dimostri un concreto pregiudizio al suo diritto di difesa.

In caso di accertamento fiscale, chi deve giustificare le movimentazioni presenti su un conto corrente?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente. Esiste una presunzione legale per cui i versamenti e i prelievi non giustificati su un conto corrente sono considerati ricavi imponibili. Il contribuente deve fornire prove documentali specifiche e rigorose per dimostrare il contrario.

È legittimo utilizzare un ‘accertamento parziale’ basandosi esclusivamente sui risultati di indagini bancarie?
Sì, la Corte ha confermato che l’accertamento parziale è uno strumento legittimo che può essere fondato anche solo sulle risultanze delle indagini bancarie, in quanto queste costituiscono elementi certi da cui emerge una materia imponibile non dichiarata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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