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Incentivo esodo: no alla tassazione agevolata

Con l’ordinanza n. 35080/2024, la Corte di Cassazione ha chiarito che le somme corrisposte a un lavoratore in sede di conciliazione giudiziale, per chiudere una lite su un licenziamento, non beneficiano della tassazione agevolata per l’incentivo all’esodo. Secondo la Corte, la natura transattiva di tale pagamento prevale sulla denominazione formale, escludendo l’applicazione del regime fiscale di favore previsto per i veri incentivi alla cessazione volontaria del rapporto di lavoro.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Incentivo esodo: quando è esclusa la tassazione agevolata in sede di conciliazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha gettato nuova luce sulla disciplina della tassazione agevolata per l’incentivo all’esodo. La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: le somme corrisposte a un lavoratore in sede di conciliazione giudiziale per porre fine a una controversia sul licenziamento non possono beneficiare del regime fiscale di favore, anche se le parti le hanno definite ‘incentivo all’esodo’. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Un lavoratore, dopo essere stato licenziato, impugnava il provvedimento davanti al giudice del lavoro. Durante la causa, le parti raggiungevano un accordo conciliativo. L’accordo prevedeva il versamento di una somma significativa al lavoratore, formalmente qualificata come ‘incentivo all’esodo’.

Il datore di lavoro applicava sulla somma la tassazione ordinaria prevista per il Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Il lavoratore, ritenendo di avere diritto a un trattamento più favorevole, presentava un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate, sostenendo che quella somma dovesse essere soggetta alla tassazione agevolata prevista dall’art. 19, comma 4-bis, del T.U.I.R., che dimezza l’aliquota fiscale per gli incentivi all’esodo destinati a lavoratori con determinati requisiti di età.

L’Agenzia delle Entrate rigettava la richiesta, ma la Commissione Tributaria Regionale dava ragione al contribuente. L’Agenzia, non soddisfatta, ricorreva quindi in Cassazione.

La questione della tassazione agevolata per l’incentivo all’esodo

Il cuore della questione legale ruotava attorno alla corretta interpretazione della natura della somma pagata. Si trattava di un vero e proprio ‘incentivo all’esodo’, finalizzato a promuovere l’uscita volontaria del lavoratore dall’azienda, oppure di una somma a carattere ‘transattivo’, il cui scopo era unicamente quello di porre fine a una lite giudiziaria?

La distinzione è cruciale: solo nel primo caso si sarebbe potuta applicare la tassazione agevolata per l’incentivo all’esodo, un beneficio fiscale pensato per alleggerire il carico impositivo su somme che accompagnano la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro in contesti specifici, come le ristrutturazioni aziendali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando la decisione dei giudici di merito.

Le motivazioni della Suprema Corte

I giudici hanno chiarito che, per determinare il corretto regime fiscale, non basta guardare al nome (‘nomen iuris’) che le parti hanno dato alla somma nell’accordo. È invece fondamentale analizzare la ‘causa’ reale del pagamento, ovvero lo scopo economico-sociale che l’erogazione persegue.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che la conciliazione era intervenuta per risolvere una controversia nata dall’impugnazione di un licenziamento già avvenuto. Il rapporto di lavoro era, di fatto, già cessato. Pertanto, la somma non poteva essere un ‘incentivo’ a lasciare un posto che il lavoratore non aveva più.

La vera causa del pagamento era transattiva: eliminare il rischio e i costi di un contenzioso legale e definire ogni pendenza economica tra le parti (TFR, differenze retributive, ecc.). L’accordo stesso specificava che la somma era ‘diretta ad agevolare la sua accettazione della risoluzione del rapporto di lavoro e la rinuncia alla impugnativa proposta’. Questa finalità, secondo la Corte, è del tutto incompatibile con quella di un incentivo all’esodo.

Le conclusioni: il Principio di Diritto

La Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: ‘le somme erogate dal datore di lavoro al lavoratore in sede di una conciliazione giudiziale, stipulata al fine di porre fine ad una lite avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento per giusta causa ed il conseguente riconoscimento di spettanze economiche, non integrano un ‘incentivo all’esodo’ e, ove pure siano così espressamente qualificate dalle parti nell’accordo di conciliazione, non beneficiano per ciò solo della tassazione agevolata’.

In pratica, questa decisione stabilisce che il beneficio fiscale è riservato solo alle somme che hanno la genuina funzione di incentivare le dimissioni anticipate, e non a quelle che servono a ‘comprare’ la pace in un contenzioso già avviato. L’originario ricorso del contribuente è stato quindi definitivamente respinto.

Una somma definita ‘incentivo all’esodo’ in un accordo di conciliazione ha sempre diritto alla tassazione agevolata?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il nome dato dalle parti alla somma non è decisivo. È necessario analizzare la vera causa giuridica del pagamento. Se la somma serve a chiudere una lite su un licenziamento già avvenuto, non si qualifica come incentivo all’esodo e non beneficia della tassazione agevolata.

Qual è la differenza fondamentale tra un vero incentivo all’esodo e una somma transattiva?
Un vero incentivo all’esodo ha lo scopo di incoraggiare un lavoratore a terminare volontariamente il rapporto di lavoro, solitamente in contesti di riorganizzazione aziendale. Una somma transattiva, invece, viene corrisposta per porre fine a una controversia, attuale o potenziale, e risolvere tutte le pretese economiche derivanti dal rapporto di lavoro e dalla sua cessazione.

Il lavoratore in questo caso ha potuto ottenere il rimborso richiesto?
No. Nonostante i primi due motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate (di natura procedurale) siano stati respinti, la Corte di Cassazione ha accolto il terzo motivo, quello di merito. Di conseguenza, ha annullato la decisione favorevole al contribuente e ha rigettato la sua originaria richiesta di rimborso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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