Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14535 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14535 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
Irpef – Accertamento -Indagini bancarie –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6532/2022 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv. NOME
COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente principale-controricorrente in via incidentale -contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-ricorrente incidentale – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CALABRIA, n. 3236/2021, depositata in data 6 ottobre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate, a seguito di una verifica fiscale presso la sede dello studio legale dell’Avv. NOME COGNOME, notificava a quest’ultim o quattro avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta 2010, 2011, 2012 e 2013 con i quali, a seguito di indagini bancarie su conti correnti intestati anche ai suoi genitori, accertava un maggior imponibile ai fini Irpef ed Iva, derivante da operazioni ritenute ingiustificate che imputava a compensi non dichiarati e comminava la conseguenti sanzioni.
Avverso gli avvisi di accertamento, il contribuente proponeva separati ricorsi dinanzi alla CTP di Cosenza, la quale con separate sentenze, li accoglieva.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Uffici o dinanzi alla CTR, la quale con sentenza in epigrafe, dopo aver riunito i giudizi, rigettava il gravame per l’anno 2010, e acco glieva gli appelli per gli anni di imposta 2011, 2012 e 2013.
Avverso detta il contribuente propone ricorso per cassazione.
L ‘ Agenzia delle Entrate propone, a propria volta, ricorso avverso il quale il contribuente si difende a mezzo controricorso.
Il contribuente ha depositato una prima ed una seconda memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
1.1 Con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art art. art. 51, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Censura la sentenza impugnata per non aver considerato e/o valutato l’inesistenza dell’autorizzazione all’estensione delle indagini finanziarie nei confronti del proprio padre, al quale erano riferibili le movimentazioni contestate, e per aver ritenuto che la medesima non fosse obbligatoria.
1.2 Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa degli artt. 37 e 32 d.P.R. n. 600 del 1973 cit, dell’art. d.P.R. n. 633 del 1972 cit., dell’art. 2697 e seg. cod. civ..
Assume che la sentenza ha violato la regola in tema di riparto dell’onere della prova in base alla quale, in caso di conti intestati a terzi, l’Amministrazione , prima di poter utilizzare le presunzioni ex art. 32 d.P.R n. 600 del 1973 e art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972, deve provare la sussistenza dell’interposizione fittizia.
1.3 Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione di legge processuale (art. 132 cod. proc. civ., 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24 e 111 Cost., art. 6 CEDU).
Assume che sentenza è motivata in maniera apparente e fittizia con la mera trasposizione delle ragioni dell’Ufficio, senza considerare e prendere posizione su alcuna delle argomentazioni del contribuente, anche alla base dei documenti prodotti, sufficienti ad assolvere qualsivoglia obbligo probatorio.
L’Agenzia delle entrate, propone ricorso affidato ad un unico motivo, che deve qualificarsi come ricorso incidentale. Infatti, il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso. Tuttavia, quest’ultima modalità non
può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale (Cass. 12/10/2021, n. 27680)-
2.1. Con l’unico motivo l’Agenz ia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 12, comma 7, legge n. 27 luglio 2000, n. 212.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto nullo l’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2010, in quanto emesso prima del termine indicato dall’art. 12, settimo comma, legge 27 luglio 2000, n. 212, quando, viceversa, sussistevano validi motivi di urgenza per la deroga al rispetto dello spatium deliberandi dei sessanta giorni, da rinvenire nell’atteggiamento ostativo e non collaborativo tenuto dal contribuente nel corso della verifica.
Il primo motivo del ricorso del contribuente è infondato.
3.1. In materia di indagini bancarie, la mancanza di autorizzazione, prevista dal d.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, primo comma, n. 7), per l’accertamento delle imposte dirette, quanto, con riferimento all’IVA, dal d.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 7), ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio, in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni ed in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal cod. proc. pen., dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita (Cass. 23/02/2024, n. 4853; Cass. 4/05/2023, n. 11642; Cass. 5/12/2022, n. 35725; Cass. 27/01/2023, n. 2643; Cass. 26/01/2023, n. 2398;
Cass. 21/06/2022, n. 19957; Cass. 10/02/2021, n. 3242; Cass. 28/05/2018, n. 13353, in materia di imposte dirette; Cass. 1/04/2003, n. 4987, in materia di IVA; sulla necessità che l’omissione dell’autorizzazione debba essersi tradotta in un concreto pregiudizio per il contribuente cfr. Cass. 14/04/2018, n. 9480).
Si è anche chiarito che non vi è neppure obbligo di allegazione della autorizzazione. Si è infatti affermato che l’autorizzazione prescritta dall’art. 51, comma 2, n. 7) cit., ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie, esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, che può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente (Cass. 10/02/2017, n. 3628; Cass. 21/07/2009, n. 16874; Cass. 26/09/2014, n. 20420). In particolare, si è avvertito come l’esibizione tempestiva di tale autorizzazione non è indispensabile neppure ai fini del controllo della motivazione della stessa, considerato che, in tema di accertamento delle imposte sia dirette che indirette, l’autorizzazione necessaria agli Uffici per l’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall’indicazione dei motivi che ne hanno giustificato il rilascio; ciò per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo, perché in relazione a detta autorizzazione la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, a differenza di quanto stabilito, invece, per gli accessi e le perquisizioni domiciliari, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52; in secondo luogo, perché la medesima autorizzazione, ad onta del nomen iuris adottato, esplicando una funzione organizzativa, incidente esclusivamente nei rapporti tra uffici, e avendo natura di atto meramente preparatorio, inserito nella fase di iniziativa del
procedimento amministrativo di accertamento, non è nemmeno qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per le quali, rispettivamente, l’art. 3, comma 1, legge 7 agosto 1990, n. 241 e l’art. 7 legge 27 luglio 2000, n. 212, prevedono l’obbligo di motivazione (cfr. Cass. n. 4853 del 2024 cit.).
3.2. La sentenza impugnata si è puntualmente attenuta ai consolidati principi della giurisprudenza di legittimità.
Il secondo motivo del ricorso del contribuente è infondato.
4.1. In primo luogo, va ribadito che i dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi dell’art.32 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 e dell’art 51 d.P.R. 26 ottobre 1972 n.633, possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta di impresa (o arte o professione), sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancari non sono fiscalmente rilevanti (Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 28/02/2017, n. 5135; Cass. 13/10/2011, n. 21132, Cass. 23/04/2007, n. 9573).
4.2. La giurisprudenza di legittimità (tra le più recenti cfr. Cass. 02/03/2025, n. 5529) ha chiarito che l’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a tali conti, sulla base di elementi indiziari, tra i quali può assumere rilievo decisivo la mancata risposta del contribuente alla richiesta di chiarimenti rivoltagli dall’Ufficio in ordine ai medesimi conti, e senza che l’utilizzabilità dei dati dagli stessi risultanti trovi ostacolo nel divieto di doppia presunzione, attenendo quest’ultimo alla correlazione tra una
presunzione semplice ed un’altra presunzione semplice, e non già al rapporto con una presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie in esame (Cass. 16/06/2017, n. 15003, Cass. 01/02/2016, n. 1898, Cass, 21/12/2007, n. 27032). Per altro, la prova inferenziale che sia caratterizzata da una serie lineare di inferenze, ciascuna delle quali sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, fa sì che il fatto noto attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto ignorato, il quale cessa pertanto di essere tale divenendo noto, ciò che risolve l’equivoco logico che si cela nel divieto di doppie presunzioni (Cass. 07/12/2020, n. 27982).
Si è precisato, in proposito che la disposizione non limita l’acquisizione della documentazione ai soli conti bancari formalmente intestati al contribuente sottoposto ad accertamento, sicché si deve ritenere estesa anche ai conti correnti intestati a terzi soggetti, ma alla condizione che, pur in mancanza della formale titolarità, il conto sia nella disponibilità di fatto del contribuente sottoposto a verifica fiscale. L’onere probatorio relativo alla presenza di tali condizioni formale intestazione ovvero disponibilità di fatto del conto -compete all’Ufficio, ed al suo assolvimento consegue l’operatività della presunzione legale stabilita dall’art. 32, primo comma, n. 2, secondo cui i versamenti e i prelievi devono essere considerati proventi dell’attività svolta dall’interessato, con spostamento dell’onere probatorio sul contribuente, al quale spetta fornire la prova contraria, dimostrando che si tratti di somme comprese nella determinazione del reddito o che non abbiano rilevanza reddituale. Pertanto, in caso di conti bancari di cui sia formalmente titolare il contribuente, la presunzione che gli importi versati siano compensi è immediatamente applicabile; nel caso di conti intestati a terzi, l’Ufficio, al fine di avvalersi della presunzione legale in oggetto, deve fornire la previa prova, anche per presunzioni (purché qualificate), che il conto bancario intestato a terzi sia
nell’effettiva disponibilità del contribuente, al quale pertanto sono attribuibili le movimentazioni fiscalmente rilevanti (Cass. 31/08/2022, n. 25663, Cass. 20/12/2018, n. 32974; Cass. 13/04/2012, n. 5849; Cass. 12/01/2009, n. 374).
Tra gli elementi sintomatici questa Corte ha dato rilievo, tra gli altri, al rapporto di stretta contiguità familiare e all’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta (Cass. 21/01/2021, n. 1174).
Si è precisato, invece, che l’esistenza di stretti vincoli familiari, quali il rapporto di coniugio tra il contribuente accertato ed il terzo titolare del conto, per assurgere a prova presuntiva qualificata delle riferibilità, in tutto o in parte, al contribuente accertato delle movimentazioni del conto corrente intestato al familiare, deve essere accompagnata dalla indicazioni di altri elementi, il cui onere di allegazione è a carico dell’Ufficio, idonei a dimostrare, in via logico-presuntiva, che la situazione reddituale del coniuge terzo intestatario del conto è incompatibile o comunque non può giustificare le movimentazioni riscontrate sul conto che, per tale ragione, può fondatamente ritenersi nella disponibilità effettuale del contribuente accertato (Cass. 12/12/2023, n. 34747, Cass. 20 dicembre 2018, n. 32974).
4.3 . La sentenza è conforme a questi principi.
Infatti, la CTR ha esaminato il profilo della riferibilità al contribuente dei conti intestati a congiunti, affermando -con valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità -che tale riferibilità sussisteva, stante il rapporto familiare esistente e la considerevole entità degli importi movimentati sul conto di questi ultimi, non commisurabile alla capacità reddituale di entrambi, percettori di soli redditi da pensione non compatibili con il volume dei flussi finanziari riscontrati.
5. Il terzo motivo è fondato.
5.1. Per costante giurisprudenza di questa Corte, in virtù della pre sunzione stabilita dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, -che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno considerati come elementi positivi di reddito se questo non dimostra che ne ha tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (Tra le più recenti, Cass. 28/04/2022, n. 13236, Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 03/03/2021, n. 5788).
A propria volta, il contribuente che voglia superare la presunzione ha l’onere di fornire, non una prova generica, bensì una prova analitica, idonea a dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione. Tale prova può essere data in due modi: o dimostrando che ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni; oppure dimostrando che si sia trattato di movimenti non fiscalmente rilevanti, in quanto non riferiti a operazioni imponibili (Cass. 30/06/2020, n. 13112, Cass. 18/09/2013, n. 21303).
Quanto alle modalità tramite le quali assolvere all’onere probatorio, si è precisato che è onere del contribuente indicare e dimostrare la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (Cass. 30/12/2015, n. 26111).
Si è aggiunto, tuttavia, che alla prova offerta dal contribuente consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle stessa per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112).
5.2. La CTR, nonostante il contribuente avesse prodotto documenti volti a giustificare le singole movimentazioni (cfr. pag. 29 e ss. del ricorso), non ha provveduto ad alcun esame dei medesimi limitandosi a affermare genericamente che non aveva fornito riscontro. Pertanto, violando le disposizioni in esame, ha omesso di compiere un’accurata e puntuale verifica della idoneità dimostrativa degli elementi.
Il ricorso dell’ Agenzia delle entrate è fondato. Va rigettata, viceversa, l’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dal contribuente sul presupposto che la censura solleciti accertamenti in fatto.
6.1. L’obbligo del rispetto del termine dilatorio dei sessanta giorni prima della emissione dell’atto impositivo previsto dall’art. 12, comm a 7 legge n. 212 del 2000 afferisce alle ipotesi di «accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali», che sono le categorie di intervento accertativo tipizzate e identificate nell’art. 52, comma 1, D.P.R. n. 633 del 1972, a sua volta richiamato dall’art. 33, comma 1, D.P.R. 600 del 1973 in tema di imposte dirette, e dall’art. 53 bis, D.P.R. n. 131 del 1973 in materia di imposta di registro (per le imposte armonizzate si è invece già illustrato il perimetro e le modalità entro cui la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto applicato e rispettato il principio).
Quanto al contenuto dell’art. 12, cit. la ragione della distinzione posta, in seno alle imposte nazionali, tra gli accertamenti eseguiti mediante accessi, ispezioni e verifiche presso la sede del contribuente e quelli eseguiti presso gli uffici dell’Amministrazione finanziaria, sta nella considerazione che solo nella prima ipotesi essi sono caratterizzati dalla autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica,
quale contro-bilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali (cfr. Sez. U, n. 24823 del 2015, cit.; vedi anche Cass., 11/09/2020, n. 18854, per l’ipotesi in cui solo nei riguardi di uno dei contribuenti l’Ufficio aveva proceduto a verifiche e ispezioni presso la sede dell’accertato).
Segnato il confine del necessario rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione, in quanto nella fattispecie in esame vi è stata verifica presso lo studio legale del contribuente, va rilevato che l’art. 12, comma 7, cit . comma prevede tuttavia che tale termine possa trovare deroga nelle ipotesi di particolare e motivata urgenza.
Le ipotesi derogatorie sono state limitate dalla giurisprudenza di legittimità, che si è preoccupata di segnare l’alveo entro cui l’eccezionale deroga al principio del contraddittorio di fatto non fosse svuotato da ragioni generiche rappresentate dall’Amministrazione finanziaria.
A tal fine si è affermato che in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifica fiscale, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall’Amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui all’ ‘art. 12 cit. , debbono consistere in elementi di fatto che esulino dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescano dalla sua diretta conoscibilità, sicché non possono in alcun modo consistere nella imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa (tra le più recenti Cass. 02/04/2025, n. 8708)
Questa Corte ha pure precisato che le ragioni di urgenza che legittimano la deroga al rispetto del termine dilatorio possono consistere anche in condotte dolose o pretestuose o volutamente
dilatorie del contribuente sottoposto a verifica (cfr. Cass. 17/07/2015, n. 15121, Cass. 05/12/2014, n. 25759).
6.2. La CTR, con riferimento all’anno 2010 , si è limitata ad affermare in via astratta -e dunque senza alcun accertamento in fatto -che il mancato rispetto del termine dilatorio, in assenza di specifiche ragioni di urgenza comporta l’illegittimità dell’atto. Invece, nel rispetto della disposizione in esame, avrebbe dovuto valutare quanto allegato dall’Ufficio , con particolare riferimento alla condotta ostruzionistica asseritamente tenuta dal contribuente.
In conclusione, va accolto il terzo motivo del ricorso principale del contribuente -rigettati il primo ed il secondo -e l’unico motivo del ricorso dell’Agenzia. La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso del contribuente rigettati gli altri, e accoglie l’unico motivo del ricorso dell’Agenza delle entrate; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025.