Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24938 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24938 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2024
Accertamento -Indagini bancarie -Prova -Sentenza penale di assoluzione
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
Sul ricorso n. 2520-2017, proposto da:
COGNOME NOME , c.f. CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale, unitamente all’AVV_NOTAIO, è rappresentato e difeso –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Controricorrente
Avverso la sentenza n. 790/38/2016 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 13.06.2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 12.09.2024 dal AVV_NOTAIO,
Rilevato che
L ‘RAGIONE_SOCIALE notificò a COGNOME NOME NOME tre avvisi d’accertamento, relativi agli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008, con cui
rideterminò l’imponibile del contribuente, con conseguente pretesa di maggiori imposte e irrogazione di sanzioni.
Gli atti impositivi nei confronti del COGNOME, che pur titolare di partita Iva aveva omesso per quelle annualità la presentazione di dichiarazioni dei redditi, né risultava percettore di redditi da lavoro dipendente o da pensione, era stati fondati su verifiche bancarie su conti correnti intestati al contribuente. All’esito dei controlli, eseguiti ai sensi dell’art. 32, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, erano stati dunque determinati gli imponibili e le imposte.
Con distinti ricorsi il contribuente impugnò gli avvisi d ‘ accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino, che con sentenze nn. 1234/10/2014, 1235/10/2014 e 1236/10/2014 rigettò le ragioni dell’impugnazione. La Commissione tributaria regionale del Piemonte adita dal COGNOME, previa riunione degli appelli, con sentenza n. 790/38/2016 respinse i motivi di censura, confermando le statuizioni di primo grado. Il giudice regionale ha rilevato come il contribuente, che pur apparentemente avev a cessato l’attività d’impresa, mantenendo tuttavia la partita Iva, sin dal 2001 aveva omesso la presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni annuali dei redditi; dalla verifica dei conti bancari era emersa una ingente movimentazione in versamenti e prelevamenti; non era stata esibita alcuna documentazione esplicativa della suddetta movimentazione, giustificata dal COGNOME come riconducibile al cambio di assegni per conto di terzi. La Commissione regionale ha anche dato atto che il COGNOME, a sostegno della propria ricostruzione, ha richiamato le risultanze testimoniali raccolte nel processo penale, conclusosi con l’assoluzione. Quindi, nel vagliare le difese del COGNOME, ha ritenuto che la motivazione con cui il giudice penale aveva assolto il contribuente dai reati ascrittigli, non fosse affatto risolutiva; di contro il COGNOME si era limitato a generiche affermazioni ed a rimandi ad allegati, riportanti le movimentazioni sui conti corrente, senza una giustificazione analitica RAGIONE_SOCIALE suddette operazioni; ha rilevato che le dichiarazioni rese dai terzi, anche in sede penale, assumevano un mero valore indiziario, il cui contenuto non risultava tuttavia persuasivo, né era confortato da ulteriori specifici elementi; le valutazioni del giudice di primo grado risultavano pertanto corrette e condivisibili, non evincendosi una adeguata controprova, a fronte del riscontro di operazioni bancarie, che per
legge vanno ricondotte al reddito del contribuente, così la ripresa a tassazione da parte dell’ufficio accertatore era da considerarsi legittima.
Avverso la sentenza il COGNOME ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte, affidato a tre motivi, cui ha resistito l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Nell’adunanza camerale del 12 settembre 2024 la causa è stata trattata e decisa. Prima dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria difensiva, evidenziando in particolare l’intervento del la sentenza penale, definitivamente assolutoria per insussistenza del fatto.
Considerato che
Il ricorrente ha proposto ricorso dolendosi:
con il primo motivo della «violazione e/o erronea applicazione de ll’art. 32, comma 1, n. 2, D.P.R. 600/1973, dell’art. 51, comma 2, D.P.R. 633/1972 in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5. Erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE norme e dei principi sull’onere probatorio e RAGIONE_SOCIALE presunzioni. Omesso esame di fatti e documenti decisivi. Violazione dell ‘art. 115 c.p.c. Violazione dell’art. 24 Cost.».
Il giudice d’appello avrebbe erroneamente escluso l’idoneità de gli elementi probatori offerti dal ricorrente al fine di superare le presunzioni previste dall’art. 32, comma 1, n. 2, D.P.R. n. 600/1973 e dall’art. 51, comma 2, D.P.R. 633/1972. Inoltre, la sentenza sarebbe meritevole di censura sia per aver qualificato come ‘reddito’ somme di denaro solo transitate temporaneamente sul conto corrente del COGNOME e mai rimaste stabilmente nella propria disponibilità, sia per non aver tenuto conto dell’avvenuta assoluzione del ricorrente in sede penale, con ciò omettendo di considerare un fatto decisivo e dirimente per la decisione della causa (360 n. 5).
Con il secondo motivo lamenta l’«omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio. Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.». La sentenza sarebbe erronea perché la corte avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda formulata dal ricorrente ed avente ad oggetto il ricalcolo del reddito imponibile, considerando che con l’accertamento induttivo sarebbero stati conteggiati anche assegni stornati e ripresentati più volte.
Con il terzo motivo denuncia la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2082 c.c. con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.». la
Commissione regionale avrebbe erroneamente ritenuto che nel periodo verificato il COGNOME avesse svolto attività d’impresa, così violando la portata dell’art. 2082 c.c.
Preliminarmente il Collegio ritiene opportuno il rinvio della trattazione della causa, considerando la necessità di approfondire in sede di pubblica udienza la portata applicativa e gli effetti sulla presente controversia della recente introduzione dell’art. 21 bis nella L. 74 del 2000, come inserito da ll’ art. 1 d.lgs n. 97 del 2024.
P.Q.M.
Rinvia la trattazione della causa a nuovo ruolo. Così deciso in Roma, il giorno 12 febbraio 2024