Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23078 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23078 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19019/2024 R.G., proposto
DA
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni: EMAIL;
RICORRENTE
CONTRO
COGNOME AlbertoCOGNOME
INTIMATO
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto il 13 febbraio 2023, n. 165/05/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 luglio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L ‘Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di
IMPOSTA DI REGISTRO ACCERTAMENTO RICOGNIZIONE DEL MANCATO AVVERAMENTO DI CONDIZIONE RISOLUTIVA APPOSTA A CESSIONE DI PARTECIPAZIONE AZIONARIA E ASSENSO A CANCELLAZIONE DI PEGNO
secondo grado del Veneto il 13 febbraio 2023, n. 165/05/2023, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione n. 19008003659 del 7 febbraio 2019 da parte dell’ Agenzia delle Entrate nei confronti di NOME COGNOME in qualità di Notaio con sede in Mestre (VE), per la maggiore imposta di registro -stante l’applicazione dell’imposta in misura proporzionale con l ‘aliquota dell’0,50% sull’imponibile di € 31.188.678,00, pari ad € 155.743,00 , in luogo dell ‘imposta in misura fissa – sulla scrittura privata autenticata dal medesimo Notaio il 14 dicembre 2018, rep. n. 33002 ( denominata ‘ Atto ricognitivo di mancato avveramento di evento dedotto in condizione risolutiva e assenso a cancellazione di garanzie e pegni’ ), dopo la cessione dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE , dalla RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME alla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ di n. 22.454.234 azioni corrispondenti all’intero capitale della ‘ RAGIONE_SOCIALE per il corrispettivo totale di € 31.728.678,00, con il versamento di un acconto di € 540.000,00, sotto la condizione risolutiva del mancato versamento del residuo prezzo di € 31.188.678,00 entro il termine del 14 dicembre 2018, a garanzia del cui pagamento le azioni cedute dalla RAGIONE_SOCIALE erano state costituite in pegno mediante apposita girata, con scrittura privata autenticata dal medesimo Notaio il 5 dicembre 2018, rep. n. 32997, ha rigettato l’appello proposto in via principale dall”Agenzia delle Entrate ed ha dichiarato l’assorbimento dell’appello proposto in via incidentale da NOME COGNOME avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia il 14 ottobre 2020, n. 683/03/20202, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure
che aveva accolto il ricorso originario del contribuente -con
la motivazione che: « Il contratto di cessione delle azioni prevede che una parte del prezzo sia corrisposta a mezzo di assegni circolari o bonifici bancari da accreditarsi su un apposito conto corrente, con la precisazione esplicita che ‘le relative contabili bancarie’ costituiscono ‘quietanza tra le parti’; non s olo, la cessione è sottoposta alla condizione risolutiva del mancato integrale pagamento del prezzo entro la data del 14.12.2018 e si prevede che il mancato avverarsi dell’evento dedotto nella condizione risolutiva sarebbe stato ‘oggetto di un successivo a tto di accertamento da stipularsi con l’intervento di tutte le parti contraenti’. Come evidenziato nella sentenza di primo grado, la volontà negoziale delle parti si è esplicitata proprio nel contratto di cessione di azioni, laddove esse hanno convenuto che le contabili bancarie, relative al pagamento effettuato, avrebbero assunto il valore di quietanza. La scelta negoziale è chiara: le parti assegnano ab origine alle contabili bancarie il valore di quietanza di pagamento. Del resto, la quietanza è una mera dichiarazione di scienza e nulla esclude, nel rapporto contrattuale di cui si tratta, che le parti assegnino all’emissione delle contabili il valore proprio di tale dichiarazione. e consegue che tramite il rilascio delle contabili è stata integrata la quietanza di pagamento. L’atto successivo, cui si riferisce il recupero di imposta, si limita ad attestare che il pagamento è stato integralmente eseguito entro i termini, così escludendo l’avveramento dell’evento oggetto della condizione risolutiva ossia il mancato pagamento -e ribadisce che ‘le sopra dette contabili bancarie’, allegate in copia, ‘costituiscono quietanza tra le parti’; con il medesimo atto le parti concordano la cancellazione del pegno. Quindi, l’atto in esame attesta il mancato avveramento della condizione risolutiva ed esprime
l’assenso delle parti alla cancellazione della garanzia. Esso non ha il valore di quietanza, contrariamente a quanto dedotto dall’Ufficio, perché la quietanza è data dal rilascio delle contabili, come convenuto dalle parti nel contratto di cessione delle azioni. Ne consegue, come condivisibilmente evidenziato dalla sentenza di primo grado, che l’avviso di liquidazione è stato adottato in difetto del relativo presupposto ».
NOME COGNOME è rimasto intimato.
Il consigliere delegato allo spoglio ha formulato proposta di definizione accelerata per manifesta inammissibilità del ricorso per cassazione, a seguito della quale la ricorrente ha chiesto la decisione della causa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 6 della tariffa -parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 ( come novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205), 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, 21 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 1199 e 1362 ss. cod. civ. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello « che l’atto ricognitivo di cui è causa ha avuto la finalità di far risultare pubblicamente il pagamento del prezzo dell’obbligazione, con conseguente estinzione della garanzia, nonché la relativa quietanza di adempimento della specifica obbligazione ».
Secondo il tenore della proposta di definizione accelerata dello spogliatore, alle cui conclusioni il collegio ritiene di aderire, « ·il ricorso risulta tardivo, perché notificato il 02/09/2024, dunque oltre il termine lungo semestrale (scaduto il 13/09/2023, tenuto conto della sospensione feriale) dalla
pubblicazione (13/02/2023) della sentenza impugnata, non notificata, a cui si deve aggiungere la sospensione di undici mesi di cui all’art. 1 co. 199 L. 197/22, vertendosi di lite definibile;
l’aggiunta degli undici mesi di sospensione straordinaria di cui all’art. 1 co. 199 L. 197/2022 ha differito la scadenza del termine al 13/08/2024, non potendo ulteriormente cumularsi la sospensione feriale per l’anno 2024 a causa della parziale sovrapposizione con i mesi di sospensione straordinaria;
sul punto questa Corte ha infatti chiarito che la sospensione straordinaria in materia di definizione delle liti tributarie non è cumulabile con quella dei termini processuali nel periodo feriale nei casi di coincidenza o sovrapposizione dei relativi periodi (Cass. n. 3598/2023; Cass. n. 33069/2022; Cass. n. 28398/2021);
il ricorso per cassazione è stato notificato oltre il termine di legge, sicché ne va dichiarata l’inammissibilità ».
A fronte di tali condivisibili argomentazioni, nel depositare l’opposizione e chiedere la trattazione del ricorso, l ‘Agenzia delle Entrate ha dedotto che: « A favore (…) del cumulo tra la sospensione ‘feriale’ e quella ‘per la definizione delle liti tributarie’ milita sicuramente la palese diversità del loro scopo che non ne esclude un cumulo diacronico (cumulo del resto considerato nella stessa proposta di definizione laddove si evidenzia un termine originario di scadenza al 13.9.2023) ».
Tuttavia, a parere del collegio, le argomentazioni poste a fondamento della proposta di definizione accelerata sono insuperabilmente ostative all’ esame del ricorso, essendosi essa conformata agli orientamenti ormai sedimentati di questa Corte sull ‘incumulabilità della sospensione ordinaria e della sospensione straordinaria nel calcolo del termine di
impugnazione in caso di sovrapposizione o coincidenza dei due periodi. Nel caso di specie, infatti, come è stato evidenziato nella proposta di definizione accelerata, la sovrapposizione parziale dei due periodi nel lasso temporale compreso tra l’1 agosto 2024 ed il 13 agosto 2024 impedisce che la scadenza del termine lungo di impugnazione possa essere ulteriormente differita.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosene la tardività, si deve dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
Nulla deve essere disposto circa la regolamentazione delle spese giudiziali, essendo rimasta intimata la parte vittoriosa.
Per la stessa ragione, non si può provvedere ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. (quale introdotto dall’art. 45, comma 12, della legge 18 giugno 2009, n. 69), in virtù del richiamo fattone dall’art. 380 -bis , terzo comma, cod. proc. civ. (nel testo novellato dall’art. 3, comma 28, n. 3), lett. g), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), nonostante la manifesta inammissibilità del ricorso (Cass., Sez. Trib., 1 marzo 2025, n. 5445).
In applicazione del combinato disposto degli artt. 380bis , terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ., si deve, altresì, condannare la ricorrente a pagare una sanzione di € 1.500,00 a favore della Cassa delle Ammende; peraltro, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , terzo comma, cod. proc. civ. (come novellato dall’art. 3 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti
per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass., Sez. Un., 27 settembre 2023, n. 27433; Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2023, n. 28540), per quanto sia stato precisato che la predetta norma non prevede l’applicazione automatica delle sanzioni ivi previste, la quale resta affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso concreto, in base ad un’interpretazione costituzionalmente compatibile del nuovo istituto (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2023, n. 36069), avendosi particolare riguardo, nella specie, alla omogeneità delle ragioni decisorie rispetto alla formulazione della proposta; che, inoltre, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (come novellato dall’art. 3 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), la condanna del ricorrente al pagamento della somma di cui all’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende – nel caso in cui egli abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380bis cod. proc. civ.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta – deve essere pronunciata anche qualora nessuno dei soggetti intimati abbia svolto attività difensiva, avendo essa una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori (Cass., Sez. Un., 22 settembre 2023, n. 27195 -nello stesso senso: Cass., Sez. 3^, 4 ottobre 2023, n. 27947).
Né si ravvisano ragioni per escludere l’applicazione della sanzione nei confronti dell’amministrazione finanziaria (Cass., Sez. Trib., 22 febbraio 2025, n. 4702).
8. Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228), un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 28 gennaio 2022, n. 2615; Cass., Sez. 5^, 3 febbraio 2022, n. 3314; Cass., Sez. 5^, 7 febbraio 2022, nn. 3814 e 3831; Cass., Sez. 5^, 20 giugno 2022, n. 19747; Cass., Sez. Trib., 27 ottobre 2023, n. 29956; Cass., Sez. Trib., 15 ottobre 2024, n. 26720; Cass., Sez. Trib., 7 luglio 2025, n. 18523).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di una sanzione di € 1. 500,00 in favore della Cassa delle Ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio dell ’11 luglio