Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2928 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2928 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO del Foro di Salerno, che hanno indicato recapito PEC, avendo la ricorrente dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio dei difensori, alla INDIRIZZO in Battipaglia (INDIRIZZO) ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 8179, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, il 29.4.2015, e pubblicata il 17.9.2015;
OGGETTO: Indagini bancarie -Persona fisica, non imprenditore – Versamenti e prelevamenti – Accertamento di maggior reddito -Contestata mancata indicazione della categoria di reddito – Reddito da capitale.
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE, nello sviluppo di attività di verifica fiscale iniziata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, a seguito dell’esame RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie riscontrate sul conto corrente intestato a COGNOME NOME, emetteva nei suoi confronti due avvisi di accertamento di un maggior reddito ai fini Irpef, recanti n. NUMERO_DOCUMENTO/2010 (2005) e n. NUMERO_DOCUMENTO/2010 (2006).
La contribuente impugnava con separati ricorsi gli atti impositivi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, proponendo plurime censure. La CTP riuniva i ricorsi e li accoglieva parzialmente, riducendo il valore del reddito accertato, e del conseguente maggior tributo Irpef dovuto.
Spiegava appello, avverso la decisione assunta dalla CTP e per la parte in cui era rimasta soccombente, NOME COGNOME, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno. La CTR disponeva effettuarsi consulenza tecnica, e quindi accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo ulteriormente l’ammontare del maggior reddito imponibile accertato.
Avverso la decisione adottata dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a cinque strumenti di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Ente impositore. La contribuente ha pure depositato memoria.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente contesta la violazione e falsa applicazione degli art. 137 e seguenti cod. proc. civ., nonché dell’art. 3 della legge n. 890 del 1982 e dell’art. 60 del Dpr n. 600 del 1973, per non avere la CTR rilevato l’invalidità degli
atti impositivi impugnati in conseguenza dell’inesistenza della loro notificazione, effettuata mediante il servizio postale senza che sia stata prodotta la relata di notifica.
Mediante il secondo strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura l’invalidità degli avvisi di accertamento, in conseguenza della violazione dell’art. 24 della legge n. 4 del 1929 e dell’art. 12, comma 6, della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), per avere il giudice del gravame ritenuto legittimi gli atti impositivi, sebbene non preceduti dalla notificazione di un Processo Verbale di Costatazione.
Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente critica la violazione degli artt. 32, 38 e 42, del Dpr n. 600 del 1973, e dell’art. 53 della Costituzione, in cui è incorso il giudice dell’appello, per aver ritenuto prova sufficiente, ai fini dell’accertamento del maggior reddito, l’esame RAGIONE_SOCIALE emergenze bancarie, nell’assenza di ulteriori riscontri, e non aver tenuto conto che le somme prelevate dal conto corrente non possono essere conteggiate ai fini dell’accertamento di un maggior reddito.
Mediante il quarto mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 42 del Dpr n. 600 del 1973, non avendo la CTR rilevato l’invalidità degli atti impositivi perché l’Amministrazione finanziaria ‘non ha indicato gli elementi e le circostanze idonee a giustificare il ricorso all’accertamento sintetico, ma non ha neanche indicato a quale categoria di reddito apparterrebbe il presunto maggior reddito accertato sinteticamente. Tali omissioni determinano la nullità degli impugnati avvisi’ (ric., p. 15), e comunque l’RAGIONE_SOCIALE non ha provveduto neppure a detrarre i costi sopportati.
Con il suo quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente contesta la violazione dell’art. 38 del Dpr n. 600 del 1973 e degli artt. 6 e 12 della legge n. 212 del 2000, per non avere il giudice dell’appello rilevato l’illegittimità degli avvisi di accertamento ‘per mancata allegazione del provvedimento di autorizzazione alle indagini bancarie’ (ric., p. 19).
Con il primo motivo d’impugnazione la contribuente critica la invalidità dell’atto impositivo, perché notificato a mezzo posta, ma senza che sia stata prodotta la relata di notificazione. In conseguenza, secondo la prospettazione della ricorrente, la notificazione dell’avviso di accertamento dovrebbe qualificarsi come inesistente.
Invero la controricorrente Amministrazione finanziaria ha chiarito che è stata prodotta in giudizio la ricevuta di ritorno della raccomandata, regolarmente ricevuta dalla contribuente, la quale non nega che le sia stato consegnato l’atto impositivo recapitato a mezzo posta, ma afferma di avere ricevuto soltanto la ‘comunicazione’ degli avvisi di accertamento, insistendo nel contestare l’inesistenza della procedura notificatoria.
6.1. In proposito questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di chiarire che ‘in tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicché la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio’, Cass. sez. V, 24.8.2018, n. 21071.
Nel caso di specie è la stessa contribuente che riconosce di avere avuto piena conoscenza degli atti impositivi, e lo dimostra anche, avendo proposto complete difese.
Il primo mezzo d’impugnazione risulta pertanto infondato e deve essere respinto.
Mediante il secondo motivo di ricorso, la contribuente censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per aver ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento, sebbene non preceduti dalla notificazione di un Processo Verbale di Costatazione.
Occorre in proposito premettere che, pacificamente, presso la contribuente non si è svolta alcuna attività di accesso o ispezione, poiché gli atti impositivi a lei notificati sono fondati su accertamenti bancari e verifiche c.d. a tavolino.
7.1. Tanto premesso, questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di proporre il condivisibile principio secondo cui ‘in tema di accertamento tributario, la redazione del verbale di verifica e di quello conclusivo RAGIONE_SOCIALE operazioni è richiesta dall’art. 52, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972 (applicabile non solo in materia di IVA ma anche di imposte dirette, in virtù del richiamo operato dall’art. 33, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973) esclusivamente nelle ipotesi di accesso finalizzato all’acquisizione di documentazione, e non anche in quello di accertamenti documentali cd. a tavolino, espletati autonomamente dall’Amministrazione finanziaria nei propri uffici’, Cass sez. V, 4.4.2018, n. 8246.
Il secondo strumento di impugnazione introdotto da NOME COGNOME è quindi infondato, e deve essere rigettato.
Con il terzo motivo di ricorso la contribuente propone in realtà due critiche distinguibili. In primo luogo contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello, per aver stimato costituire una prova sufficiente, ai fini dell’accertamento del maggior reddito conseguito e non dichiarato,
l’esame RAGIONE_SOCIALE emergenze bancarie, nell’assenza di ulteriori e necessari riscontri.
La ricorrente censura poi il giudice dell’appello anche per non aver tenuto conto che le somme prelevate dal conto corrente non possono essere conteggiate ai fini dell’accertamento di un maggior reddito.
8.1. La prima critica appare infondata. Le risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie, infatti, assicurano da sole la prova legale (relativa) del conseguimento di un maggior reddito da parte del soggetto accertato, ed il contribuente può contrastarne le risultanze assicurando la prova contraria.
Questa Corte di legittimità ha condivisibilmente statuito, in proposito, che ‘in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili’, Cass. sez. V, 4.8.2010, n. 18081.
8.2. In ordine alla seconda contestazione, in base alla quale le somme (non versate sul, ma) prelevate dal conto non possono essere conteggiate ai fini dell’accertamento di un maggior reddito, deve rilevarsi che a COGNOME NOME non risulta contestato di aver conseguito un maggior reddito in conseguenza dell’esercizio di attività d’impresa, bensì di aver conseguito un reddito da capitale. Occorre allora ricordare che, condivisibilmente, questa Corte
regolatrice ha statuito che ‘in tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; tuttavia, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti’, Cass. sez. V, 16.11.2018, n. 29572.
In relazione a questa seconda ragione di censura il terzo motivo di ricorso risulta quindi fondato e deve essere pertanto accolto, mentre deve essere rigettato nel resto.
Mediante il quarto mezzo d’impugnazione la ricorrente lamenta l’invalidità degli atti impositivi perché l’Amministrazione finanziaria ‘non ha indicato gli elementi e le circostanze idonee a giustificare il ricorso all’accertamento sintetico, ma non ha neanche indicato a quale categoria di reddito apparterrebbe il presunto maggior reddito accertato sinteticamente. Tali omissioni determinano la nullità degli impugnati avvisi’ (ric., p. 15) e comunque, lamenta ancora la contribuente, l’RAGIONE_SOCIALE non ha provveduto neppure a detrarre dal reddito ritenuto accertato i costi sostenuti per produrlo.
9.1. In ordine alla prima censura occorre innanzitutto osservare che è il combinato disposto dagli artt. 32 e 38 del Dpr n. 600 del 1973 che prevede la possibilità di servirsi RAGIONE_SOCIALE strumento dell’accertamento sintetico sul fondamento RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie.
Può quindi rilevarsi come si sia già avuta l’occasione di chiarire che ‘l’Ufficio erariale non ha nessun obbligo di individuare (e, quindi, di provare) la fonte di produzione del reddito e, di conseguenza, di specificare quale RAGIONE_SOCIALE fattispecie indicate nel D.P.R. n. 917 del 1986, art. 41, sia produttiva RAGIONE_SOCIALE stesso … alla movimentazione bancaria dei conti correnti (e simili) ricadenti nella disponibilità dei contribuenti per cui la pretesa di costoro relativa alla (asserita necessità di individuazione della) fonte (tra quelle elencate nel detto D.P.R. n. 917 del 1986, art. 41) di derivazione dei redditi imputati a “capitale” si palesa, ad ogni modo, assolutamente carente di interesse giuridico (art. 100 c.p.c.) in quanto le somme movimentate in detti conti conservano sempre la (presunzione della loro) natura reddituale perché il contribuente (il quale, peraltro, non ne ha neppure allegata nessuna diversa) non ha dato la prova, a lui incombente per l’inversione detta, della natura non reddituale RAGIONE_SOCIALE stesse ovvero del legittimo loro assoggettamento a precedente prelievo fiscale’, Cass. sez. V, 25.1.2006, n. 1439
9.2. In ordine alla contestazione relativa alla mancata detrazione dei costi, poi, ricordato che si verte in ipotesi di reddito da capitale e non da esercizio dell’attività d’impresa, deve sottolinearsi che non risulta invero comprensibile a quali costi intenda operare riferimento la contribuente, che comunque nulla allega al fine di provarne l’ammontare (in senso conforme, in altro giudizio coinvolgente anche l’odierna ricorrente, cfr. Cass. sez. V, 20.12.2019, n. 34214).
Tanto premesso, deve aggiungersi, quanto alla deducibilità di costi presunti, che la sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 2023 si riferisce alla presunzione legale derivante dai prelevamenti bancari (cfr. Cass. sez. V, 3.7.2023, n. 18653; Cass. sez. V, 8.3.2023, n. 6874), la cui applicazione nel caso di specie è esclusa, per effetto dell’accoglimento del terzo motivo in parte qua .
Entrambe le censure proposte dalla contribuente con il quarto strumento di impugnazione risultano pertanto infondate, ed il motivo di ricorso deve essere perciò rigettato.
10. Con il quinto mezzo d’impugnazione la contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello non avendo rilevato l’illegittimità degli avvisi di accertamento ‘per mancata allegazione del provvedimento di autorizzazione alle indagini bancarie’ (ric., p. 19), di cui non è stato quindi neppure possibile verificare se fosse supportato da idonea motivazione.
10.1. In proposito questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di statuire, esprimendo un principio condivisibile ed estensibile, che ‘in tema di accertamento dell’Iva, l’autorizzazione prescritta dall’art. 51, comma 2, n. 7, del d.P.R. n. 633 del 1972 (nel testo applicabile “ratione temporis”), ai fini dell’espletamento RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie, esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie acquisite, che può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente’, Cass. sez. VI -V, 10.2.2017, n. 3628; inoltre, esprimendo un principio di portata generale, non si è mancato di chiarire che ‘l’acquisizione irrituale da parte della Guardia di Finanza di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi in mancanza di una specifica previsione in tal senso, non trovando applicazione, trattandosi di attività di carattere amministrativo, l’art. 24 Cost. sulla tutela del diritto di difesa, salva l’ipotesi in cui vengano in rilievo diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio’, Cass. sez. V, 13.11.2018, n. 29132.
Anche il quinto motivo d’impugnazione deve essere pertanto respinto.
Il ricorso introdotto da NOME COGNOME deve essere pertanto accolto per quanto di ragione con riferimento al terzo motivo di ricorso, cassandosi la decisione impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, mentre l’impugnativa deve essere rigettata nel resto.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie, negli illustrati limiti di ragione, il terzo motivo di ricorso introdotto da COGNOME NOME , rigettati gli ulteriori, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese di lite del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, il 15.12.2023.