Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14750 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14750 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26146/2020 R.G. proposto da: COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 293/2020 depositata il 17/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La contribuente impugnava l’intimazione di pagamento notificata nel 2017 dalla ex Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. cui erano sottese tre cartelle esattoriali riferite ad imposta di registro (annualità 1994), sul rilievo della tardività della notifica delle cartelle di pagamento rispetto al termine di decadenza di cinque anni previsto dall’art. 76 del d.P.R. n. 131/1986 e dall’art. 17 del d.lgs. 347/1990. La contribuente eccepiva inoltre la prescrizione dei tributi al momento della notifica dell’intimazione di pagamento. Infine, in relazione all’ultima cartella relativa a multe amministrative e imposte di bollo per l’anno 2013, si contestava l’omessa notificazione degli atti presupposti. Si deduceva altresì l’omessa motivazione dell”intimazione di pagamento del 2017, con riferimento alla specifica indicazione delle modalità di calcolo degli interessi e dei compensi di riscossione.
I giudici di prossimità dichiaravano la prescrizione degli importi recati da due cartelle, affermando invece che la prescrizione decennale non era maturata per la cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA
Il secondo giudice respingeva l’appello principale proposto dalla contribuente ed accoglieva quello proposto in via incidentale, affermando che la prescrizione quinquennale non poteva essere dichiarata per la sussistenza di atti interruttivi prodotti in giudizio. Il collegio d’appello a ccertava altresì che l’esattore si era costituito con modalità cartacee, sebbene l’appellante si fosse costituito con modalità telematiche.
Si legge nella sentenza impugnata: .
I giudici regionali invece riformavano la decisione di primo grado, con riferimento alle altre due cartelle e .
Avverso detta pronuncia, ricorre, svolgendo sei motivi, la contribuente per la sua cassazione. Replica con controricorso la Riscossione. La contribuente ha depositato memorie difensive ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la .
Il motivo nella sua non chiara illustrazione sembra voler affermare l’intervenuta prescrizione o decadenza della cartella esattoriale relativa ad Irpef o alla Tarsu, in quanto, il termine quinquennale prescrizionale delle sanzioni ormai maturato si estenderebbe al credito erariale. Si soggiunge che.
2.La seconda censura deduce .
Si afferma che con la cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA era richiesto l’importo di euro 928,66 riferito a .
Si deduce che sulla relata di notificazione compare la seguente dizione . Con la conseguente nullità della notificazione poiché la relata non reca le diciture relative all’affissione alla porta e l’indicazione della spedizione della raccomandata informativa.
La terza censura reca la seguente rubrica . Si afferma che con l’intimazione l’esattore non ha dato conto delle prodromiche cartelle esattoriali e dei relativi tributi nonché delle maggiorazioni, ritenendo che l’intimazione costituiva il primo atto a mezzo del quale la contribuente veniva a conoscenza della pretesa tributaria.
Il quarto motivo di ricorso deduce . Si assume che l’art.10 del d.m. citato in rubrica prevede che . Pertanto, mentre in primo grado il giudizio era stato introdotto con modalità telematiche, l’appello incidentale dell’Agenzia era stato depositati con modalità cartacea, eccezione sulla quale la Corte distrettuale ha omesso di pronunciarsi.
5.Il quinto strumento di ricorso denuncia . Si assume che all’udienza pubblica la contribuente eccepiva il difetto dello jus postulandi dell’Esattoria, aggiungendo che .
6. L’ultimo mezzo lamenta .
Si sostiene che la Corte territoriale non poteva condannare alle spese di lite la parte soccombente, in quanto l’esattoria non si era validamente costituita nel processo per il doppio profilo della violazione del processo telematico e del difetto di deposito della procura notarile che legittimava il funzionario delegante.
7.I motivi sono formulati in maniera farraginosa e disordinata, con una prosa involuta, difficilmente comprensibile, appesantita da continue e ridondanti ripetizioni e sovrapposizioni di elementi di fatto e di diritto, rendendo impossibile per il Collegio di discernere le critiche rivolte alla sentenza impugnata in vista del controllo di legittimità. Tale tecnica redazionale non è compatibile con i principi esposti che definiscono le modalità di introduzione del giudizio di legittimità sulla base del disposto dell’art. 366 c.p.c. come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte. Risulta pertanto palese la violazione dei principi di chiarezza del ricorso. In relazione a tali principi questa Corte ha già avuto modo di affermare, con la sentenza n. 17698/14, che il mancato rispetto del dovere
processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva espone il ricorrente per cassazione al rischio di una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione, in quanto esso collide con l’obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo, tendente ad una decisione di merito, al duplice fine di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa di cui alla Cost., art. 24, nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui alla Cost., art. 111, comma 2, e in coerenza con l’art. 6 CEDU, nonché di evitare di gravare sia lo Stato che le parti di oneri processuali superflui.
7.1.Detta violazione, infatti, rischia di pregiudicare la intelligibilità delle questioni sottoposte all’esame della Corte, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e, quindi, in definitiva, ridondando nella violazione delle prescrizioni assistite dalla sanzione testuale di inammissibilità, di cui ai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c..
7.2. Ciò è quanto appunto si verifica nel caso in esame, nel quale i motivi contengono una sovrapposizione di doglianze, in guisa che il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali che, fissato dall’art. 3, comma 2, del c.p.a., che esprime un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, espone il ricorrente alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, in quanto pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. (Sez. 5, Ord. n. 8009 del 2019; Cass. n. 76000/2023). Al riguardo, a partire dalla sentenza a sezioni unite n. 37522/2021, è costante l’insegnamento di legittimità secondo il quale il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, ‘ occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto
della vicenda ‘sub iudice’ posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c. ‘, perché l’inosservanza di tali doveri può condurre a una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione ‘ quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenutoforma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. ‘ (da ultimo, Cassazione, n. 28801/2023, n. 24887/2023, n. 21097/2023 e n. 20209/2023).
7.3. Sotto diverso profilo, le SU, con sentenza del 28/10/2020, n. 23745, hanno chiarito che l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare, con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni, la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa.
7.4. Incorre in detta violazione indubbiamente la prima censura la quale peraltro sembra affermare un principio del tutto originale con riferimento all’imposta di registro (o successione) e all’Irpef, assumendo che se la sanzione si prescrive nel termine quinquennale, analogo termine prescrizionale si applica al tributo
cui la sanzione accede; questione che, peraltro, non risulta essere stata dedotta nei gradi di merito.
7.5.In ogni caso, i tributi soggiacciono al termine ordinario decennale di prescrizione, se la legge non prevede termini prescrizionali differenti; con riferimento alle imposte Irpef, Ires, Irap e Iva, il diritto alla riscossione dei tributi erariali, in mancanza di un’espressa disposizione di legge in senso contrario, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (cfr., ex multis , Cass. n. 8713 del 2022 e n. 1692 del 2024; Cass. n. 3827 del 12 febbraio 2024).
7.6.Inoltre, una volta divenuto definitivo, per mancata impugnazione, l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro, ai fini della riscossione del credito opera unicamente il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986, non trovando applicazione il termine di decadenza contemplato dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto l’imposta di registro non è ricompresa tra i tributi ai quali fa riferimento l’art. 23 del d.Lgs. n. 46 del 1999 (che ha esteso le disposizioni di cui all’art. 15, comma 1, del DPR n. 602 del 1973, quanto all’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio, e art. 25, comma 1, quanto ai termini di decadenza, solo all’IVA; v., Cass., n. 6606 del 2021; Cass. n. 18949 del 4 luglio 2023.
8.La seconda censura risulta inammissibile anche sotto altri profili. Con il secondo mezzo si denuncia la nullità della notificazione contestando il contenuto delle relate le quali sono state sinteticamente trascritte senza consentire tuttavia a questa Corte di esaminare l’atto in oggetto nella sua completezza; sul punto Cass. n. 11599/ 2019 ha ribadito che è onere del ricorrente di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali,
i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”, che è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e l’allegazione dei documenti, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6, c.p.c., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi.
8.1.E’ stato affermato da questa Corte che in tema di ricorso per cassazione, ove sia denunciato il vizio di una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo (Cass. n. 5185/2017; v. anche Cass. n. 17424/2005, richiamata dalla controricorrente). Detto principio, pur nella sua apparente assolutezza, deve essere rettamente inteso: l’adempimento dei requisiti di contenuto-forma previsti dall’art. 366 c.p.c. non è infatti fine a se stesso, ma strumentale al dispiegamento della funzione che è propria d detti requisiti. Ora, nel caso sia denunciata la nullità o inesistenza di una notifica, se la trascrizione integrale della relata nel ricorso per cassazione è funzionale alta percezione immediata, da parte della Suprema Corte, della rilevanza cel vizio denunciato (in questi termini, v. la già citata Cass. n. 17424/2005), è evidente che l’omessa trascrizione non può implicare la sanzione processuale ove essa non sia utile allo scopo che la legge si prefigge.
8.2.Con la censura si trascrive solo in parte la relata, affermandosi che essa reca sia la dicitura relativa all’affissione alla porta che quella relativa al deposito presso la casa comunale senza indicare l’oggetto della notificazione, per poi affermare, invece, che la relata difetta di entrambe le modalità di esecuzione delle operazioni di notifica, omettendo di trascrivere integralmente le relate (dal motivo non si comprende se si tratta di una o più relate). Il tutto,
peraltro, in netto contrasto con quanto statuito dai giudici regionali che hanno rinvenuto la raccomandata informativa nell’allegato 6 agli atti dell’Ufficio. D’altra parte, la relata di notifica non può contenere l’indicazione dell’atto notificato, di cui, come noto, è solo riportato il numero dell’atto notificato in calce o sul retro della relata o dell’avviso di ricevimento.
8.3.Cass. Sez. 1, 7/03/2018, n. 5478 ha ritenuto che, in applicazione del principio di autosufficienza, qualora sia dedotta l’omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonché alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione. Conforme, di recente, Cass. Sez. 6-1 del 12/12/2021, n. 33996, non massimata. In senso sostanzialmente analogo, Cass. Sez. 5, 13/11/2018, n. 29093 ribadisce l’onere di trascrivere o riassumere il contenuto dell’atto o del documento, nella specie con riferimento ad un avviso di accertamento. In particolare, il ricorrente ha il duplice onere – imposto dall’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c., a pena di improcedibilità del ricorso – di indicare esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, al fine di consentire alla Corte l’esame diretto del documento, e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (Cass. Sez. 1, 13/4/2021, n. 9678). È necessario produrre in giudizio l’atto o il documento ritenuto non adeguatamente valutato dai giudici di merito e indicare esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza. Così si è nuovamente espressa la suprema Corte, con la sentenza n. 306622 del 28 novembre 2024.
La terza doglianza deve ritenersi implicitamente respinta dalla corte distrettuale, avendo ritenuto correttamente notificate le
cartelle esattoriali richiamate dalla intimazione, con la conseguenza che l’intimazione non rappresentava il primo atto impositivo notificato, come sostiene la ricorrente. Quando il provvedimento accolga una tesi incompatibile con la domanda o l’eccezione proposta oppure emetta una decisione che implichi, per logica incompatibilità, il rigetto della domanda o eccezione, deve ritenersi che si sia implicitamente pronunciato sulla questione.
9.1.Questa Corte ha reiteratamente ribadito che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass., 13 ottobre 2017, n. 24155; n. 9262/2019).
10. Il quarto motivo contempla una intersecazione di motivi dedotti attraverso paradigmi del tutto disomogenei, quali il vizio di violazione di legge e quello di motivazione apparente; in particolare nel corpo del mezzo si espongono critiche in fatto ed in diritto contemporaneamente e senza alcuna gradazione o distinzione tra loro, dando luogo ad una sostanziale mescolanza di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793). Si tratta quindi di censure non ontologicamente distinte dallo stesso
ricorrente e quindi non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.
10.1. In ogni caso, vale osservare che la circolare Mef del 4 luglio 2019 n. 1/DF ha chiarito che «l’interpretazione autentica della normativa previgente tende ad evitare che, nel regime anteriore all’obbligatorietà del processo tributario telematico, « la scelta operata dal ricorrente/appellante in ordine alla modalità di notifica e deposito degli atti processuali possa vincolare la modalità di costituzione della controparte in qualsiasi grado di giudizio. Pertanto, l’opzione telematica può essere esercitata per la prima volta anche in appello a prescindere dalle modalità in cui il ricorrente ha instaurato il giudizio di primo grado’ (così Cass., Sez. T., 21 dicembre 2022, n. 37371; n. 31722/2024).
10.3.L’unico vincolo prescritto dalla normativa che disciplina il processo tributario telematico, con riguardo alle modalità di deposito e notifica di atti processuali, è quello stabilito dall’articolo 2, comma 3, del Dm 163/2013, ove si prevede che ‘ la parte che abbia utilizzato in primo grado le modalità telematiche di cui al presente regolamento è tenuta ad utilizzare le medesime modalità per l’intero grado del giudizio nonché per l’appello, salvo sostituzione del difensore ‘.
L’articolo 2, quindi, obbliga la sola parte che ha adottato in primo grado le modalità telematiche a proseguire l’intero giudizio, anche in appello, avvalendosi degli strumenti del processo telematico, senza condizionare le scelte della controparte( Cass. n. 34224/2022).
11.Il quinto mezzo di ricorso non supera il vaglio di ammissibilità, assorbito l’ultimo, sia per pluralità di censure non ontologicamente distinte, sia perché all’udienza pubblica secondo quanto emerge dalla sentenza d’appello – la contribuente denunciava per la prima
volta l’assenza della procura del funzionario che aveva conferito l’incarico difensivo al legale.
11.1. La censura in rassegna sottopone una questione non prospettata nel merito né rilevabile d’ufficio, concernente i poteri del funzionario che ha conferito la procura al legale, eccezione che se avesse sollevato tempestivamente in sede di gravame avrebbe consentito alla società di riscossione di documentare i poteri del funzionario.
Segue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del presente giudizio vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente alla refusione delle spese sostenute dalla società di riscossione che liquida in euro 2.410,00, oltre spese prenotate a debito.
Visto l’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di cassazione del 16 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME