Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3966 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3966 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
CARTELLA PAGAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8510/2016 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO , presso l’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO ,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO , presso l’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende,
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrenti –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA N. 4247/2015 depositata il 30 settembre 2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26
gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE e della società RAGIONE_SOCIALE, che resistono a mezzo controricorso, avverso la sentenza in epigrafe . Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello del la contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Milano che aveva rigettato il ricorso spiegato avverso cartella di pagamento emessa a seguito di avviso di accertamento per il recupero di maggiori imposte relative agli anni 2006 e 2007.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente denuncia «nullità della cartella di pagamento sottoscritta da dirigente illegittimo» in quanto non assunto a seguito di concorso come richiesto dalla normativa vigente e ritenuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 37 del 2015.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 legge 27 luglio 2000, n. 212 e art. 3 legge 7 agosto 1990, n. 241.
Assume che la carenza di motivazione della cartella quanto alle modalità di calcolo degli interessi richiesti non sarebbe stata presa in considerazione né dalla C.t.p. né dalla C.t.r.
Con il terzo motivo denuncia, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 .
La ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver enunciato i motivi per i quali non erano state accolte le proprie tesi ed istanze.
Il terzo motivo, da esaminarsi in via preliminare in quanto volto a denunciare un error in procedendo, tale da comportare la nullità della sentenza impugnata, è infondato.
4.1. La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., (e nel caso di specie dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. 01/03/2022, n. 6626; Cass. 25/09/2018, n. 22598).
Le Sezioni Unite della Corte hanno, altresì, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincime nto, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Come ricordato da ultimo da Cass. 23/05/2022, n. 16653).
4.2. La sentenza non incorre nel vizio denunciato.
La RAGIONE_SOCIALEtRAGIONE_SOCIALE, dopo aver escluso il vizio motivazionale della sentenza di primo grado -ritenendo che la stessa, a propria volta, avesse esplicitato l’iter logico giuridico sotteso al decisum -ha puntualmente risposto a tutte le censure mosse dalla ricorrente.
In particolare, ha ritenuto che gli avvisi di accertamento fossero stati regolarmente notificati a mezzo degli Uffici finanziari e che l’atto, pervenuto all’indirizzo del destinatario presso la sua residenza, dovev a ritenersi ritualmente consegnato ex art. 1335 cod. civ. Ha ritenuto che anche la cartella di pagamento fosse stata ritualmente notificata con la consegna del plico e che, in ogni caso, la proposizione del ricorso aveva sanato l’asserita illegittimità della notifica. Infine, ha escluso il vizio d i motivazione della cartella in quanto la medesima riportava chiaramente che il carico ivi portato derivava dagli avvisi di accertamento notificati il 30 maggio 2011.
La sentenza, pertanto, contiene esauriente esplicitazione RAGIONE_SOCIALE ragioni sottese al decisum.
Il primo ed il secondo motivo sono inammissibili, come dedotto da entrambe le controricorrenti.
5.1. E’ noto che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste RAGIONE_SOCIALE parti; in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale
asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 24/01/2019, n. 2038).
Il principio che regola il contenzioso tributario in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 18 e 24 d.lgs. n. 546 del 1992, è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo; i motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo costituiscono, pertanto, la causa petend i rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo, con conseguente inammissibilità di un mutamento RAGIONE_SOCIALE deduzioni avanti al giudice di secondo grado (Cass. 24/07/2018, n. 19616, Cass. 24/06/2011, n. 13934) Si ha, quindi, domanda nuova per modificazione della causa petendi , quando i nuovi elementi comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una protesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (cfr. Cass. n. 13/10/2006, n. 22010).
La novità della domanda formulata nel corso del giudizio è rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice, trattandosi di una questione sottratta alla disponibilità RAGIONE_SOCIALE parti, in virtù del principio secondo cui il thema decidendum è modificabile soltanto nei limiti e nei termini a tal fine previsti (Cass. 26/09/2019, n. 24040).
5.2. Ancora, va rilevato che In base all’art. 366, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata; ciò comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero
le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il decisum della sentenza gravata. (Cass. 21/07/2020, n. 15517). Infatti, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità (Cass. 20/10/2016, n. 21296).
5.3. Ciò posto in termini generali, il primo motivo è inammissibile.
5.3.1. Il giudizio d’appello, per come ricostruito nella sentenza impugnata, non risulta aver avuto ad oggetto la questione dedotta con il motivo in esame, ovvero il vizio della cartella in quanto sottoscritta da «dirigente illegittimo».
5.3.2. Il motivo del ricorso, a fronte del silenzio della C.t.r. -oltre ad attingere direttamente la cartella di pagamento e non la sentenza impugnata -non esplicita né l vizio da cui quest’ultima sarebbe affetta , né il paradigma d cui all’art. 360 cod. proc. civ. cui il medesimo sarebbe riconducibile, né gli atti nei quali si era sollevata la specifica questione della sottoscrizione ad opera di dirigente non assunto a seguito di concorso e della mancanza di motivazione in ordine al calcolo degli interessi.
5.3.3. La ricorrente, venendo meno agli obblighi di specificità di cui all’art. 366 cod. proc. civ., si è limitata a dire, nella ricostruzione del processo, che in primo grado aveva dedotto la nullità della cartella di
pagamento per mancata sottoscrizione; detta ultima, tuttavia, è questione diversa da quella prospettata con il primo motivo che attiene, invece, alla qualifica dirigenziale del sottoscrittore.
5.3.4. Quanto alla sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale, invocata dalla parte in virtù di quanto statuito con sentenza n. 37 del 2015, va evidenziato che la stessa non può riverberare effetti sulle sentenze che di quella norma hanno fatto applicazione quando non vi sia stata impugnazione del relativo capo, a nulla rilevando che altri capi della sentenza siano stati impugnati e il relativo giudizio sia ancora pendente al momento della pronuncia della Corte costituzionale (Cass., 30/12/2019, n. 34575); né tale sentenza può avere effetti sugli atti impositivi in relazione ai quali non è censurato il profilo in ordine al quale la norma è stata successivamente dichiarata incostituzionale stante la definitività dell’atto conseguente alla omessa impugnazione (Cass., 30/12 2019, n. 34617).
5.3. Anche il secondo motivo è inammissibile per analoghe ragioni.
5.3.1. Il motivo, se pure formulato come violazione di legge, prospetta, in realtà, un vizio della motivazione.
5.3.2. In ogni caso, la sentenza della C.t.r. non contiene riferimento alcuno alla questione relativa alla mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo degli interessi. Riporta, invece, nello svolgimento del processo, che in primo grado era stata contestata la quantificazione degli aggi esattoriali, che è questione, all’evidenza diversa.
5.3.3. Anche il secondo motivo del ricorso a fronte del silenzio della C.t.r., non esplicita gli atti nei quali si era sollevata la specifica questione relativa al calcolo degli interessi. Nella ricostruzione del processo, infatti, la ricorrente riferisce soltanto che aveva contestato in primo grado il vizio di motivazione della cartella non essendo comprensibile l’iter logico -giuridico RAGIONE_SOCIALE pretese erariali; che in appello
aveva contestato che la pretesa tributaria era ingiustificata e che aveva sollevato la questione relativa agli aggi esattoriali.
5.3.4. La ricorrente, pertanto, pure con il secondo motivo è venuta meno agli obblighi di specificità di c ui all’art. 366 cod. proc. civ. non risultando che la questione specifica relativa ai criteri di calcolo degli interessi fosse stata portata all’attenzione della C.t.r.
In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere ad entrambe le controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida quanto all’RAGIONE_SOCIALE in euro 5.800,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito e quanto alla società di RAGIONE_SOCIALE in euro 200,00 per esborsi, euro 5.800,00 per compensi, oltre 15 per cento a titolo di rimborso forfetario spese generali, cap ed iva come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2024