Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14534 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14534 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
Irpef – Accertamento -Indagini bancarie -onere della prova -conti intestati a terzi.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3699/2021 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv. NOME
COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CALABRIA, n. 2542/2020, depositata in data 15 ottobre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate, a seguito di una verifica fiscale presso la sede dello studio legale dell’Avv. NOME COGNOME notificava a quest’ultimo avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2014 , con il quale, a seguito di indagini bancarie su conti correnti intestati anche ai suoi genitori, accertava un maggior imponibile ai fini Irpef ed Iva, derivante da operazioni ritenute ingiustificate che imputava a compensi non dichiarati e comminava la conseguenti sanzioni.
Avverso l’avviso di accertamento, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Cosenza, la quale lo accoglieva con sentenza riformata in appello.
La C TR, con la sentenza di cui all’epigrafe, riteneva che, in assenza di prova e di riscontro documentale da parte del contribuente in ordine alla specifica natura delle movimentazioni bancarie ed alla provenienza dei versamenti, l’atto di accertamento fosse legittimo.
Avverso detta sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione, e l ‘Agenzia delle Entrate si difende a mezzo controricorso.
Il contribuente ha depositato una prima memoria con la quale ha rappresentato, tra l’altro, di aver presentato alla CTR ricorso per revocazione della medesima sentenza, rigettato con sentenza n. 277 del 2025, ed una ulteriore memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la nullità e/o illegittimità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo, non avendo la CTR considerato e/o valutato l’inesistenza dell’autorizzazione all’estensione delle indagini finanziarie nei confronti del proprio padre, al quale erano riferibili le movimentazioni contestate.
Rileva che l’Ufficio aveva prodotto in appello autorizzazione all’estensione dell’indagine ai conti della madre e della moglie, ma non
del padre e che le movimentazione contestate riguardavano un conto intestato ai genitori. Aggiunge che la circostanza, rilevata in primo grado, constatata dalla CTP e riproposta in appello, è stata ignorata dalla CTR.
Con il secondo motivo, denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 32, d.P. R. 29 settembre 1973 n. 600 e dell’arti art. 51, d.P.R. n. 26 ottobre 1972 n. 633.
Il contribuente ripropone la medesima questione di cui al motivo precedente sotto il profilo della violazione di legge ribadendo l’illegittimità dell’avviso di accertamento in quanto conseguente ad indagini bancarie nei confronti di un terzo, in assenza di autorizzazione.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione agli art. 37 e 32 d.P.R. n. 600/1973, art. 51 d.P.R. n. 633/1972, art. 2697 e seg. cod. civ.
Assume che la sentenza ha violato la regola in tema di riparto dell’onere della prova in base alla quale, in caso di conti intestati a terzi, l’Amministrazione , prima di poter utilizzare le presunzioni ex art. 32 d.P.R n. 600 del 1973 e art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972, deve provare l a sussistenza dell’interposizione fittizia.
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione di legge processuale con nullità della sentenza e del procedimento (art. 115 cod. proc. civ., art. 24 e 111 Costituzione, art. 6 CEDU).
Assume che la CTR non ha deciso in base alle prove proposte dal ricorrente, che non ha neanche esaminato.
Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
5.1. La sentenza impugnata, nell’affermare che l’autorizzazione all’indagine banca ria sul conto corrente di terzi, è atto meramente interno, lungi dall’omettere l’esame della citata autorizzazione, ha ritenuto semplicemente che la medesima non fosse rilevante.
Non ricorre, pertanto, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo.
5.2. Inoltre, in materia di indagini bancarie, la mancanza di autorizzazione -prevista dal l’art. 32 , primo comma, n. 7), d.P.R. n. 600 del 1973, per l’accertamento delle imposte dirette e, con riferimento all’I va, dal art. 51, comma 2, n. 7), d.P.R. n. 633 del 1972, ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari -non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente, ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio, in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni ed in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal cod. proc. pen., dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita (Cass. 23/02/2024, n. 4853; Cass. 4/05/2023, n. 11642; Cass. 5/12/2022, n. 35725; Cass. 27/01/2023, n. 2643; Cass. 26/01/2023, n. 2398; Cass. 21/06/2022, n. 19957; Cass. 10/02/2021, n. 3242; Cass. 28/05/2018, n. 13353, in materia di imposte dirette; Cass. 1/04/2003, n. 4987, in materia di Iva; sulla necessità che l’omissione dell’autorizzazione debba essersi tradotta in un concreto pregiudizio per il contribuente cfr. Cass. 14/04/2018, n. 9480).
Si è anche chiarito che non vi è neppure obbligo di allegazione della autorizzazione. Si è infatti affermato che l’autorizzazione prescritta ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie, esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione ed esibizione
all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, che può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente (Cass. 10/02/2017, n. 3628; Cass. 21/07/2009, n. 16874; Cass. 26/09/2014, n. 20420). In particolare, si è precisato che l’esibizione tempestiva di tale autorizzazione non è indispensabile neppure ai fini del controllo della motivazione della stessa, considerato che, in tema di accertamento delle imposte sia dirette che indirette, l’autorizzazione necessaria agli Uffici per l’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall’indicazione dei motivi che ne hanno giustificato il rilascio; ciò per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo, perché in relazione a detta autorizzazione la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, a differenza di quanto stabilito, invece, per gli accessi e le perquisizioni domiciliari, dal l’art. 33 d.P.R. n. 600 del 1973, e dal l’art. 52 d.P.R. n. 633 del 1972; in secondo luogo perché la medesima autorizzazione, ad onta del nomen iuris adottato, esplicando una funzione organizzativa, incidente esclusivamente nei rapporti tra uffici, e avendo natura di atto meramente preparatorio, inserito nella fase di iniziativa del procedimento amministrativo di accertamento, non è nemmeno qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per le quali, rispettivamente, l’art. 3, comma 1, legge 7 agosto 1990, n. 241 e l’art. 7 legge 27 luglio 2000, n. 212, prevedono l’obbligo di motivazione (cfr. Cass. n. 4853 del 2024 cit.)
5.3. La CTR si è attenuta a questi principi e, conseguentemente, ha correttamente ignorato il contenuto del documento che il contribuente assume non aver esaminato in quanto ininfluente ai fini della decisione.
Il terzo motivo è fondato.
6.1. In primo luogo, va ribadito che i dati acquisiti presso le aziende di credito, quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni
imponibili, ai sensi dell’art.32 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 e dell’art 51 d.P.R. 26 ottobre 1972 n.633, possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta di impresa (o arte o professione), sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancari non sono fiscalmente rilevanti (Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 28/02/2017, n. 5135; Cass. 13/10/2011, n. 21132, Cass. 23/04/2007, n. 9573).
6.2. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito (tra le più recenti cfr. Cass. 02/03/2025, n. 5529) che l’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a tali conti, sulla base di elementi indiziari, tra i quali può assumere rilievo decisivo la mancata risposta del contribuente alla richiesta di chiarimenti rivoltagli dall’Ufficio in ordine ai medesimi conti, e senza che l’utilizzabilità dei dati dagli stessi risultanti trovi ostacolo nel divieto di doppia presunzione, attenendo quest’ultimo alla correlazione tra una presunzione semplice ed un’altra presunzione semplice, e non già al rapporto con una presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie in esame (Cass. 16/06/2017, n. 15003, Cass. 01/02/2016, n. 1898, Cass, 21/12/2007, n. 27032). Per altro, la prova inferenziale che sia caratterizzata da una serie lineare di inferenze, ciascuna delle quali sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, fa sì che il fatto noto attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto ignorato, il quale cessa pertanto di essere tale divenendo noto, ciò che risolve l’equivoco logico che si cela nel divieto di doppie presunzioni (Cass. 07/12/2020, n. 27982).
Si è precisato, in proposito che la disposizione non limita l’acquisizione della documentazione ai soli conti bancari formalmente intestati al contribuente sottoposto ad accertamento, sicché si deve ritenere estesa anche ai conti correnti intestati a terzi soggetti, ma alla condizione che, pur in mancanza della formale titolarità, il conto sia nella disponibilità di fatto del contribuente sottoposto a verifica fiscale. L’onere probatorio relativo alla presenza di tali condizioni formale intestazione ovvero disponibilità di fatto del conto -compete all’Ufficio, ed al suo assolvimento consegue l’operatività della presunzione legale stabilita dall’art. 32, primo comma, n. 2, secondo cui i versamenti e i prelievi devono essere considerati proventi dell’attività svolta dall’interessato, con spostamento dell’onere probatorio sul contribuente, al quale spetta fornire la prova contraria, dimostrando che si tratti di somme comprese nella determinazione del reddito o che non abbiano rilevanza reddituale. Pertanto, in caso di conti bancari di cui sia formalmente titolare il contribuente, la presunzione che gli importi versati siano compensi è immediatamente applicabile; nel caso di conti intestati a terzi, l’Ufficio, al fine di avvalersi della presunzione legale in oggetto, deve fornire la previa prova, anche per presunzioni (purché qualificate), che il conto bancario intestato a terzi sia nell’effettiva disponibilità del contribuente, al quale pertanto sono attribuibili le movimentazioni fiscalmente rilevanti (Cass. 31/08/2022, n. 25663, Cass. 20/12/2018, n. 32974; Cass. 13/04/2012, n. 5849; Cass. 12/01/2009, n. 374).
Tra gli elementi sintomatici questa Corte ha dato rilievo, tra gli altri, al rapporto di stretta contiguità familiare e all’ ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta (Cass. 21/01/2021, n. 1174).
Si è precisato, invece, che l’esistenza di stretti vincoli familiari, quali il rapporto di coniugio tra il contribuente accertato ed il terzo titolare
del conto, per assurgere a prova presuntiva qualificata delle riferibilità, in tutto o in parte, al contribuente delle movimentazioni del conto corrente intestato al familiare, deve essere accompagnata dalla indicazioni di altri elementi, il cui onere di allegazione è a carico dell’Ufficio, idonei a dimostrare, in via logico-presuntiva, che la situazione reddituale del coniuge terzo intestatario del conto è incompatibile o comunque non può giustificare le movimentazioni riscontrate sul conto che, per tale ragione, può fondatamente ritenersi nella disponibilità effettuale del contribuente accertato (Cass. 12/12/2023, n. 34747, Cass. 20 dicembre 2018, n. 32974).
6.3 . La CTR non si è attenuta a quest’ultimo principio laddove ha affermato che «il mero ‘rapporto familiare’ è sufficiente ad inferire la riferibilità al contribuente delle movimentazioni rilevate su conti formalmente intestati ai congiunti, fatta salva sempre la prova contraria».
Il quarto motivo è fondato.
7.1. Per costante giurisprudenza di questa Corte, in virtù della presunzione stabilita dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 -che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno considerati come elementi positivi di reddito se questi non dimostra che ne ha tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (Tra le più recenti, Cass. 28/04/2022, n. 13236, Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 03/03/2021, n. 5788).
A propria volta, il contribuente che voglia superare la presunzione ha l’onere di fornire, non una prova generica, bensì una prova analitica, idonea a dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione. Tale prova può
essere data in due modi: o dimostrando che ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni; oppure dimostrando che si sia trattato di movimenti non fiscalmente rilevanti, in quanto non riferiti a operazioni imponibili (Cass. 30/06/2020, n. 13112, Cass. 18/09/2013, n. 21303).
Quanto alle modalità tramite le quali assolvere all’onere probatorio, si è precisato che è onere del contribuente indicare e dimostrare la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento, tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (Cass. 30/12/2015, n. 26111).
Si è aggiunto, tuttavia, che alla prova offerta consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle stessa per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112).
7.2. La CTR, nonostante il contribuente avesse prodotto documenti volti a giustificare le singole movimentazioni (cfr. pag. 19 e ss. del ricorso), non ha provveduto ad alcun esame dei medesimi, limitandosi a affermare, genericamente, che non aveva fornito prova e riscontro documentale. Pertanto, violando le disposizioni in esame, ha omesso di compiere un’accurata e puntuale verifica della idoneità dimostrativa degli elementi addotti.
In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente al terzo e quarto motivo, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in
diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025.