Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28302 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28302 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 21365/2022, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rapp.te p.t. NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, per procura allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, presso il quale ha eletto domicilio in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 105/2022 della Commissione Tributaria Provinciale di L’Aquila , depositata il 15 febbraio 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’8 ottobre 2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Rilevato che:
1. Il 13 giugno 2014 la società RAGIONE_SOCIALE presentò all’amministrazione finanziaria un’istanza di rimborso dell’Ires versata in eccesso negli anni d’imposta 2009 e 2010, assumendo di aver realizzato un impianto fotovoltaico con affronto di investimenti a componente ambientale pari ad € 2.521.743,00, donde le era derivato il diritto ad accedere ai benefici previsti dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE).
Il successivo silenziorifiuto dell’amministrazione fu impugnato dalla società innanzi alla Commissione tributaria provinciale dell’Aquila, che accolse parzialmente il ricorso, acconsentendo al rimborso di un importo pari al 20% della componente ambientale degli investimenti effettuati.
Formatosi il giudicato su tale statuizione, la società contribuente propose ricorso in ottemperanza innanzi alla stessa C.T.P., assumendo che l’Erario non aveva provveduto al pagamento dell’importo di sua spettanza, pari ad € 504.348,60 .
L’Ufficio resistette alla pretesa, osservando che , in base al decisum , detto importo corrispondeva non già alla somma da rimborsare, bensì alla quota di imponibile sulla quale operare la detassazione massima degli investimenti ambientali.
I giudici adìti respinsero il ricorso, condividendo la tesi erariale e rilevando che l’ RAGIONE_SOCIALE aveva riconosciuto il credito d ‘ imposta calcolato sul minor reddito in forza degli investimenti ritenuti detassabili, compensandolo con imposte dovute per rateizzazioni in corso.
Detta sentenza fu cassata da questa Corte, adìta con ricorso della società, con ordinanza n. 8512/2021, poiché non chiariva le modalità con le quali, come affermato, l’Amministrazione aveva «correttamente interpretato la sentenza, riconoscendo il credito d’imposta corrispondente al minor reddito calcolato escludendo l’ammontare degli investimenti ritenuti detassabili»; era stata, inoltre, erroneamente consentita al contribuente la compensazione con imposte dovute per rateizzazioni in corso.
Riassunto il giudizio da parte della contribuente innanzi alla C.T.P. dell’Aquila, quest’ultima, con la decisione in epigrafe, rigettò nuovamente la domanda.
A sostegno della decisione, i giudici del rinvio osservarono:
che, come accertato da questa Corte, i capisaldi della sentenza della quale era stata richiesta l’ottemperanza riguardavano l’accertamento degli investimenti ambientali soggetti a detassazione (pari ad € 2.521.743) e la determinazione del massimo spettante al contribuente in ragione del 20% (pari ad € 504.348,60 );
-che, a tale specifico riguardo, l’interpretazione del giudice dell’ottemperanza era stata ritenuta «esatta rispetto al disposto della decisione da ottemperare»;
che, infatti, la sentenza era stata cassata con rinvio in relazione a diversa statuizione, concernente le modalità di riconoscimento del credito d’imposta e l’amissione in compensazione con imposte dovute per rateizzazioni in corso.
Ciò posto, e al fine di conformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza di annullamento con rinvio, rilevarono:
-che l’RAGIONE_SOCIALE, correttamente individuato in € 504,348,60 l’importo da detassare, aveva conseguentemente riconosciuto i crediti di imposta che derivavano dal minor reddito
ricalcolato , tramite sottrazione del costo dell’investimento detassabile dalla dichiarazione Ires per l’anno 2009;
che da tanto era derivata la formazione di una perdita fiscale, che l’Ufficio aveva poi riportato all’anno d’imposta 2010, con conseguente riduzione dell’Ires dovuta dalla società per tale anno, senza che a ciò esitasse alcun residuo rimborso da effettuare;
che, su tale base, e poiché la società aveva sospeso, ridotto e rateizzato, ex art. 33, comma 28, della l. n. 183/2011, il primo acconto Ires per l’anno 2010, l’Ufficio le aveva comunicato che le restanti rate erano dovute fino a concorrenza del debito residuo.
In conclusione, i giudici del rinvio ritennero che l’RAGIONE_SOCIALE avesse correttamente applicato la sentenza definitiva quanto alla determinazione dell’importo oggetto di rimborso; non altrettanto, invece, per la decisione di imporre la compensazione di detto importo con imposte dovute per le rateizzazioni in corso, essendo rimessa al contribuente la scelta di come utilizzare il proprio credito tributario e dovendosi perciò l’Ufficio limitare al riconoscimento dei rimborsi dovuti .
Avverso la pronunzia in questione, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da successiva memoria.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo è rubricato «violazione di legge ex art 360 n. 3 e nullità del procedimento ex art 360 n. 4 ed ex art. 384 c.p.c., nonché dell’art. 70 D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 in relazione all’articolo 2909 c.c. e all’art. 324 c.p.c. ».
Secondo la ricorrente, i giudici del rinvio sarebbero incorsi «nello stesso errore compiuto dal primo giudice, omettendo di dare applicazione ai principi sanciti nella sentenza rescindente», e, in particolare, avrebbero impropriamente ritenuto che l’ordinanza resa da
questa Corte abbia vagliato come corretta l’operazione di detassazione compiuta dall’RAGIONE_SOCIALE nel primo giudizio di ottemperanza.
Con il secondo motivo la società contribuente svolge analoga censura in relazione alle modalità di calcolo dell’incentivo riconosciuto dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, che assume operate dall’amministrazione con modalità «apertamente contraria alla esecuzione di un giudicato».
Il terzo motivo è rubricato «violazione di legge ex art. 111 Cost. ed ex art. 360 n 3 c.p.c in relazione all’art 1362 c.c. Nullità del procedimento ex art 360 n 4 in relazione all’art. 112 c.p.c. ».
Secondo la ricorrente, i giudici del rinvio avrebbero, «con un’operazione ermeneutica evidentemente erronea rispetto alla sentenza cui si era chiesta l’esecuzione, sposando la fantasiosa interpretazione fornita dall’RAGIONE_SOCIALE », riducendo «il diritto di rimborso riconosciuto alla ricorrente da euro 504,348,60 a poco più di qualche decina di migliaia di euro».
I motivi, meritevoli di scrutinio congiunto per la loro connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Tutte le censure, infatti, si fondano sulla tesi secondo cui l’Ufficio avrebbe errato nel dare applicazione al giudicato, interpretando come base per il calcolo del l’ammontare del rimborso l’importo che in realtà corrispondeva alla somma da rimborsare e i giudici dell’ottemperanza avrebbero avallato tale interpretazione, non conformandosi al dictum di questa Corte.
4.1. Ora, nella parte in cui espongono una critica all’operato dell’Ufficio rappresentata, in particolare, dal secondo motivo di ricorso -tali censure non superano il vaglio di ammissibilità.
L’ambito del sindacato proprio del presente giudizio, infatti, è circoscritto agli errores in procedendo nei quali sia incorso il giudice dell’ottemperanza (siano essi o meno specificamente riferibili alle regole di tale giudizio) e non può spingersi alla valutazione di elementi
ulteriori rispetto all’attività di interpretazione del giudicato, in particolare quando essi hanno costituito l’oggetto proprio del giudizio di cognizione.
In altri termini, non è questa la sede nella quale la contribuente può rimettere in discussione le modalità di calcolo dell’importo di sua spettanza da parte dell’Ufficio, se non per la parte in cui essa si sarebbe discostata dalla pronuncia divenuta definitiva.
4.2. Per questa parte, e in ogni caso, i motivi sono all’evidenza infondati.
Al riguardo, appare opportuno premettere che il principio reso dalla prima sentenza della C.T.P. dell’Aquila, poi passata in giudicato e portata in ottemperanza, per quanto in questa sede non più discutibile, è comunque conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che «l ‘ importo dell’investimento ambientale oggetto del beneficio di cui alla ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ rispetto al quale, con operazione successiva, va calcolato il risparmio fiscale -non può eccedere il 20% dell ‘ investimento complessivo» (così, da ultimo, Cass. n. 8052/2025; in precedenza, Cass. n. 17789/2023).
4.3. È alla luce di questa premessa che va vagliato quanto ritenuto da questa Corte in sede di annullamento con rinvio.
Si legge, infatti, nell’ordinanza rescindente che «i capisaldi della sentenza passata in giudicato e della quale è stata richiesta l’ottemperanza riguardano, per un verso, l ‘ accertamento degli investimenti ambientali soggetti a detassazione (pari ad € 2.521.743) e, per altro verso, la determinazione del massimo spettante al contribuente in ragione del 20% (pari ad € 504.348,60)».
Tale affermazione, infatti, in linea con il principio più sopra affermato, vale a significare che l’importo di € 504.348,60 costituiva il
20% dell’investimento sul quale, con operazione successiva, andava poi calcolato il risparmio fiscale.
4.4. Nello stesso senso, allora, va interpretato l’ulteriore passaggio dell’ordinanza di rinvio, nel quale questa Corte osserva che l’interpretazione resa in sede di ottemperanza era «n on solo plausibile e coerente ma anche esatta rispetto al disposto della decisione da ottemperare, la quale aveva letteralmente ritenuto che ‘ la società ricorrente abbia diritto al rimborso RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte versate negli anni 2009 e 2010 nei limiti del 20% degli investimenti ambientali, per un ammontare non superiore alla somma di € 504.348,60 ‘ ».
E tale interpretazione è quella fatta propria dalla sentenza qui impugnata, secondo la quale l’importo di € 504.348,60 non rappresenta affatto l’ammontare dell’Ires versata in eccesso, ma è la somma oggetto di detassazione da portare in diminuzione sull’imponibile, onde poi calcolare la parte l’imposta da rimborsare perché versata in eccesso (pag. 5).
4.5. Dunque, la sentenza impugnata ha chiaramente individuato, sulla base dell’annullamento con rinvio pronunziato da questa Corte, quale fosse il segmento della pronunzia in ottemperanza viziato da error in judicando ; si trattava, come esposto in premessa, della parte attinente alle modalità di riconoscimento del rimborso (in forma di credito d’imposta) e alla decisione dell’Ufficio di porlo in compensazione con un debito della contribuente oggetto di rateizzazione.
In tale segmento non rientra il tema dell’ammontare dell’importo oggetto di rimborso, che, contrariamente a quanto assume la ricorrente, è stato correttamente interpretato fin dalla prima decisione.
Non sussistono, pertanto, da parte del giudice a quo , né errori interpretativi, né, tantomeno, la denunziata violazione del giudicato.
In conseguenza di ciò, i l ricorso dev’essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per la condanna al versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del l’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115/2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese, che liquida in € 8.500,00 oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del l’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115/2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, l’8 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME