Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4765 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4765 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26395/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
STUDIO ASSOCIATO COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato prof. COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentalenonché
NOME COGNOME domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato prof. COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale-
nonché
NOME COGNOME domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato prof. COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentalecontro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente all’incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. CATANIA n. 1443/2016 depositata il 13/04/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
All’esito di indagini bancarie, per l’anno di imposta 2008, l’Ufficio recuperava a tassazione il maggior reddito accertato nei confronti dello Studio RAGIONE_SOCIALE Spada RAGIONE_SOCIALE. Nello specifico, le indagini si incentravano sui movimenti nei conti correnti intestati allo studio, dove confluivano i flussi finanziari dell’attività professionale ed anche i relativi compensi. Il confronto endoprocedimentale rendeva chiarezza di alcune riprese che erano annullate, rimodulando al ribasso la pretesa impositiva. Senonché le posizioni rimanevano distanti, donde erano emessi gli atti impositivi nei confronti dello Studio associato e, per l’effetto, dei singoli soci in proporzione alla percentuale di partecipazione. La parte privata adiva il giudice di prossimità, senza trovare apprezzamento delle proprie ragioni che avevano però integrale accoglimento in sede d’appello, dove il collegio di secondo grado dava prevalenza al conteggio della parte privata, rispetto alle risultanze delle indagini erariali.
Ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi a due mezzi, cui replica la parte privata con tempestivo controricorso ed interponendo ricorso incidentale su unico motivo, cui replica il Patrono erariale, spiegando controricorso a sua volta.
In prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha depositato memoria ad illustrazione delle proprie ragioni.
CONSIDERATO
Va esaminato con precedenza il ricorso principale, affidato a due motivi.
Con il primo motivo si prospetta censura i sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione dell’articolo 32 del DPR numero 600 del 1973 in combinato disposto con l’articolo 2697 del codice civile.
Nello specifico la parte pubblica lamenta che la sentenza in scrutinio abbia dato prevalenza alle risultanze istruttorie della parte contribuente su generici assunti di preferibilità, argomentando altresì che l’atto impositivo è basato esclusivamente sulle ‘difficoltose risultanze bancarie’ senza tener conto dell’effettiva attività svolta e di altri elementi significativi per desumere l’effettivo reddito.
Con il secondo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5 del codice di procedura civile per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. Nello specifico si contesta l’esame delle risultanze istruttorie di parte pubblica, talmente superficiale da raggiungere l’omissione, integrando un vizio costituzionalmente rilevante nella sentenza in scrutinio.
Il primo motivo è fondato ed assorbente.
La gravata sentenza ritiene insufficienti le indagini bancarie e formula apprezzamento per i conteggi di parte privata a cui ritiene di dare prevalenza, senza entrare nel merito delle singole poste e criticando le analisi bancarie ‘per masse’.
Tale motivazione si pone in frontale contrasto con l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte di legittimità in tema di presunzioni di maggior reddito occulto, derivanti da indagini bancarie e sul relativo onere probatorio inverso che grava sulla parte contribuente per vincere la presunzione fissata dalla legge. Da tempo, infatti, è consolidato l’orientamento per cui le movimentazioni bancarie si presumono operazioni connesse alla produzione di reddito, di talché l’Ufficio non è tenuto a dimostrare altro, mentre spetta al contribuente fornire la prova analitica per singola posta del suo carattere non imponibile o già computato.
In particolare, occorre richiamare quanto già statuito in più occasioni e qui di seguito nuovamente esposto, anche alla luce dell’intervento del Giudice delle leggi.
Infatti, in tema d’imposte dirette, la presunzione legale (relativa) di disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari ex art. 32, comma 1, nn. 2 e 7, d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di redditi d’impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, indipendentemente dalla categoria reddituale a cui siano riferibili i proventi accertati, fermo restando che, in considerazione della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo esclusivamente nei confronti dei titolari di redditi d’impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti (così Cass. T., n. 35618/2023), pertanto, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (cfr. Cass. V, n. 29572/2018). Peraltro, trattandosi qui dell’anno di imposta 2008, giova precisare che in tema di prelevamenti e versamenti sui
conti correnti bancari, gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 – che ha ritenuto irragionevole e contraria al principio di capacità contributiva la presunzione che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo sia a sua volta produttivo di reddito – retroagiscono e si applicano anche ai rapporti giuridici non consolidati e non coperti da decisioni passate in giudicato (cfr. Cass. V, n. 2250/2021).
Nel caso concreto, trattandosi di studio professionale, restano rilevanti i versamenti, nei termini di cui sopra. Peraltro, lo stesso Ufficio ha rimodulato i versamenti tenendo conto di quanto ricevuto quale provvista per assolvere gli oneri tributari nei confronti dei clienti.
Tuttavia, attesa la già richiamata generalità di rilevanza delle indagini bancarie, occorre ricordare che già da tempo è stato affermato come l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi degli artt. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d’impresa o di lavoro autonomo, atteso che, ove non sia contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato, incombendo al contribuente l’onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti (cfr. Cass. V, n. 5135/2017), precisandosi anche di recente che in tema di
accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (così Cass. T., n. 2928/2024).
A tale principio non si è attenuta la sentenza in scrutinio, ove non ha ritenuto sufficienti le risultanze bancarie (pag. 3, fine secondo capoverso della motivazione), ritenendo necessari ulteriori accertamenti ed affermando più convincenti le motivazioni di parte contribuente, genericamente accolte.
Donde il motivo è fondato e dev’essere accolto.
3.1. Resta quindi assorbito il secondo motivo che attiene alla (mancata) considerazione delle prove offerte da parte pubblica.
Occorre ora esaminare il ricorso incidentale.
4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 del DPR numero 600 del 1973. Nella sostanza si lamenta una cattiva lettura delle risultanze probatorie offerte da parte contribuente, laddove il collegio di seconde cure non si è accorto -nel rideterminare il maggiore imponibile- che la somma ivi indicata era preceduta dal segno negativo. Per stessa ammissione di parte contribuente trattasi di errore percettivo, già rappresentato in sede di procedura di correzione di errore materiale avanti il giudice di merito. Un tanto, quindi, rende inammissibile il motivo, che non si concreta in una
critica alla sentenza, nella sua motivazione, ma nell’indicazione di una svista o errore percettivo di carattere revocatorio.
Il ricorso incidentale è quindi inammissibile e tale va dichiarato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, assorbito il secondo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria della Sicilia -Catania, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16/01/2025.