Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32112 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32112 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20601/2016 R.G. proposto da : COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro RAGIONE_SOCIALE PROVINCIALE II DI MILANO
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 680/2016 depositata il 04/02/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
In data 11/05/2013 l’ufficio notificava al sig. COGNOME due avvisi di accertamento, rispettivamente per gli anni di imposta 2009 e 2010, con i quali si rideterminavano, in relazione all’attività di taxista svolta dal contribuente, maggiori imposte per IRPEF, addizionale regionale, IRAP e contributi, con conseguente irrogazione di sanzioni.
Il contribuente impugnava tali avvisi avanti alla CTP di Milano; il giudizio di primo grado si concludeva con il rigetto del ricorso, come disposto dalla sentenza n. 3514/14.
L’appello del contribuente è stato successivamente respinto dalla sentenza oggetto del presente ricorso.
Ha quindi proposto ricorso per cassazione il contribuente sulla scorta di tre motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
E’ stata fissata udienza in camera di consiglio per il 16 ottobre 2024.
CONSIDERATO CHE
I motivi di ricorso possono compendiarsi come segue:
violazione e falsa applicazione degli artt. 42 co. 1 del d.p.r. 600/1973, 56 co. 1 del d.p.r. 633/1972, 21 septies della l.
241/1990, 7 della l. 212/2000, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: la decisione sarebbe nulla per carenza di motivazione e comunque lacunosa per quanto concerne i motivi di fatto e diritto posti a base della decisione;
II) violazione e falsa applicazione degli artt. 111 cost, 36 co. 2, nn. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 546/92; artt. 112, 113, 115 c.p.c. e 118 disp. Att. c.p.c.: anche in questo caso si contesta la pretesa nullità per carenza di motivazione, illogicità manifesta in quanto la decisione di merito, in particolare, non avrebbe considerato che il Comune di Cornaredo -che ha rilasciato la licenza di taxi al ricorrente -non è ricompreso fra i comuni integrati del bacino aeroportuale Milano, Fiere, Aeroporti;
III) violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. D) d.p.r. n. 600/1973 in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. , mezzo con il quale si censurano gli elementi di fatto presi in considerazione dalle due decisioni di merito, al fine di ritenere legittima -anche in via presuntiva -la pretesa impositiva.
Inammissibili appaiono i primi due motivi di ricorso che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, contenendo -come ben evidenzia la congerie di riferimenti normativi richiamati -una serie di motivi raggruppati e mescolati fra loro, senza un adeguato e specifico approfondimento idoneo a consentirne una trattazione individuale.
Si passa, infatti, in modo pressoché indistinto a censurare come violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. quella che viene, in realtà, definita come una carenza motivazionale ora dell’atto impositivo impugnato, ora della decisione di primo o secondo grado, per poi evocare una serie di violazioni che attengono -senza alcun richiamo alla norma dell’art. 360 c.p.c. ed alle ipotesi normative ivi previste -a disposizioni vuoi relative all’omissione di pronuncia, vuoi concernenti la completezza della motivazione della sentenza impugnata.
Va ricordato che si è, infatti, ritenuta inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (cfr. Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018; Cass. nn. 27458, 23265, 16657, 15651, 8335, 8333, 4934 e 3554 del 2017; Cass. nn. 21016 e 19133 del 2016; Cass. n. 3248 del 2012; Cass. n. 19443 del 2011). Una tale impostazione, che assegna al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze della parte ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, finisce con il sovvertire i ruoli dei diversi soggetti del processo e rende il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di farsi interprete congetturale delle ragioni che il giudice potrebbe discrezionalmente enucleare dal conglomerato dell’esposizione avversaria.
Del resto si è anche affermato, del tutto condivisibilmente, che l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello – così come l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio -risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360, n.3, c.p.c., o del vizio di motivazione ex art. 360, n.5, c.p.c., in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto
di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo “error in procedendo” – ovverosia della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n.4, c.p.c. – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello; pertanto, alla mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro “ex actis” dell’assunta omissione, consegue l’inammissibilità del motivo (Cass. n. 29952 del 13/10/2022; più recentemente si veda anche Cass. n. 27551 del 23/10/2024, secondo cui il vizio di omessa pronuncia, da farsi valere a norma dell’art.360, comma 1, n.4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., deve sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudice, il quale manchi completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile per la soluzione del caso concreto, mentre il vizio di omessa motivazione presuppone, dopo la riformulazione dell’art.360, comma 1, n.5, c.p.c., che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili).
Nel caso di specie, peraltro, i motivi in esame tendono -fondamentalmente -a sostituire con una propria e soggettiva valutazione dei fatti quello che è l’apparato argomentativo della decisione impugnata, la quale supera certamente -anche ove
volesse reinterpretarsi il motivo n. 2 sotto la luce dell’art. 360 n. 5 c.p.c. -il minimo costituzionale, estendendosi per circa 8 pagine nell’esame dei motivi di appello formulati dal sig. COGNOME
Peraltro, come chiaramente può leggersi al punto 4 della stessa sentenza, anche il motivo relativo alla pretesa nullità/inesistenza degli accertamenti risulta preso in esame d ai giudici d’appello , il cui argomentare – lungi dal fondarsi esclusivamente sulla pretesa produzione tardiva di documenti da parte dell’agenzia – osserva, ancor prima, che il motivo deve ritenersi nuovo (‘…del pari destituita di pregio va ritenuta l’eccezione di nullità -inesistenza degli accertamenti, contenuta nel primo motivo di appello, atteso che, al di là della novità della questione…’). Ed allora il mezzo proposto -anche ove lo si ritenga autonomamente censibile – non si confronta completamente con le ragioni della decisione, in quanto il ricorrente avrebbe dovuto preliminarmente contestare detta qualificazione in termini di novità, indicando l’atto processuale nel quale detta eccezione era stata per la prima volta formulata: trattasi di omissione sul punto assorbente.
Anche il terzo motivo di ricorso non può essere accolto.
Al di là del richiamo congiunto dei vizi dedotti vuoi sotto l’art. 360 n. 3, ora sotto il n. 5 della medesima disposizione processuale, il mezzo tende a proporre una diversa valutazione delle prove ed ha contenuto inammissibilmente meritale.
A tal riguardo è sufficiente ricordare, sulla scia di un costante indirizzo, la più recente Sez. 2, ord. n. 10927 del 23/04/2024 (Rv. 670888 -01), per la quale ‘deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’; in precedenza anche Sez. U, sent. n.
34476 del 27/12/2019 (Rv. 656492 -03) ha affermato esplicitamente che ‘È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’. Del resto, con più specifico riferimento alla valutazione probatoria dei documenti operata dal giudice del merito, Sez. 2, ord. n. 20553 del 19/07/2021 (Rv. 661734 01), secondo cui ‘La valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicchè rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito’.
Ne consegue l’inammissibilità complessiva del ricorso, mentre le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Occorre, infine, dare atto dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se ed in quanto dovuto per legge.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso per quanto in motivazione; condanna parte ricorrente ed in favore della controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. 115/2002, inserito della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura prevista per il ricorso, se ed in quanto dovuto per dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, dà atto legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024