Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3709 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3709 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
Oggetto:
Tributi
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 11446/2020 R.G. proposto da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’ avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso (PEC: EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – Agenzia delle entrate -Riscossione, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 2874/01/2019, depositata l’1.08.2019 .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Calabria rigettava l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza della CTP di Cosenza che aveva
rigettato il ricorso proposto dal medesimo contribuente avverso l’avviso di iscrizione ipotecaria e la prodromica cartella di pagamento, per tributi relativi all’anno 2004 ;
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che il giudice di appello ha condiviso le argomentazioni del primo giudice, in quanto la cartella di pagamento era stata regolarmente notificata al contribuente a mezzo del servizio postale e l’avviso di iscrizione ipotecaria era sufficientemente motivato per relationem al contenuto della prodromica cartella;
–COGNOME NOME impugnava la sentenza con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi;
-l’ADER resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione de ll’ art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., per avere la CTR motivato in modo apparente, con richiamo acritico alla sentenza di primo grado, in ordine alla regolarità della notificazione della cartella di pagamento;
il motivo è infondato;
come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 7.04.2014), l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;
-deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, ma anche nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile, non essendo più ammissibili mere censure di contraddittorietà ed insufficienza motivazionale (Cass. n. 23940 del 12/10/2017);
solo in tali casi la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo” , in quanto, benchè graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. 3.11.2016, n. 22232);
la sentenza impugnata non è affetta da tale grave vizio, in quanto presenta una motivazione che, seppure sintetica, palesa l’ iter logico seguito dai giudici di appello, secondo i quali la cartella di pagamento, sottesa all’avviso di iscrizione ipotecaria impugnata, era stata regolarmente notificata a mezzo del servizio postale e l’atto impugnato era sufficientemente motivato, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia con ciò assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
-con il secondo motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione de ll’art. 112 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., n. 4., per non essersi la CTR pronunciata sul motivo di appello, con il quale era stata dedotta l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che la cartella di pagamento fosse stata emessa nei confronti del ricorrente;
il motivo è inammissibile;
occorre premettere che nel caso in cui si deduca la violazione, per omessa pronuncia, dell’art.112 cod. proc. civ., l’onere di specificità ed autosufficienza del motivo di cassazione presuppone che il ricorrente
illustri l’avvenuta tempestiva e rituale introduzione in giudizio della domanda ovvero eccezione pretermessa;
come è stato più volte affermato da questa Corte, infatti, ‘Nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi ‘ (Cass. n. 28072 del 14/10/2021; n. 21926 del 2015; n. 15367 del 2014);
nel caso in esame, con riferimento alla doglianza riguardante la non riferibilità al Pizzimenti della cartella di pagamento, sottesa all’impugnato avviso di iscrizione ipotecaria, il ricorrente richiama solo il motivo di appello e nulla dice circa la rituale deduzione della medesima censura nel ricorso introduttivo, non essendovi traccia di ciò neppure nella sentenza impugnata;
in mancanza della comprovata deduzione della censura fin dal ricorso introduttivo, nessuna omessa pronuncia può essere addebitata
al giudice di appello, stante il sistema di preclusioni previsto nel processo tributario ex art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992;
con il terzo motivo, denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., n. 5., la nullità della sentenza per omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, concernente l’illegittimità dell’atto impugnato per non essere stato preceduto dalla notifica della prodromica cartella di pagamento, non avendo la CTR rilevato che negli avvisi di ricevimento prodotti dall’ADER non vi era alcun riferimento al numero identificativo della cartella di pagamento, prodromica all’avviso di iscrizione ipotecaria, con conseguente difetto di prova del perfezionamento del procedimento di notificazione;
il motivo è inammissibile, in quanto opera il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 4.04.2018, non avendo il ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse ( ex multis , Cass. n. 266860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018);
con il quarto motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., n. 4., per non essersi la CTR pronunciata sul motivo di appello, con il quale era stata dedotta l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui era stata censurata la violazione degli artt. 7 della l. n. 241 del 1990 e 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, con riferimento alla mancata indicazione, nell’avviso di iscrizione ipotecaria impugnato, di un termine entro il quale il contribuente può presentare osservazioni;
con il quinto motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., n. 4., per non essersi la CTR pronunciata sul motivo di appello, con il quale era stata denunciata l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui era stata censurata l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria effettuata dall’amministrazione resistente in violazione dell’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto non preceduta dal relativo preavviso e dalla comunicazione dell’avvenuta iscrizione ;
con il sesto motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., n. 4., per non essersi la CTR pronunciata sul motivo di appello, con il quale era stata dedotta la violazione degli artt. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 7 della l. n. 212 del 2000, per l’assenza di poteri in capo al ‘dirigente’ , dott.ssa NOME COGNOME che aveva sottoscritto l’atto impugnato;
i predetti motivi sono tutti inammissibili per difetto di specificità, per le stesse ragioni indicate in relazione al secondo motivo di ricorso, in quanto il contribuente non ha indicato di avere dedotto le medesime censure anche nel ricorso introduttivo, anche in considerazione del fatto che ha omesso di riportare il relativo contenuto nel testo del ricorso per cassazione e non essendovi traccia di ciò nella sentenza impugnata;
in conclusione, dunque, il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna COGNOME NOME al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate –
Riscossione, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.800,00 per compenso, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 4 dicembre 2024