Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18273 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18273 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22207/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME, STUDIO ASSOCIATO COGNOME & COGNOME, elettivamente domiciliati in RAGUSA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
nonché STUDIO ASSOCIATO RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO SICILIA n. 3652/2024 depositata il 09/05/2024. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Co: NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
All’esito di indagini bancarie, per l’anno di imposta 2011, l’Ufficio recuperava a tassazione il maggior reddito accertato nei confronti dello Studio Associato COGNOME RAGIONE_SOCIALE, con conseguente ripresa a tassazione anche dei soci NOME COGNOME e NOME COGNOME. Nello specifico, le indagini si incentravano sui movimenti nei conti correnti intestati allo studio, dove confluivano i flussi finanziari dell’attività professionale ed anche i relativi compensi. Il confronto endoprocedimentale rendeva chiarezza di alcune riprese che erano annullate, rimodulando al ribasso la pretesa impositiva. Senonché le posizioni rimanevano distanti, donde erano emessi gli atti impositivi nei confronti dello Studio associato e, per l’effetto, anche dei soci in proporzione alla percentuale di partecipazione. La parte privata adiva il giudice di prossimità, trovando pieno accoglimento delle proprie ragioni, donde interponeva appello la parte pubblica. Il secondo grado ha visto la conferma della sentenza di primo grado, per cui ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, proponendo tre strumenti di ricorso, cui replica la parte privata con tempestivo controricorso.
In prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha depositato memoria ad illustrazione delle proprie ragioni.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre strumenti di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 132, primo comma, n. 4 del medesimo codice di rito, nonché dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992, lamentando motivazione parvente.
1.2. Con il secondo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 132, secondo comma, n.4 del codice di procedura civile, laddove la sentenza in esame ha ritenuto che la procedura di accertamento dev’essere analitica e non per masse.
1.3. Con il terzo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 32, primo comma, del D.P.R. 600/1973 e dell’art. 51, comma 2, D.P.R. n. 633 DEL 1972, nonché dell’art. 39, primo comma, del D.P.R. 600/73 e dell’art. 54, secondo comma, del D.P.R. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.. In altri termini, la decisione impugnata incorrerebbe nell’ulteriore errore in ordine all’applicazione dei criteri di riparto dell’onere della prova in tema di indagini bancarie. L’accertamento basato sulle indagini finanziarie è disciplinato dall’art. 32, 1° comma, nn. 2 e 7, del D.P.R. n. 600/73 e dall’art. 51, 2° comma, numeri 2 e 7, del D.P.R. n. 633/72, e pone in capo al contribuente l’onere della prova contraria.
Si può prescindere dalle eccezioni di rito sollevate dalla parte contribuente, anche in memoria, poiché il primo motivo non può essere accolto.
La sentenza in scrutinio fa proprie le conclusioni della pronuncia di primo grado, ma a seguito di autonomo vaglio critico, riprendendone le argomentazioni, richiamando gli elementi di prova fatti propri.
Sul punto, è ormai orientamento consolidato l’assunto per cui per questa Suprema Corte di legittimità, la motivazione per relationem “è legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed
autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass., S.U. n.14815/2008).
Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI -5, n. 22022/2017).
Nel caso di specie, al contrario, la sentenza di appello si confronta con i motivi di gravame, ritenendo che l’apporto dell’appellante Ufficio non costituisca ragione per discostarsi dal convincimento dei primi giudici.
Peraltro, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile
tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Il primo motivo non può quindi essere accolto.
Il secondo ed il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente per evidenti elementi di connessione che li legano, attenendo alle modalità di indagine bancarie (‘per masse’) ed all’onere della prova contraria a carico del contribuente. Con il secondo motivo, infatti, si critica la ricostruzione della capacità contributiva ‘per masse’, cioè per aggregazioni di movimentazioni bancarie, mentre con il terzo motivo si critica il riparto dell’onere della prova.
3.1. Occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità del secondo motivo sollevate da parte contribuente, anche con memoria in prossimità dell’udienza. Vi si lamenta l’incompletezza del motivo, poiché non radicato su documenti che riferiscano il contenuto di pvc ed avviso di accertamento. L’esposizione de l motivo di ricorso si prospetta intelleggibile e coerente, tale da superare la soglia di inammissibilità. Ed infatti, il principio di esaustività del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 -non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure (Cass. S.U. n. 8950/2022). Il motivo può quindi essere scrutinato ed è fondato.
3.2. Occorre premettere che da tempo è consolidato l’orientamento per cui le movimentazioni bancarie si presumono operazioni connesse alla produzione di reddito, di talché l’Ufficio non è tenuto a dimostrare altro, mentre spetta al contribuente fornire la prova analitica per singola posta del suo carattere non imponibile o già computato.
In particolare, occorre richiamare quanto già statuito in più occasioni e qui di seguito nuovamente esposto, anche alla luce dell’intervento del Giudice delle leggi.
Infatti, in tema d’imposte dirette, la presunzione legale (relativa) di disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari ex art. 32, comma 1, nn. 2 e 7, d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di redditi d’impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, indipendentemente dalla categoria reddituale a cui siano riferibili i proventi accertati, fermo restando che, in considerazione della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo esclusivamente nei confronti dei titolari di redditi d’impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti (così Cass. T., n. 35618/2023), tuttavia, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (cfr. Cass. V, n. 29572/2018). Peraltro, trattandosi qui dell’anno di imposta 2009, giova precisare che in tema di prelevamenti e versamenti sui conti correnti bancari, gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014 – che ha
ritenuto irragionevole e contraria al principio di capacità contributiva la presunzione che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo sia a sua volta produttivo di reddito retroagiscono e si applicano anche ai rapporti giuridici non consolidati e non coperti da decisioni passate in giudicato (cfr. Cass. V, n. 2250/2021).
Nel caso concreto, trattandosi di studio professionale, restano rilevanti i versamenti, nei termini di cui sopra. Altresì, la rilevanza probatoria non viene meno laddove si proceda con aggregazioni di dati omogenei, ottenendo delle rappresentazioni delle movimentazioni bancarie attraverso ‘masse’ omogenee di movimenti. A contrariis , la polverizzazione o la disaggregazione dei dati finisce per rendere meno percepibile la sequenza elusiva rappresentata in filigrana dall’Ufficio. Né, peraltro, alcuna disposizione normativa obbliga o vieta l’aggregazione dei dati ovvero la rappresentazione per masse. Le risultanze delle indagini bancarie costituiscono di per sé stesse indizi probatori capaci di assurgere a presunzioni semplici, capaci di ribaltare l’onere della prova in capo al ricorrente, che è chiamato a fornire prova specifica per ogni movimento o ‘masse’ omogenee di movimenti bancari , tale da vincere la presunzione legale si maggior reddito occulto.
3.3. Infatti, attesa la già richiamata generalità di rilevanza delle indagini bancarie, occorre ricordare che già da tempo è stato affermato come l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi degli artt. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d’impresa o di lavoro autonomo, atteso che, ove non sia contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti
correnti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato, incombendo al contribuente l’onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti (cfr. Cass. V, n. 5135/2017), precisandosi anche di recente che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (così Cass. T., n. 2928/2024).
In definitiva, nel caso in esame, le risultanze dei conti correnti costituiscono motivazione dell’atto impositivo e spettava alla parte contribuente superare la presunzione legale (semplice) per cui ogni movimento bancario è indice di attività imponibile.
La sentenza in scrutinio ha fatto mal governo dei suindicati orientamenti, per cui dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito perché si uniformi ai prefati principi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia -Sezione staccata di Catania, in diversa
composizione, cui demanda altresì di provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità Così deciso in Roma, il 20/05/2025.