Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1312 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1312 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
AVVISO ACCERTAMENTO IRES 2010
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28559/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Altamura (BA), INDIRIZZO elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
-controricorrente/ricorrente in via incidentale –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 1529/14/2017, depositata il 28 aprile 2017; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17 ottobre 2024 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott. NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale, e la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale;
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento n. TVF030206341/2015, notificato l’11 febbraio 2015, l’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Bari recuperava a tassazione, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2010, la somma di € 500.000,00, indicata nella dichiarazione dei redditi quale credito per imposte pagate all’estero, in quanto somma trattenuta dalla società committente rumena RAGIONE_SOCIALE per compensi corrisposti per l’effettuazione di lavori relativi ad un impianto di produzione di energia elettrica eseguiti dalla società italiana RAGIONE_SOCIALE Procedeva quindi alla rideterminazione dell’IRES dovuta, con sanzioni ed interessi.
In particolare, tale importo veniva indicato come trattenuto dalla compagnia rumena a titolo di ritenute di acconto su royalties , tassabili per ciò stesso in Romania. L’Ufficio, invece, escludeva che tali somme potessero essere considerate come royalties , in quanto la prestazione cui afferivano non riguardava la concessione in uso di un diritto immateriale, per cui riteneva che tali somme dovessero considerarsi relative a
prestazioni di servizi tipici d’impresa, e quindi come utili conseguiti all’estero, assoggettabili come tali ad imposta in Italia, e non già come ritenute alla fonte operata a titolo di royalties per effetto della concessione in uso del proprio know how (riguardante la progettazione di impianti per la produzione di energia elettrica) per l’importo complessivo di € 5.000.000,00 (con applicazione, quindi, di una ritenuta di imposta pari al 10%, secondo quanto previsto dalla Convenzione Italia-Romania contro le doppie imposizioni).
Avverso il suddetto atto impositivo la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari la quale, con sentenza n. 513/22/2016, depositata il 10 febbraio 2016, accoglieva parzialmente il ricorso, statuendo che quanto percepito dalla società non potesse essere considerato come royalties , disapplicando tuttavia -per le obiettive condizioni di incertezza della normativa in vigore -le sanzioni irrogate dall’Ufficio.
Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate, ed appello incidentale dalla RAGIONE_SOCIALE la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sentenza n. 1529/14/2017, pronunciata l’11 aprile 2017 e depositata in segreteria il 28 aprile 2017, rigettava entrambi gli appelli, confermando la sentenza impugnata e compensando le spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate , sulla base di due motivi (ricorso notificato il 27 novembre 2017)
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE che propone altresì ricorso incidentale, sulla base di due motivi.
Con decreto del 14 giugno 2024 è stata fissata per la discussione del ricorso l’udienza pubblica del 17 ottobre 2024.
La controricorrente ha depositato memoria.
All’udienza suddetta sono comp arsi i procuratori delle parti, che hanno concluso come da verbale in atti,
E’ intervenuto il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, e la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale in esame, come si è detto, è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce nullità della sentenza per omessa motivazione, e quindi per violazione dell’art. 132, comma 1, num. 4), c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), dello stesso codice.
Deduce, in particolare, che la sentenza impugnata era priva di adeguata motivazione, con riferimento alla ravvisata incertezza del quadro normativo che avrebbe ingenerato la convinzione, della società contribuente, che i compensi percepiti fossero delle royalties .
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, invece, violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, nonché dell’art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, la ricorrente che la disapplicazione delle sanzioni tributarie avrebbe potuto verificarsi nelle
situazioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, circostanza che, nel caso di specie, non era rilevabile, anche perché facilmente superabile attraverso lo strumento dell’interpello .
Il ricorso incidentale, a sua volta, è articolato in due motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale la RAGIONE_SOCIALE eccepisce omesso esame di un fatto decisivo, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 5), c.p.c.
Deduce, in particolare, che la Corte territoriale, con riferimento alla qualificazione del rapporto intercorso con la committente rumena come concessione in uso di conoscenze ( know how ), non avrebbe valutato il contratto con il quale veniva disciplinata la tipologia di prestazione resa alla suddetta società rumena.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso incidentale la società contribuente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 23 Cost., con riferimento all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice di rito.
Rileva, in particolare, che la Corte territoriale aveva omesso di pronunciarsi sulla doglianza inerente alla prospettata impossibilità per l’Ufficio di invocare, ai fini dell’accertamento posto in essere, l’interpretazione dell’art. 12 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni rassegnata dal ‘Commentario OCSE’, così come nessuna pronuncia era stata effettuata in ordine alla richiesta, in via subordinata, di considerare la ritenuta d’acconto di € 500.000,00 operata
dalla committente quale componente negativo di reddito di imposta per l’anno 2010, così come previsto dalla Circolare n. 8/E del 2015 dell’Agenzia delle Entrate.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
3.1. Il primo motivo di ricorso principale è fondato.
L’Agenzia delle Entrate aveva impugnato in appello la sentenza della C.T.P. di Bari, nella parte in cui aveva ritenuto di disapplicazione le sanzioni irrogate dall’Ufficio, in considerazione dell’incertezza del quadro normativo relativo alla Convenzione tra Italia e Romania sulle doppie imposizioni.
La sentenza d’appello, tuttavia, in parte qua appare sostanzialmente non motivata, in quanto la C.T.R. si limita, in maniera del tutto apodittica, ad affermare che «l’incertezza del quadro normativo vigente ha potuto ingenerare nella contribuente il falso convincimento che i compensi dalla stessa percepiti dalla società rumena, potessero essere qualificati alla stregua di royalties».
Sul punto, va rilevato che, in materia di incertezza normativa tributaria, questa Corte è intervenuta più volte a definire l’ambito di applicazione , affermando che, per incertezza normativa oggettiva tributaria deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo
metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie. L’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dall’art. 6 d.lgs. n. 472/1997, che distingue le figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza (Cass. 8 maggio 2024, n. 12639).
Più in particolare, sono stati individuati una serie di parametri (c.d. fattori indice) per la verifica della sussistenza dell'”incertezza normativa oggettiva” quale causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, ai sensi dell’art. 10, comma 3, della legge n. 212/2000 («le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria (…)») , dell’art. 6, comma 2 , d.lgs. n. 472/1997 («non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono (…)» e dell’art. 8 del d.lgs. n. 546/1992 («la commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste da leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce»).
E’ stato evidenziato che «in tema di sanzioni amministrative tributarie, l’incertezza normativa oggettiva – che deve essere distinta dalla ignoranza incolpevole del diritto, come si evince dal d.lgs. n. 472 del 1997, art. 6 – è caratterizzata dalla
impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni “indici”, quali, ad esempio: 1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) l’assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente» (così, tra le altre, Cass. 22 luglio 2021, n. 21044; Cass. 28 gennaio 2021, n. 1893; Cass. 12 aprile 2019, n. 10313; Cass. 1° febbraio 2019, n. 3108; Cass. 13 giugno 2018 n. 15452; adde , Cass. 28 gennaio 2021, n. 1893 secondo cui l’incertezza normativa non può ricavarsi dalla mera pendenza di un giudizio di illegittimità costituzionale o comunitaria di una norma tributaria, «dovendo emergere altrimenti condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della stessa norma»).
In buona sostanza, l’esenzione della responsabilità amministrativa dipendente da incertezza normativa può applicarsi sempre che si tratti di una condizione di inevitabile
incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, condizione ricavabile da elementi univoci (cd. fattori-indice) in base ai quali non risulta chiara la portata e l’ambito di applicazione della stessa norma.
Sotto altro profilo, ricorre il vizio di mancanza di motivazione, o di motivazione apparente della sentenza, allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, restando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (da ultimo, Cass. 15 novembre 2022, n. 33649; Cass. 7 aprile 2017, n. 9105).
In particolare, la motivazione è solo apparente e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo -quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. 9 settembre 2022, n. 26618).
Nella fattispecie in esame, la Corte regionale ha ritenuto di disapplicare le sanzioni tributarie, ritenendo, in maniera del tutto apodittica, sussistente una condizione di incertezza oggettiva sulla normativa applicabile, senza effettuare, tuttavia, alcuna analisi di tale normativa, senza indicarne il
contenuto, e senza verificare la ricorrenza di tutte le condizioni necessarie per configurare tale situazione di incertezza, secondo quanto richiesto da questa Corte.
Inoltre, come evidenziato dal P.M., la C.T.R. erra nell’equiparare all’obiettiva incertezza normativa, dalla quale può dipendere la disapplicazione delle sanzioni, quello che evidentemente costituisce un errore sul fatto, vertente sull’effettiva natura dell’operazione e, conseguentemente, dei compensi corrisposti dalla società rumena.
3.2. Stante il ravvisato vizio di motivazione sulla questione della disapplicazione delle sanzioni (che è l’unica questione su cui è stato proposto il ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate), il secondo motivo deve ritenersi assorbito.
Venendo ora ad esaminare il ricorso incidentale, la Corte rileva quanto segue.
4.1. Il primo motivo è inammissibile.
La ricorrente censura la sentenza impugnata, per non avere tenuto conto del contratto intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e delle risultanze del p.v.c. redatto dalla G.d.F. -Nucleo Polizia Tributaria sez. Dogane e IVA intracomunitaria del 15 gennaio 2013, allorquando i militari del Corpo hanno potuto constatare la regolarità della documentazione esibita e delle operazioni intercorse tra la ricorrente e la società rumena.
Orbene, trattandosi di vizio denunciato ex art. 360, comma 1, num. 5), c.p.c., il motivo non poteva essere proposto ex art. 348ter , comma 5, c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis ), in quanto la sentenza d’appello ha confermato la sentenza di primo grado, e quindi versandosi in un’ipotesi di ‘doppia conforme’.
Il motivo è, comunque, anche infondato nel merito, in quanto nella sentenza impugnata si legge che, «dalla documentazione in atti, non è possibile stabilire la natura dei compensi corrisposti dalla rumena RAGIONE_SOCIALE», dal che si evince che la Corte regionale ha esaminato i documenti versati nel giudizio.
4.2. Il secondo motivo di ricorso incidentale è invece parzialmente fondato.
Con riferimento alla doglianza riguardante l’omessa pronuncia circa l’eccepita impossibilità, per l’Ufficio, di invocare l’interpretazione dell’art. 12 del modello di Convenzione contro le doppie imposizioni rassegnata dal ‘Commentario OCSE’, va rilevato che, dal contenuto del ricorso, non risulta in alcun modo che tale questione abbia costituito uno specifico motivo di ricorso in appello, e peraltro, nella sentenza impugnata, non viene fatto alcun cenno all’interpretazione dell’art. 12 cit. censurata. In ogni caso, le Linee Guida OCSE costituiscono una forma di soft law , e quindi di norme che, pur non avendo efficacia giuridica diretta, influenzano comportamenti e decisioni degli Stati, e come tali sono utilizzabili quale criterio interpretativo dalle corti di giustizia (cfr., in materia di transfer princing , di recente, Cass. 16 luglio 2024, n. 19512; Cass. 18 giugno 2020, n. 11837).
Appare fondato, invece, il motivo in questione, con riferimento alla questione, effettivamente sollevata dalla contribuente, in via subordinata, sin dal primo grado, di considerare la ritenuta d’imposta di € 500.000,00 quale componente negativo di reddito d’impresa per l’anno 2010,
questione riproposta in appello e sulla quale la C.T.R. effettivamente non si è pronunciata.
Sul punto, è noto che, per giurisprudenza costante di questa Corte, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata dal giudice del merito comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o della eccezione formulata dalla parte (Cass. 23 ottobre 2024, n. 27551; Cass. 4 agosto 2021, n. 22204; 4 marzo 2020, n. 6084).
Nel caso di specie, non può tuttavia prospettarsi un rigetto implicito della richiesta in esame, in quanto tale richiesta era subordinata rispetto alla richiesta principale di annullamento della pretesa impositiva, ragion per cui, avendo la C.T.R. rigettato tale richiesta, la stessa Corte avrebbe dovuto esaminare tale richiesta subordinata.
5. La sentenza impugnata, quindi, deve essere cassata, con riferimento al primo motivo di ricorso principale ed alla seconda parte del secondo motivo di ricorso incidentale, nei termini testé indicati, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese dl giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, ed il secondo motivo del ricorso incidentale, nei termini di cui in motivazione.
Rigetta nel resto il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di
secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2024.