Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1147 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1147 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
Oggetto: operazioni oggettivamente inesistenti -indagini bancarie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18608/2017 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (pec: EMAILordineavvocatiromaEMAIL), elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domici-
liata in Roma, INDIRIZZO costituita ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art.370, comma 1, cod. proc. civ.;
-resistente – avverso la sentenza n. 59/3/2017 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio depositata il 18.1.2017, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 21 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 27176/31/2015 con la quale era stato parzialmente accolto il ricorso avverso un avviso di accertamento notificato al contribuente per II.DD. e IVA relativamente all’ anno di imposta 2009.
A carico del Dr. NOME COGNOME esercente attività di medico generico convenzionato con il RAGIONE_SOCIALE, venivano svolte indagini circa l’uso di fatture emesse per operazioni inesistenti, funzionali alla creazione di fittizi crediti IVA da utilizzare in compensazione. Emergeva che nei confronti del contribuente, nel corso del triennio 2008-2010, erano stati effettuati diversi bonifici da parte della cooperativa RAGIONE_SOCIALE con causale ‘rate acquisto terreni’ o similari. Ulteriori bonifici, per complessivi euro 420.000,00 venivano effettuati dalla cooperativa RAGIONE_SOCIALE Da un controllo all’Anagrafe tributaria non risultava che le due cooperative, il cui oggetto sociale era costituito dalla prestazione di servizi di pulizia e logistica, avessero registrato contratti preliminari o definitivi per acquisto di immobili nel triennio considerato. L’Amministrazione finanziaria disponeva indagini finanziarie su conti bancari intestati al contribuente, ex art.
32, d.P.R. n. 600/73 e art. 51, d.P.R. 633/72 e, all’esito, lo invitava al preventivo contraddittorio, ma egli non si presentava né forniva giustificazione delle anomale movimentazioni bancarie contestate. Venivano così emessi tre avvisi di accertamento, uno per ciascuna annualità.
Il giudice di prime cure, in adesione alla stessa sollecitazione dell’Agenzia, accoglieva nel merito in parte le doglianze della parte ricorrente e annullava l’atto di accertamento limitatamente ai prelievi, applicando il disposto della sentenza n.228/2014 della Corte costituzionale trattandosi di contribuente professionista, e confermava nel resto le riprese.
Il giudice d’appello confermava la sentenza di primo grado, ritenendo che il contribuente non avesse offerto la prova specifica riguardante analiticamente i singoli versamenti bancari richiesta in caso di accertamenti bancari come quelli occorsi nella specie.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente, affidato a sei motivi che illustra con memoria, mentre l’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., viene prospettata la violazione e falsa applicazione degli artt.42 d.P.R. 600/1973 e n.112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia da parte del giudice sulla questione dell’omessa sottoscrizione dell’avviso impugnato da parte del capo dell’ufficio o da un sostituto validamente delegato.
Il motivo è inammissibile, sia per la tecnica di formulazione che non individua il paradigma processuale dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. pertinente all’omessa pronuncia, che è il n.4 con relativi requisiti di specificità, sia per novità, dal momento che il ricorso non
allega né dimostra la tempestiva proposizione della questione in primo grado e riproposizione in appello.
3. Con il secondo motivo il ricorrente, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato interno e di giudicato esterno sollevati dal contribuente, in violazione degli artt.112, 324 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ.. Il ricorrente lamenta il fatto che la decisione si sia basata su una lettura errata dei motivi di appello che l’avrebbe condotta alla erronea integrale conferma dell’avviso di accertamento attraverso un nuovo e completo riesame della pretesa erariale. Ciò sarebbe stato precluso dal giudicato interno in ordine ad alcuni punti della motivazione della sentenza di primo grado, non oggetto di appello dell’Agenzia, la cui conseguenza doveva essere quantomeno la riduzione del maggior reddito imponibile nella misura delle movimentazioni giustificate e non più contestate.
Inoltre, il giudice non avrebbe tenuto conto del giudicato esterno discendente dalla sentenza n. 3971/09/16 resa della C.T.R. relativamente a diverso anno d’imposta nell’arco del triennio oggetto di accertamento, ma i cui effetti avrebbero dovuto essere estesi anche alla presente controversia, essendo a dire del ricorrente identiche le questioni affrontate.
Il motivo è inammissibile.
4.1. Da un lato, con riferimento al prospettato giudicato interno, il ricorso non riproduce l’atto di appello dell’Agenzia al fine di consentire la verifica della decisività della censura, alla luce dell’accertamento contenuto alla terza pagina della sentenza della intervenuta proposizione di appello anche nel merito circa la fondatezza delle riprese oggetto di accertamento.
4.2. Quanto al giudicato esterno, sulla base di quanto esposto nel ricorso anche a livello di allegazione mancano le condizioni di fatto per ritenere operante l’effetto ex art.2909 cod. civ. con riferimento
alle imposte periodiche oggetto di ripresa, posto che gli accertamenti bancari e le operazioni contestate come inesistenti possono condurre a risultati divergenti a seconda dell’anno oggetto di imposta, trattandosi di operazioni economiche che, astrattamente, possono sussistere per un’annualità e non per un’altra, così come i singoli movimenti bancari contestati possono trovare giustificazione caso per caso.
Con il terzo motivo il ricorrente, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt.23, 24, 32, 54, 57 e 58 d.lgs. n.546/92 e 112 cod. proc. civ. per aver l’Agenzia, tardivamente costituita, sollevato in appello eccezioni nuove mai formulate in primo grado.
Il motivo è inammissibile, sia per difetto di specificità, sia per essere quelle evidenziate in censura (circa la fase di liquidazione della cooperativa, il suo stato debitorio e la contraddittorietà di un’operazione straordinaria, nonché la mancata redistribuzione delle somme agli altri comproprietari, cfr. pp.26 e 27 ricorso) delle mere difese o comunque circostanze irrilevanti ai fini del decidere.
Inoltre, la censura ex art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 è anche manifestamente infondata, nella parte in cui a pag.26 del ricorso fa riferimento alla presunta irritualità del deposito di nuovi documenti in appello che, al contrario, è comunque sempre consentito.
Con il quarto motivo di ricorso, in rapporto all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., viene lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art.32 d.P.R. n.600/73 e 112 cod. proc. civ. da parte della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto irrilevanti i motivi personali addotti dal ricorrente a giustificazione dell’impossibilità di produrre in sede amministrativa la documentazione richiesta dall’Amministrazione.
8. Il mezzo di impugnazione è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi espressa dal giudice sulla questione, dal momento
che la CTR è vero che ha inizialmente accertato l’assenza di cause impeditive all’esibizione documentale in fase procedimentale, ma poi ha implicitamente ritenuto utilizzabile la documentazione prodotta dal contribuente nel giudizio e non esibita in sede amministrativa, avendola valutata, e l’ha ritenuta non adeguata alla giustificazione delle movimentazioni bancarie contestate.
9. Il quinto motivo di ricorso, in rapporto all’art. 360, comma 1, n. 3) deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.1321, 1350, 1351 e ss., 1703 e ss., 2697, 2727, 2729 cod. civ. e 112 cod. proc. civ. con riferimento alla «qualità di comproprietario del COGNOME, alla scelta del suo c/c ed alla mancata redistribuzione delle somme». 10. Il motivo è inammissibile.
È condivisa la giurisprudenza della Corte (Cass. 22 settembre 2014 n. 19959) secondo la quale il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito. Nella censura in esame, sotto l’ombrello della violazione di legge è chiesto il riesame di una pluralità di questioni di fatto, connesse alle indagini bancarie alla base delle riprese ad imposizione.
Al proposito, va ribadito che in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzio-
nale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti (Sez. 5, Sentenza n. 16697 del 09/08/2016, Rv. 640983 -01; conforme, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3628 del 10/02/2017, Rv. 643207 01).
La sentenza impugnata è pienamente conforme al principio di diritto di cui a tale arresto giurisprudenziale, e la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.
11. Il sesto motivo rubricato ‘spese di lite’ , solo un abbozzo senza neppure indicazione del pertinente paradigma dell’art.360, primo comma, cod. proc. civ. è inammissibile sia per la tecnica di formulazione sia perché diretto manifestamente ad ottenere una sostituzione della decisione di merito, non ottenibile nei termini richiesti in sede di legittimità.
Il giudizio di cassazione (cfr. Cass. 28 novembre 2014 n. 25332) è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito di un capo della decisione.
11.1. Inoltre, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza
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di motivazione (Cass., Sez. U, Sentenza n. 14989 del 15/07/2005; conf., Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11329 del 26/04/2019, Rv. 653610, nonché Cass. n. 3122 del 2020, non massimata).
12. Il ricorso è conclusivamente rigettato. Le spese di lite non seguono la soccombenza in assenza di effettiva attività difensiva da parte dell’Agenzia .
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21.11.2024