Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24257 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24257 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4211/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA TOSCANA n. 1066/07/19 depositata il 25/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 1066/07/19 del 25/06/2019, la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR)
respingeva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 267/07/17 della Commissione tributaria provinciale di Firenze (di seguito CTP), che aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento alla stessa notificato quale coobbligata in solido di RAGIONE_SOCIALE, concernente l’evasione dell’imposta unica sulla raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse sportive di cui all’art. 1 del d.lgs. 23 dicembre 1998, n. 504 relativa all’anno d’imposta 2010.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte, l’avviso di accertamento era stato emesso a seguito di un controllo effettuato presso il centro trasmissione dati (CTD) gestito da RAGIONE_SOCIALE e concernente le giocate raccolte per conto del bookmaker RAGIONE_SOCIALE, con conseguente determinazione della imposta unica con riferimento all’anno d’imposta 2010.
1.2. La CTR respingeva l’appello della società contribuente, evidenziando che: a) l’art. 1, comma 66, della l. 13 dicembre 2010, n. 220 doveva essere qualificato come norma interpretativa e non innovativa, sicché doveva ritenersi autonomo soggetto passivo d’imposta non solo il CTD, ma anche il bookmaker ; b) l’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 non era contrario all’ordinamento comunitario, come aveva chiarito la Corte di giustizia con ordinanza del 20/07/2016 in causa C-141/16 e neppure l’imposta unica poteva considerarsi un’imposta sulla cifra d’affari la cui introduzione era vietata dall’art. 401 della direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (direttiva IVA).
Avverso la sentenza di appello RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Va pregiudizialmente evidenziato che RAGIONE_SOCIALE ha presentato, in data 05/01/2024, proposta di conciliazione giudiziale ai sensi dell’art. 48 bis del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, rinunciando nel contempo «ai motivi sul presupposto soggettivo e territoriale dell’imposta».
1.1. Per quanto concerne la proposta di conciliazione, va detto che al presente giudizio di cassazione non è applicabile la recente modifica legislativa, valida per i procedimenti introdotti dal 04/01/2024 e, inoltre, l’art. 48 bis (conciliazione giudiziale) non pare nemmeno applicabile in sede di legittimità. Del resto, RAGIONE_SOCIALE ha formulato una proposta conciliativa che non risulta essere stata accettata da RAGIONE_SOCIALE.
Ciò precisato, vanno esaminati i sette motivi di ricorso proposti da RAGIONE_SOCIALE, tenendo, peraltro, conto della rinuncia parziale a quelli concernenti il presupposto soggettivo e territoriale dell’imposta.
2.1. Con il primo motivo (definito preliminare) si deduce, da un lato, l’inapplicabilità dell e disposizioni dichiarate incostituzionali da Corte cost. n. 27 del 23/01/2018 (art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e art. 1, comma 66, lett. b), della l. n. 220 del 2010, con riferimento alle annualità d’imposta precedenti al 2011) e, dall’altro, la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212, nonché dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR ritenuto l’illegittimità dell’accertamento per l’intervenuta modificazione del presupposto soggettivo di imposta, risultando essere RAGIONE_SOCIALE, per gli anni d’imposta antecedenti al 2011, obbligato principale e non più solidale con il CTD.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso (definito anch’esso preliminare) si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. nonché
violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per non essersi la CTR pronunciata in ordine all’illegittimità dell’accertamento per omessa traduzione dell’atto impositivo in lingua inglese.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso (rubricato come primo), si contesta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998, come interpretato dall’art. 1, comma 66, lett. b), della l. 13 dicembre 2010, n. 220, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi in ordine alle questioni concernenti il presupposto soggettivo dell’imposta.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso (rubricato come secondo) si contesta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. nonché la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, lett. b), della l. 3 agosto 1998, n. 288, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi in ordine al presupposto territoriale dell’imposta.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso (rubricato come terzo) si deduce violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 49 e 56 TFUE e dei principi del diritto della UE di parità di trattamento e non discriminazione con riferimento all’art. 1, comma 66, della l. n. 220 del 2010, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR disapplicato l’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998.
2.6. Con il sesto motivo (rubricato come quarto) ci si duole della violazione e/o della falsa applicazione dell’art. 401 della direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR disapplicato il d.lgs. n. 504 del 1998 in ragione della sua contrarietà
al divieto di mantenere o introdurre imposte sul volume d’affari diverse dall’imposta sul valore aggiunto.
2.7. Con il settimo motivo (rubricato come quinto) si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, degli artt. 5, comma 1, e 6, comma 2, della d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e dell’art. 10, comma 3, della l. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per non essersi la CTR pronunciata in ordine alla contestata ricorrenza dell’esimente della obiettiva condizione di incertezza normativa ai fini dell’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
L’espressa rinuncia di parte ricorrente alle questioni concernenti il presupposto soggettivo e territoriale dell’imposta implicano la non necessità di esaminare in questa sede i motivi primo, terzo, quarto e quinto del ricorso, che involgono, a vario titolo, i due presupposti.
3.1. Appare, comunque, utile precisare che le superiori questioni sono state oggetto di ripetuta e articolata disamina da parte di questa Corte a partire dalla sentenza n. 8757 del 30/03/2021, seguita da numerose altre (tra le tante, Cass. nn. 8907-8911, nn. 9079-9081, nn. 9144-9153 e n. 9516 del 19/01/2021, n. 9160, n. 9162, n. 9168, n. 9176, n. 9178, n. 9182, n. 9184 e nn. 9728-9735 del 21/01/2021, nn. 9528-9537 del 21/04/2021), le cui motivazioni -che vanno di contrario avviso alle deduzioni di parte ricorrente -sono qui espressamente condivise e richiamate ai sensi dell’art. 118, disp. att., cod. proc. civ.
3.2. Restano, dunque, da esaminare i motivi secondo, sesto e settimo.
Il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente si duole della circostanza che la CTR non avrebbe pronunciato in ordine al
rilievo di nullità dell’avviso di accertamento per mancata traduzione in lingua inglese, è infondato.
4.1. È vero che, effettivamente, la CTR non ha affrontato specificamente la questione e che, pertanto, la pronuncia può dirsi omessa in parte qua.
4.2. Tuttavia, « Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto » (Cass. n. 2313 del 01/02/2010; Cass. n. 15112 del 17/06/2013; Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 21968 del 28/10/2015; Cass. n. 11838 del 12/05/2017; Cass. n. 16171 del 28/06/2017; Cass. n. 9693 del 19/04/2018).
4.3. Orbene, la circostanza che l’avviso di accertamento sia stato redatto unicamente in lingua italiana è meramente affermata e non illustrata in alcun modo: non vi è, infatti, allegazione in ordine alla conoscenza o meno della lingua italiana da parte degli amministratori della società ricorrente, soggetto non residente privo di stabile organizzazione in Italia.
4.4. In ogni caso, la mancata traduzione dell’atto impositivo nella lingua ufficiale della nazionalità del contribuente può assumere rilevanza quale vizio dell’atto impositivo per carenza della
motivazione solo qualora a seguito di tale circostanza il destinatario dell’atto non sia stato posto in grado di conoscere la pretesa dell’Amministrazione finanziaria, gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della stessa e i rimedi esperibili attraverso tale atto.
4.5. Da ciò consegue che tale vizio debba ritenersi in concreto sanato ove il destinatario -come nel caso di specie -abbia comunque promosso, in sede amministrativa o giurisdizionale, un procedimento volto alla difesa dei propri diritti (cfr., per una fattispecie analoga relativa alla mancata traduzione dell’atto impositivo nei confronti di soggetto appartenente alla minoranza linguistica tedesca, Cass. n. 26407 del 19/10/2018).
Il sesto motivo, con il quale si contesta la violazione dell’art. 401 della direttiva n. 2006/112/CE per mancata disapplicazione del d.lgs. n. 504 del 1998, è infondato.
5.1. Il tributo che qui rileva è differente da una imposta sulla cifra di affari per plurime ragioni: a) riguarda unicamente operazioni relative all’esercizio RAGIONE_SOCIALE scommesse, irrilevanti a fini IVA; b) non tiene conto del valore aggiunto di ciascuna, difettando nel sistema il meccanismo della detrazione IVA e applicandosi il tributo all’importo scommesso; c) è calcolata senza alcun riconoscimento di deduzione degli acquisti di beni e servizi inerenti effettuati nel periodo in cui sono poste in essere le operazioni di scommessa.
5.2. Non rilevano quindi i soli fatti consistenti nella proporzionalità, nell’esser riscossa a ogni fase e nella sua traslazione in capo al consumatore, evidenziati in ricorso, anche perché (come con evidente contraddizione logica e giuridica si ammette proprio in ricorso per cassazione) proprio la disciplina IVA che si cita da parte della ricorrente, l’art. 10, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, proclama esenti dal tributo armonizzato le operazioni in parola con ciò escludendo il concorso di due imposte sul medesimo volume d’affari.
5.3. Effetto del tutto risolutivo e dirimente ha sul punto, il chiaro dictum del giudice unionale (CGUE 24 ottobre 2013, in causa C440/2012, RAGIONE_SOCIALE) secondo il quale, in forza dell’articolo 401 della direttiva IVA « le disposizioni di direttiva non vietano ad uno RAGIONE_SOCIALE membro di mantenere o introdurre imposte (…) sui giochi e sulle scommesse, (…) e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari (…) ».
5.4. La formulazione dell’art. 401 citato non osta, pertanto, a che gli Stati membri assoggettino un’operazione all’IVA, nonché, in modo cumulativo, a un tributo speciale non avente il carattere d’imposta sul volume d’affari (v., in tal senso, CGUE 8 luglio 1986, causa C-73/85, Kerrut , Racc. pag. 2219, punto 22);
5.4.1. Secondo la richiamata pronuncia, quindi, l’art. 401 della direttiva, in combinato disposto con l’art. 135, § 1, lett. i) della stessa, deve essere interpretato nel senso che l’imposta sul valore aggiunto e un tributo speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi in modo cumulativo, a condizione che siffatto ultimo tributo non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari.
5.4.2. Inoltre, sempre secondo tal sentenza, l’art. 1, § 2, prima frase, e l’art. 73 della direttiva devono essere interpretati nel senso che non ostano a una disposizione o a una prassi nazionale secondo cui, per la gestione di apparecchi per giochi d’azzardo con possibilità di vincita, l’importo dei proventi di cassa di tali apparecchi dopo che è trascorso un determinato periodo di tempo viene considerato come base imponibile.
Il settimo motivo, con il quale RAGIONE_SOCIALE si duole della omessa pronuncia in ordine all’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni da parte della CTR, è invece fondato.
6.1. Va prima di tutto evidenziato che, effettivamente, la CTR ha omesso di pronunciare sulla questione concernente le sanzioni, questione che -in quanto RAGIONE_SOCIALE e non costituente presupposto logico per la trattazione RAGIONE_SOCIALE ulteriori questioni affrontate -non può considerarsi implicitamente rigettata.
6.2. Peraltro, indipendentemente dall’omessa pronuncia, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la questione di diritto posta da RAGIONE_SOCIALE può essere decisa nel merito, come già in precedenza sottolineato.
6.3. Orbene, secondo questa Corte, l’incertezza normativa oggettiva tributaria « è caratterizzata dall’impossibilità d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto (il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall’amministrazione), come emerge dal d.lgs. n. 472 del 1997, art. 6, che distingue le due figure, pur ricollegandovi i medesimi effetti. Peraltro, il fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva può essere desunto dal giudice attraverso la rilevazione di una serie di “fatti indice”, quali ad esempio: 1) la difficoltà d’individuazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) la mancanza di una prassi amministrativa o l’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e
orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente » (Cass. n. 12301 del 17/05/2017; Cass. n. 15452 del 13/06/2018; Cass. n. 10313 del 12/04/2019, Cass. n. 32082 del 09/12/2019).
6.4. Con riferimento al caso di specie, la sopra citata sentenza della Corte cost. n. 27 del 2018, nel ricostruire l’ambito applicativo dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1988, come interpretato autenticamente dall’art. 1, comma 66, l. n. 220 del 2010, ha bensì affermato che, anche alla luce della disciplina previgente, soggetto passivo dell’imposta è chi svolge l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse anche se privo di concessione, con conseguente responsabilità del bookmaker estero che, mediante un proprio intermediario, svolga l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse pur se privo di concessione.
6.5. La stessa sentenza ha tuttavia evidenziato che « il tenore letterale della disposizione consentiva anche una diversa interpretazione, nel senso che, attraverso il richiamo contenuto nell’art. 1 del d.lgs. n. 504 del 1998 al rispetto della concessione e della licenza di pubblica sicurezza, essa contemplasse i soli soggetti operanti nel sistema concessorio (ad esclusione perciò dei “bookmaker” con sede all’estero, sforniti di titolo concessorio in Italia, e della rete RAGIONE_SOCIALE ricevitorie di cui essi si avvalgono nel territorio italiano) » (punto 4.1.), dando poi atto del fatto che « con la disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, lett. b), della l. n. 220 del 2010, il legislatore ha dunque esplicitato una possibile variante di senso della disposizione interpretata » e che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva espressamente riconosciuto che la normativa in esame si prestava alla considerazione di incertezza applicativa (punto 4.1.).
6.6. In sostanza, la Corte costituzionale ha riconosciuto che la previsione contenuta nell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998, si prestava ad un duplice opzione interpretativa in ordine alla sussistenza o meno della individuazione della soggettività passiva del bookmaker estero che, mediante una ricevitoria operante nel territorio nazionale, avesse svolta l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse senza concessione e che la disposizione interpretativa del 2010 è intervenuta al fine di esplicitare il contenuto della incerta previsione, orientando la scelta interpretativa nel senso della sussistenza della soggettività passiva.
6.7. Ne consegue che l’obiettiva incertezza normativa in ordine alla soggettività passiva del bookmaker estero e la conseguente applicazione dell’esimente prevista dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997 sussiste fino al momento della entrata in vigore della disciplina interpretativa del 2010 e, quindi, può legittimamente essere evocata nel caso di specie, trattandosi di un anno d’imposta (il 2010) antecedente al 2011.
7. In conclusione, va accolto il settimo motivo di ricorso, rigettati gli altri. Non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della parte ricorrente nella sola parte concernente la non debenza RAGIONE_SOCIALE sanzioni, in applicazione dell’esimente di cui all’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
7.1. La soccombenza reciproca giustifica la compensazione di tutti i gradi del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il settimo motivo di ricorso, dichiara rinunciati i motivi primo, terzo, quarto e quinto e rigetta i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel
merito, accoglie l’originario ricorso di parte ricorrente limitatamente alle sanzioni; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio. Così deciso in Roma, il 18/01/2024.