Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7822 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7822 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 599/2018 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in FORMIA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della C.T.R. del LAZIO, n. 2902/2017 depositata il 19/05/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugna la sentenza della C.T.R. del Lazio, che, in sede di giudizio di rinvio, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha riformato la sentenza della C.T.P. di Latina di annullamento dell’avviso di accertamento che, per l’anno di imposta 2002, rideterminava ex art. 32 d.P.R. 600/1973 il reddito in euro 450.489,98, ai fini IRPEF.
La C.T.R., dato atto del principio enunciato dalla Corte di cassazione, secondo il quale l’autorizzazione all’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata di motivazione, ha ritenuto i risultati delle indagini bancarie ex art. 32 d.P.R. 600/1973 assistiti da presunzione legale relativa di maggiori ricavi e non integrata la prova contraria a carico del contribuente, risolvendosi le giustificazioni rese dal medesimo nella fase precontenziosa -consistite nella mera indicazione del soggetto NOMECOGNOME che avrebbe ricevuto gli assegni di prelievo dal conto corrente oggetto di indagine- prive di riscontro, esse non integrando prova documentale ai sensi del d.lgs. 546 del 1992/1992.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME formula un unico motivo di ricorso, con cui, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., si duole della violazione dell’art. 32 d.P.R. 600/1973. Lamenta che il giudice di seconda cura abbia erroneamente interpretato la disposizione, affermando, in contrasto con la lettera della legge, che il contribuente in fase precontenziosa dovesse fornire la prova contraria in forma documentale, laddove, invece, secondo la giurisprudenza di legittimità, ne è consentita, in ogni fase,
l’integrazione anche a mezzo di presunzioni semplici. Assume che il contribuente, nei ristretti termini consentiti dall’invito dell’Ufficio a fornire notizie, aveva indicato nel modulo prestampato la provenienza dei versamenti e i beneficiari dei prelevamenti, giustificando le operazioni. A fronte di ciò sarebbe stato onere dell’Agenzia delle Entrate esporre nell’avviso di accertamento una motivazione che consentisse al contribuente di svolgere efficacemente la sua difesa, a mezzo dell’identificazione dei presupposti materiali e giuridici dell’atto impositivo. Sostiene che, al contrario, l’avviso di accertamento risulta privo di idonea motivazione, non essendo state prese in nessuna considerazione le argomentazioni difensive prodotte in fase precontenziosa. Non è, infatti, sufficiente, nei confronti del soggetto privato, il mero ricorso alla presunzione legale, diversamente da quanto previsto per le società dotate di scritture contabili, dovendo l’Ufficio evincere la difformità fra le dichiarazioni e la situazione reale a mezzo di prove o di presunzioni, purché gravi precise e concordanti. Rileva che l’avviso di accertamento è privo di qualsivoglia motivazione in tal senso. Sottolinea che la giurisprudenza di merito ha escluso che possa estendersi al soggetto privato la presunzione legale di cui all’art. 32 d.P.R. 600/1973, valida solo per le società ed i lavoratori autonomi e che la giurisprudenza di legittimità ha precisato come la medesima presunzione possa invocarsi solo per la determinazione del quantum debeatur , ma non per l’individuazione delle condizioni legittimanti l’accertamento.
Il motivo è infondato.
Va preliminarmente sgombrato il campo dall’affermazione relativa all’inapplicabilità del disposto di cui all’art. 32 d.P.R. 600/1973 a soggetti diversi dalle società, dagli imprenditori o dai lavoratori autonomi. Questa Corte, infatti, ha recentemente ribadito che ‘In tema di accertamento delle
imposte sui redditi, le indagini bancarie nei confronti delle persone fisiche sono consentite anche nei riguardi di chi non abbia la qualifica di imprenditore o di lavoratore autonomo e sia, invece, un lavoratore dipendente o un soggetto che risulti non occupato’ (Sez. 5, Ordinanza n. 31627 del 04/11/2021; cfr. in precedenza Sez. 5, Sentenza n. 22514 del 12/06/2013, in motivazione). Si tratta di una norma di carattere generale che consente all’amministrazione fiscale di effettuare le indagini ivi previste nei confronti di qualsiasi contribuente, essendo la limitazione a particolari categorie priva di riscontro normativo.
4. Fatta questa premessa, deve osservarsi che l’art. 32 d.P.R. 600/1973, introduce una presunzione legale relativa che ribalta sul contribuente l’onere di dare specifica giustificazione delle movimentazioni bancarie, oggetto di contestazione, ‘al fine di dimostrare che le stesse non derivano da operazioni imponibili e tale conseguenza, oltre al regime legale, si riconnette altresì a quel principio di vicinanza della prova che è connaturato al disposto dell’art. 2697 c.c. e che attiene alla possibilità di conoscere, in via diretta o indiretta, i fatti materiali e storici che stanno alla base della loro evidenziazione probatoria’ (per tutte da ultimo: Sez. 5 – , Sentenza n. 26014 del 04/10/2024). Con la conseguenza che l’Amministrazione non è gravata di alcun ulteriore onere probatorio in ordine alla verifica di dette operazioni, spettando al contribuente fornire la prova contraria.
Nell’ipotesi di specie, la C.T.R. si è limitata ad osservare -del tutto correttamenteche le giustificazioni fornite in fase precontenziosa, ovverosia la mera indicazione del nominativo di colui che avrebbe ricevuto gli assegni bancari, non considerate dall’Ufficio adeguata prova contraria alla presunzione legale, non imponevano alcuna specifica motivazione in sede di avviso di accertamento, stante l’inconsistenza della difesa.
A ciò, la C.T.R., ha aggiunto che neppure nel corso del processo il contribuente ha provveduto a fornire la prova contraria, come era sua facoltà fare. Il riferimento alla mancanza di prova documentale, cui fa cenno la sentenza impugnata, pur essendo ultroneo, stante la possibilità di fornire anche elementi presuntivi dell’estraneità delle operazioni bancarie ad operazioni imponibili, va inteso nel senso che le mere dichiarazioni fornite dal contribuente, di per sé prive di significato dimostrativo, necessitavano comunque di un sostegno probatorio documentale, anche indiziario, affinché si rivelassero idonee a vincere la presunzione di cui all’art. 32 d.P.R. 600/1973. Pur nella sua imprecisione, nondimeno, la sentenza non pare nella sostanza censurabile, avuto riguardo al fatto che constata l’assenza di validi elementi di prova contraria, che, peraltro, neppure in questa sede il ricorrente afferma di avere introdotto in giudizio.
Il ricorso deve, dunque, essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi in euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 15/01/2025
Il Presidente NOME COGNOME