Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16057 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16057 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18512/2017 R.G. proposto da
AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO, difeso da sè medesimo ai sensi dell’art. 86 c.p.c.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), successore ex lege di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 1941/49/17 depositata il 2 marzo 2017
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 3 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli l’estratto di ruolo n. NUMERO_DOCUMENTO del 27 maggio 2014, chiedendo di accertare la decadenza dell’RAGIONE_SOCIALE dal diritto alla riscossione dei tributi erariali ivi indicati, relativi all’anno d’imposta 2009, per decorso del termine stabilito dall’art. 25, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973.
L’adìta Commissione, pronunciando anche nel contraddittorio con l’agente della riscossione RAGIONE_SOCIALE, dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di interesse del contribuente a impugnare l’estratto di ruolo, mero atto interno all’Amministrazione Finanziaria.
La decisione veniva in sèguito confermata, con diversa motivazione, dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale, con sentenza n. 1941/49/17 del 2 marzo 2017, respingeva l’appello spiegato dalla parte privata soccombente.
Rilevava il giudice regionale che, pur dovendo ritenersi astrattamente ammissibile l’impugnazione dell’estratto di ruolo, alla luce del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 19704/2015, cionondimeno l’originario ricorso del contribuente non poteva comunque trovare ingresso, per essere stato proposto dopo la scadenza del termine di cui all’art. 21, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
Contro tale sentenza ricorre per cassazione il COGNOME sulla base di un unico motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE, successore ex lege di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta incorporante RAGIONE_SOCIALE, è rimasta intimata.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., viene denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 21 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 116 c.p.c..
1.1 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nel dichiarare la tardività dell’originario ricorso del contribuente, notificato fra il 27 e il 30 marzo 2015, dovendo il termine di sessanta giorni fissato dall’art. 21, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 farsi decorrere, nel caso di specie, dal 24 marzo 2015, data in cui l’agente della riscossione rilasciò al COGNOME l’estratto di ruolo in discorso, come chiaramente emergeva dall’esame dello stesso documento.
1.2 A torto, poi, l’impugnata sentenza avrebbe affermato che la tardività del ricorso era stata ammessa dallo stesso contribuente, trattandosi di circostanza che non trova il benchè minimo riscontro negli atti processuali.
Il ricorso è inammissibile.
2.1 Anzitutto, esso non coglie l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.
2.2 Invero, la CTR non ha individuato una data precisa da assumere come dies a quo del termine stabilito dall’art. 21, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, essendosi limitata ad osservare che «il ricorso introduttivo» andava dichiarato «inammissibile in quanto, per ammissione dello stesso Contribuente, presentato oltre i 60 giorni previsti dalla norma» .
2.3 A fronte di una motivazione così strutturata, piuttosto che sforzarsi di sostenere che il termine in questione non potesse decorrere se non dalla data di rilascio dell’estratto di ruolo impugnato, asseritamente avvenuto il 24 marzo 2015, il ricorrente avrebbe dovuto censurare l’interpretazione degli atti processuali compiuta dal giudice a quo -da cui lo stesso ha tratto il convincimento che la tardività del ricorso fosse stata «ammessa»
dal contribuente, all’uopo articolando uno specifico motivo di gravame incentrato sulla dedotta violazione o falsa applicazione dei criteri ermeneutici ex artt. 1362 e seguenti c.c., i quali, pur essendo dettati in materia contrattuale, hanno portata generale (cfr. Cass. n. 25826/2022, Cass. n. 4205/2014).
2.4 A tal fine, anziché contestare, in modo generico, di aver , egli si sarebbe dovuto fare carico di riprodurre in ricorso, in osservanza dei requisiti di specificità e autosufficienza imposti a pena di inammissibilità dall’art. 366, comma 1, nn. 3) e 6), c.p.c., quantomeno il contenuto essenziale degli atti depositati nel corso del giudizio, onde dimostrare che l’esegesi fornita dal giudice regionale risultava priva di appiglio testuale.
2.5 Fermo quanto precede, occorre, inoltre, tener presente che una censura relativa alla violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. può essere formulata soltanto ove si alleghi che il giudice di merito abbia disatteso RAGIONE_SOCIALE prove legali, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, o per contro abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza alcun apprezzamento critico, elementi probatori soggetti a valutazione (cfr. Cass. n. 6774/2022, Cass. n. 4727/2022, Cass. n. 40227/2021, Cass. n. 23534/2020, Cass. n. 3657/2020).
2.6 La descritta situazione non ricorre, in tutta evidenza, nel caso in esame, sicchè, dietro l’apparente denuncia del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., il motivo mira, in realtà, ad ottenere un non consentito riesame del giudizio di merito espresso dal collegio di secondo grado, il quale, sulla scorta dell’interpretazione degli atti processuali, ha ritenuto sussistente l’ammissione del COGNOME circa la tardività dell’intrapresa iniziativa giudiziaria (cfr. Cass. n. 4247/2023; nello stesso senso, fra le altre, Cass. n. 17702/2022, Cass. Sez. Un. n. 34476/2019).
Per quanto precede, l’esperito gravame di legittimità non può,
dunque, trovare ingresso.
Nei rapporti fra le parti costituite le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
4.1 Nulla va statuito in ordine alle dette spese nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, rimasta intimata.
Stante l’esito del giudizio, deve essere resa nei confronti del ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in 4.100 euro, oltre ad eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione